Alitalia, Ilva, ora la banca di Bari: se anche la competenza fa crac

La Banca popolare di Bari fa crac. Dirigenti di lunga storia e solide relazioni all’istituto di credito pugliese lasciano la cassaforte vuota e gli azionisti in mutande. I funzionari della Banca d’Italia, dal possente curriculum tecnico, hanno esercitato la vigilanza senza alcun esito. Malgrado le loro competenze e i saperi e le relazioni, nulla si è potuto. Stiamo a un miliardo e trecento milioni di buco, ad oggi. Il valore della competenza qual è, dunque? Perché finora ci siamo detti, e anche giustamente, che l’enorme successo dei Cinquestelle aveva traghettato al governo, locale e nazionale, decine di signor nessuno. Ci siamo detti, e abbiamo convenuto, che non ci si può inventare ministri, non si può governare senza sapere cos’è il governo. Non si gestisce un Paese quando nemmeno abbiamo provato a organizzare il nostro condominio. Ecco, abbiamo detto, non basta l’onestà. Ci vuole la competenza.

È una delle ragioni per le quali il movimento sta declinando: troppo improvvisati, naif, evanescenti i loro rappresentanti. Loro lasciano il campo, con defezioni improvvise (alcune davvero vergognose), proprio mentre un altro movimento sta montando le tende. Le Sardine nascono come presidio spontaneo, volontario, casuale. Si ritrovano grazie a una parola e a un obiettivo: slegarsi da Salvini. Stare all’opposizione della Lega, promuovendo il proprio corpo come estremo baluardo. In piazza sono giunti prima giovani e giovanissimi – incompetenti per via dell’età – poi gli adulti, infine gli anziani. Non sappiamo quanti di essi vantino competenze. Sappiamo solo che l’unica, vera novità politica capace di mutare lo scenario, persino i rapporti di forza tra i partiti, l’unico vero polo di attrazione diviene un movimento che neanche sa riconoscersi, sa dire esattamente chi è, cos’è.

Ma se siamo a questo punto è perché la competenza sta dando cattiva prova di sé: Ilva era nelle mani di un’azienda leader nel mondo. E invece crac. Alitalia doveva andare a gestori di lunga esperienza. Crac. La banca di Bari era da sempre affidata al ceto affluente della classe politica meridionale. Crac. E i ponti? Autostrada non gestiva, sulla base delle sue competenze, la sicurezza delle grandi strade? Ancora crac. Se l’onestà non basta quando si è al potere, la competenza non aiuta a dividere il mondo tra i buoni e i cattivi. Un terzo necessario ingrediente, che spesso dimentichiamo, è la passione. Vivendo senza passione il cittadino si trasforma in cliente. E aspetta beato di essere servito a tavola. Non si accorge che i peggiori cuochi si avvicendano in cucina. Non solo mangerà poco e male ma si troverà da solo a pagare il conto salato della sua stessa scelta: fare il cliente, non il cittadino.

Da: ilfattoquotidiano.it

Salvini, la nutella, e quel tesoro nascosto che sono le nocciole

Per una volta una gaffe, anzi una stupidaggine vera e propria, ha prodotto un buon risultato. Bisogna ringraziare Matteo Salvini che a sua insaputa ha fatto venire alla ribalta un problema che è insieme una grande opportunità. “Non mangio la Nutella perché è fatta con le nocciole turche”, ha detto qualche giorno fa in un comizio a Ravenna per poi pentirsene subito dopo. Non sapeva che senza le nocciole turche (e quelle della Georgia e dell’Azerbaijan) la Nutella non sarebbe in molti scaffali italiani. Perché Ferrero, leader mondiale dell’industria dolciaria, assorbe 220mila tonnellate di nocciole l’anno. L’Italia tutta intera ne produce solo 125mila e le distribuisce anche agli altri concorrenti (Barilla in testa).

E’ questo un grande problema e, come abbiamo detto, una grande opportunità soprattutto per il Sud. Le migliaia di ettari incolti, la fuga dalle campagne, lo spopolamento delle aree collinari, è una questione che da qui a vent’anni provocherà un disastro nel nostro Paese a causa di uno sgretolamento demografico nel Mezzogiorno che toccherà vette incredibili: – 4 milioni di abitanti. Un deserto. Un cimitero.

Questo è il panorama, nero come la pece. Perciò un po’ di luce, grazie alla nocciola, gli agricoltori, specialmente quelli meridionali, possono vederla. Perché Ferrero ha pianificato il sostegno della coltura delle nocciole, immaginando l’aumento in un ventennio, di ventimila ettari della superficie oggi coltivata (dagli attuali 70mila ai 90mila ettari), promuovendo una campagna di acquisto del frutto a prezzo garantito, superiore a quello di mercato, per vent’anni appunto e un limite minimo del 75% della produzione raccolta.

