Sindaco di Cuneo: “Cieco ma nulla a mia insaputa”

“Non c’è nulla di strano”, dice Federico Borgna. Invece sì, è strano non vedere la città che amministri. “La sento sotto le suole delle scarpe, la tocco con i gomiti, mi entra in pancia. La vedo, la riclassifico nella mia mente, il cervello nostro seleziona e ritrasmette, è abituato a fare un lavoro differenziato e supplementare per noi. Mi faccio una mia idea delle cose, del mondo, delle persone che mi stanno vicine. Di chi mi vuole fregare e chi no. Guardo anche le partite di calcio, sono abbonato a Mediaset Premium. Ascolto la voce del telecronista e immagino l’azione, che scorre esattamente come la guardi tu. Mi aiuto con la fantasia”.
LA FANTASIA è giunta al potere di Cuneo nel maggio scorso e con un buon margine di consensi. Al sindaco Borgna piace la politica da quando, ai salesiani, frequentava il liceo. Poi gli studi in legge, infine il lavoro di consulente finanziario. Iscritto al Partito democratico (tessera non rinnovata dal 2009) ha avuto l’opportunità e si è lanciato. Gli hanno offerto di fare il primo cittadino e non ha avuto paura: “Stava bene agli altri, figurarsi a me! Non ho mai avvertito la disabilità come emarginazione, anche grazie al fatto che la cecità mi ha vinto negli anni. Quando sono nato ho aperto gli occhi e visto il mondo. Fino a undici anni, anche se con difficoltà, guardavo come tutti. Quindi la mia memoria è riuscita a immagazzinare una quantità sufficiente di immagini e oggi me le ritrasmetto come fossero delle clip lasciate nel computer, come quei grandi film che si tengono a casa e si rivedono sempre”. Cuneo è una gran bella città. Ai suoi estremi si alza verso le Alpi, al centro invece scende verso la pianura, guarda le vallate che la conducono verso la Francia. Piena di portici, dedita al commercio e all’agricoltura, è serena, racchiusa, riflessiva. Colta oltre ogni sospetto: “L’immagine nostra è un po’ grossier. Sarà che qui è nato Briatore…”. Anche la Santanchè. “No, lei è della provincia. Di Cuneo è DuccioGalimberti, e già è un altro stile”. Cuneo è stata fortunata o scellerata a scegliere un sindaco cieco?Continue reading

Quella lacrima sul viso, l’onore ritrovato di Nichi

“Io sono una persona perbene”, ha detto. E finalmente una lacrima sul viso. La lacrima di Nichi Vendola, che non si è vista ma si è sen-tita, è parsa vera come la sua paura di finire travolto dal disonore, di venire inghiottito dagli sberleffi, di chiudere la sua già densa carriera politica, a metà tra la poesia e il potere, il sentimento e la cura dei voti, nella brace di una condanna penale.
Ieri si è tolto un peso, e si è visto come ha ripreso a macinare la poetica dell’ultimo, dell’uomo qualunque nel senso di uomo comune, senza difese che il suo corpo, la sua verità, il proprio onore. Il suo linguaggio è insieme prova di connessione sentimentale con gli elettori e prova d’altura, dimostrazione di alterità nel mondo parolaio della politica, lieve come una bolla d’aria, ma anche vuota come una bolla d’aria. Ha iniziato subito con la poesia: “L’innocenza era scritta nel cuore”. Bisogna dire che insieme all’assoluzione Nichi ha restituito onore all’onore, “mio padre me lo diceva sempre che era necessario dare un senso a quelle cose lì”, e dato un valore anche al disonore. Lo svuotamento semantico di queste due parole, messe in soffitta dalla classe politica del Paese, prova la responsabilità più grande di chi ha governato finora. Aver cioè finto che non esistesse un dovere ulteriore, un senso ulteriore e anche un onere ulteriore che la vita pubblica assegna ai suoi protagonisti: non soltanto di gestire in modo trasparente e onesto il bene comune, i beni di tutti noi, ma anche di elevare la propria condizione e di misurarla attraverso una scala più rigida. Non già e non solo perchè la pretesa all’onore dell’uomo pubblico è un diritto costituzionale da esercitare, una richiesta da avanzare, ma perchè l’onorabilità di una persona è la cifra costitutiva, la premessa per fare il resto. Certo, noi italiani siamo stati abituati agli “uomini d’onore” e questa sovrapposizione di figure e immagini ha ulteriormente prodotto la riclassificazione verso il basso della parola. Continue reading