Avellino, rivolta contro l’energia verde della Nutella

NON SOLO CREMA: LA FAMIGLIA FERRERO USERÀ L’OLIO VEGETALE PER UNA CENTRALE
L’adorata Nutella un po’ si spalma, un po’ si brucia. É successo che la famiglia Ferrero, felice ma oramai forse sazia del successo della sua buonissima crema, ha iniziato a diversificare il suo business. Nel polo di Sant’Angelo dei Lombardi in Irpinia, dove produce parte dei deliziosi barattoli che tra qualche giorno compiranno 50 anni (e il prossimo 18 maggio in piazza Plebiscito a Napoli verranno festeggiati con un concerto di Mika), si è iniziato a valutare che l’olio vegetale, ingrediente della cioccolata liquida, fosse anche la base eccellente per produrre energia elettrica. Dall’idea al progetto.


NEL 2010 LA FERRERO chiede il permesso per la realizzazione di un impianto a biomassa alimentato con olii vegetali per la produzione di elettricità. Individua il sito nell’area dove sorge la fabbrica dolciaria. Ottima l’idea. I camion di olio vegetale faranno lo stesso tragitto e a cinquecento metri dall’arrivo ciascuno prenderà una piega diversa: chi svolterà a sinistra, chi avanzerà verso destra. Sempre per via dell’appetito che vien mangiando la centrale è dimensionata per una potenza di 17,871 megawatt: produrrà energia utile per una cittadina di trentamila abitanti. Infatti Ferrero lo scrive nel suo piano: l’impianto è dimensionato non tanto per garantire il fabbisogno aziendale, quello è sicuro, quanto “per far fronte alle crescenti richieste di energia connesse all’ampio sviluppo residenziale ed industriale dell’area geografica interessata all’opera”. Oggi l’impianto è in funzione ma quel che è certo è che il progettista fosse un inguaribile ottimista perchè nell’anno in cui pianificava il fabbisogno (marzo 2010) si era già in una avanzata crisi economica e il territorio richiamato era teatro di uno spopolamento senza pari, con una riduzione dell’occupazione tale che il deserto sembrava la nuova possibile frontiera delle decine di aree industriali sorte con i finanziamenti della legislazione a favore delle zone terremotate (l’Irpinia è stato uno dei territori più colpiti dal sisma dell’80 e dunque destinatario di risorse ingenti). Chiaro perciò il proposito: sfruttare il business dell’energia, produrre per vendere la notevole eccedenza progettata.
I TECNICI REGIONALI, quelli comunali, e tutti gli esperti convocati hanno letto e timbrato: opera indifferibile e di pubblica utilità. Ottimismo contagioso ed entusiasmo alle stelle. A tal punto che Ferrero, stoccato l’olio nei serbatoi della Nutella, e quell’altro nei serbatoi dell’impianto a biomasse, ha immaginato, sempre non dubitiamo per far fronte a questo enorme e atipico fabbisogno residenziale e industriale, di realizzare anche un parco eolico. D’altronde l’area è già stata abbondantemente crocifissa da pale che si sviluppano su tutto il crinale appenninico che separa la Campania dalla Puglia e che ne hanno cambiato il paesaggio e deviato le vedute. Pala più pala meno… Dodici in tutto, Ferrero si era tenuta bassa, il minimo indispensabile… Realizzato l’impianto a biomasse, progettate le pale, serviva qualcosa per trasportare tutto questo ben di Dio. Come si trasporta l’energia? Con un elettrodotto. E dunque è stato autorizzato (sempre per pubblica utilità) un impianto di Terna (società a partecipazione pubblica) da 150mila volt decisivo a traghettare il prodotto. Si doveva e si poteva interrare l’impianto. Ma quanto sarebbe costato? Si opta – come male minore – per l’ennesimo sfregio ambientale. Alla Procura della Repubblica di Avellino arriva la denuncia del comitato per la salvaguardia di colline bellissime che cingono la valle dell’Ofanto e di uno tra i più straordinari complessi architettonici che l’Italia può vantare: l’abbazia del Goleto. Sono in progetto, scrivono i resistenti, “ottanta piloni ciascuno alto 42 metri (come un palazzo di 14 piani). Sotto quei fili, a causa dell’elettromagnetismo, non si potrà sostare e lavorare a lungo. Tanti orti e case, frutto di sacrifici e di anni di lavoro, non avranno più valore: chi vorrà mai comprare una casa o un terreno attraversato da un elettrodotto?”.
E POI SU QUEL TERRITORIO già insiste un elettrodotto, che è il più grande dell’Italia meridionale (parte da Latina e giunge fino a Brindisi) con un carico di 380 mila volt. Un secondo impianto scardina ogni compatibilità, stravolge quel poco che è rimasto intatto. Scartato l’interramento, si inizia con i lavori. La Ferrero intanto rinuncia alla realizzazione del parco eolico. E l’elettrodotto? Non è affar suo. E comunque come gesto d’amicizia per l’ambiente si pitturano di verde i tralicci. Problema risolto. da: Il Fatto Quotidiano 29 aprile 2014

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