In Basilicata c’è la fabbrica gioiello di Ferrero. A Balvano, dove si produce l’ultima nata (i Biscuits) le linee sfornano biscotti a pieno regime, tanto che si è appena conclusa una nuova tornata di assunzioni. Il risultato è tale che i premi di produzione, aggiunti agli straordinari necessari per far fronte alle richieste di mercato, innalzano di molto il livello medio dei salari.

In Lucania non solo Ferrero ma anche Fca (con il successo della Cinquecento) provano l’eccellenza della manodopera, documentano che la produttività, quando è accompagnata da un disegno industriale vincente, nel Sud raggiunge vette ineguagliate. Gli operai hanno ogni interesse a lavorare con dedizione. Chiedono solo di non essere sfruttati. È troppo?

E così in Lucania è stato siglato tra l’azienda di Alba e la società consortile Basilicata in guscio (www.basilicatainguscio.it) un accordo quadro per immettere nella fabbrica altre nocciole. Il consorzio ha l’impegno di mettere in rete le aziende produttrici e accompagnare gli agricoltori nella realizzazione degli impianti di coltura e nelle fasi successive.

In Umbria un ettaro di foraggio vale ormai all’anno la miseria di 500 euro. Un ettaro di nocciole ne varrà 5000. Oggi un chilogrammo di nocciole pregiate (la tribolata di Cuneo) vale 4,45 euro al chilo. La nocciola lunga di Avellino, meno gustosa, raggiunge comunque i 2,70 euro al chilo. Se questo è il tempo di internet, se è vero che internet assassina tanti mestieri è certo che l’unica cosa che non può fare è sostituirsi alla terra. L’agricoltura, divisione produttiva negletta e abbandonata, può divenire invece la frontiera possibile, il tesoro nascosto, il luogo dove la speranza, invece che morire, viva.

“Bisogna tornare a zappare la terra”, ama ripetere Carlin Petrini, fondatore illuminato di Slow Food. Ora – grazie alle nocciole – la terra promette a chi è svelto di testa di dare da mangiare e anche da bere. E questa è una bella novità.

Da: ilfattoquotidiano.it

Evasori di serie a e di serie b. Chi può e chi non può

Gherardo Colombo, l’ex magistrato della Procura di Milano, lo spiegò bene. Raccontò che la stagione di Mani pulite toccò l’apice della popolarità quando infilava in galera i potenti, quella che poi avremmo chiamato casta. “L’opinione pubblica – disse poi Colombo – iniziò a distrarsi e anche un po’ a stufarsi di noi quando le inchieste dai rami alti iniziarono a scendere verso quelli bassi”. La corruzione divenne una faccenda più larga e insidiosa, e l’opacità uno stile di vita comune a molti, a troppi. Mani pulite – magari anche per proprie responsabilità e per qualche suo eccesso – da inchiesta meritoria e liberatrice divenne un pericolo, un nemico. Il ricordo della parabola mi è venuto in mente leggendo la stupefacente iniziativa del governo che, sottoposto al pressing grillino, ha eliminato per i commercianti ogni sanzione nel caso di mancata osservanza dell’obbligo di tenere in negozio il Pos.

Due mesi a triturarci sulla necessità di utilizzare su larga scala la carte di credito, in modo che le spese e gli incassi fossero tutti tracciabili, e poi? L’evasione fiscale è un reato da punire con la galera se tocca gli altri, diviene una necessità se riguarda noi. Il governo, per mano grillina, statuisce che gli evasori o sono grandi o non sono. Le manette ai primi, uno sbadiglio per il resto della truppa. Esistono i grandi evasori, certo. Ma tutte quelle migliaia di concittadini che, pur potendoselo permettere, si danno alla macchia e costringono noi a pagare anche per loro? In televisione, appena si apre bocca, c’è sempre qualcuno che mostra il derelitto, il perseguitato, il nullatenente al quale la vita ha tolto anche le mutande. Nascondere la moltitudine di furbi dietro gli sfortunati, che pure esistono, è l’opera quotidiana di chi obbliga una parte a fare le veci di tutti. È la più grande e ingiusta delle punizioni che subisce chi pensa che la legge debba essere uguale per tutti e dunque tutti, a iniziare da lui, dovrebbero essere obbligati a rispettarla.

da: ilfattoquotidiano.it