CARATTERI ITALIANI

“Una delle forme più appariscenti e vistose del carattere italiano è l’ipocrisia. Ipocrisia in tutte le forme della vita:nella vita familiare, nella vita politica, negli affari. La sfiducia reciproca,il sottointeso sleale corrodono nel nostro paese tutte le forme di rapporto:i rapporti tra singolo e singolo,i rapporti tra singolo e collettività. L’ipocrisia del carattere italiano è in dipendenza assoluta con la mancanza di libertà. E’ una forma di resistenza. L’ipocrisia nei rapporti tra singolo e collettività è una conseguenza dei paterni governi polizieschi che hanno preceduto e seguito l’unificazione del regno d’Italia. L’ipocrisia nei rapporti tra singolo e singolo è una conseguenza dell’educazione gesuitica che si è impartita e si continua a impartirsi nelle scuole e nelle famiglie,e che scaturisce spontanea dall’esperienza della vita quotidiana”.

Antonio Gramsci, L’Avanti, marzo 1917

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1 Comment

  1. oggi dell’ipocrisia si potrebbe farne a meno. Ci si maschera dandosi una visibilità costruita. Ci sono scrittori che pagano gli editori che li pubblicano, avvocati che figurano Principi del “foro” foraggiando qualche cronista disposto a bersi una volta via l’altra l’intenzione di riaprire un processo storico benchè sappiano che non gli sarà mai consentito farlo, manicure assurte a opinioniste della Rai perchè in grado d’insegnare al pubblico femminile come regolarsi con le “regole”. Ci sono anche le altre che, favorite da incontri “fortunati”, ottengono la visibilità dell’attrice, ma transeat perchè quelle ci sono sempre state quindi vanno inserite in un mondo altro. Indubbiamente migliore di questo. Il fatto è che al giorno d’oggi, sull’intero parterre nazionale la visibilità travalica il costume dei pataccari di buona memoria per divenire una ideologia. Chi la frequenta ci crede! Crede di essere veramente quello che dice di essere. E non è forse questo un abito simile all’ipocrisia? Con una sola differenza: sotto l’ipocrisia ci sono degli umori, sotto la visibilità c’è il profondo vuoto. Prendiamo le fanciulle vittime dell’anoressia (un esempio facile-facile). Esse si negano di sapere che l’indossatrice per esigenze del sarto dev’essere di ossatura minuta. Direi che indossatrici si nasce, si cresce sottili come giunchi epperò tutte bene incartate in un foglio di ciccia. Poche hanno il dono di una simile fisicità, ma troppe, compreso chi si è guadagnata la passerella, fidano nella visibilità che si sono date a rischio di morir di stenti. Ossa grosse, ma scarnite dalla fame. Autentiche stampelle per abiti di prezzo. E’invitabile. Parecchi anni orsono i sarti avevano tentato di ovviare la mostruosità reclutandone di poco più che tredicenni. Una strategia che forse in seguito gli sarà stata proibita. Oggi nelle riviste patinate rimedia l’arte del fotografo, ma viste da vicino le donne che per ruolo dovrebbero essere le più belle, nelle quali ravvisarci se non altro in sogno, sono… beh! lasciamo perdere! Tuttavia le ragazzine a decine s’ingegnano ad imitarle con lo scopo primario di darsi una visibilità.
    Sì, d’accordo, anche io ho il vago dubbio di averti parlato di cose che non t’interessano al massimo!

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