Banana Yoshimoto a Napoli: foto ricordo con collinetta di monnezza

yoshimotoMANUELA CAVALIERI

La scrittrice giapponese più amata dagli italiani è in questi giorni a Napoli, ospite del Napoli Teatro Festival.
Banana adora la città ed ha confessato di esserne rapita.
Lo scorso sabato era di scena il suo Chie-Chan e io adattato per il teatro dallo storico traduttore Giorgio Amitrano dell’Orientale. La piece, diretta da Carmelo Rifici, tratteggia l’insanabile ed eterno conflitto tra i desideri materiali e quelli dell’anima.
Quando, questa volta, la Yoshimoto ha comunicato l’intenzione di venire in Italia, a Napoli per la precisione, parenti e amici dopo lo sconcerto iniziale, hanno inutilmente tentato di dissuaderla: “Vai a Napoli? Ma sei pazza? Camminerai nella spazzatura!”.
Timori che la stessa scrittrice riporta in un’intervista.Apprensioni comprensibili. Il sudiciume campano, come è noto, ha fatto il giro del mondo provocando le reazioni più disparate: stupore, preoccupazione, dileggio. Inverosimili le scene di turisti intenti a fotografarsi, malignamente sorridenti, dinnanzi alle “caratteristiche” montagnelle di spazzatura nauseabonda.
I civilissimi nipponici, ligi e disciplinati, non riescono a farsene una ragione.
“Noi abbiamo il problema opposto (sic: “problema” opposto!) – spiega con puntiglio Banana Yoshimoto – I giapponesi sono molto precisi. Se devono buttare via una penna, la scompongono nelle varie parti e le gettano separatamente, secondo i materiali di cui quelle parti sono fatte. Se devono liberarsi di una bottiglia d´acqua minerale, tolgono l´etichetta per separare la carta dal vetro. Devono per forza fare così, perché poi i vicini controllano. Si tratta di un problema enorme: è in gioco la protezione del nostro pianeta!”

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