L’acqua bene pubblico indisponibile e fonte primaria di sviluppo stella cadente del programma M5s

 

L’acqua è il misuratore più efficiente della democrazia. Manca del tutto nelle aree più povere del pianeta, che sono anche le più violente, tribali, crudeli. In altri luoghi, come l’Italia, singhiozza nei territori più depressi, è rara in quelli dove la criminalità è più organizzata, ha un flusso invece costante nei luoghi in cui la società civile è forte e la classe dirigente deve dare prova di livelli di efficienza più elevati.

Non per niente l’acqua è definita “l’oro blu”, un tesoro che dovrebbe essere gestito con la massima cura e che invece viene dilapidato. L’Italia è uno dei Paesi più ricchi d’acqua: ogni anno piovono sulla sua testa 302 miliardi di metri cubi. Questa massa, che dovrebbe generare ricchezza, invece è il monumento della povertà, la prova di una gestione politica inconcludente e, insieme, la cifra civile di una società afona, senza speranza, senza più la capacità di organizzare la propria esistenza.

Dell’acqua, come bene pubblico indisponibile e fonte primaria di sviluppo, parlò per primo e con più forza Romano Prodi, inserendo la questione nel suo programma elettorale. Vent’anni fa mi recai a Bruxelles a studiare quello che sembrava il primo e più grande piano di finanziamento europeo: la cosiddetta Agenda Duemila. Doveva dare al Mezzogiorno ciò che non aveva: e l’acqua tra le prime urgenti necessità. Vent’anni dopo il Mezzogiorno risulta invece l’area più depressa d’Europa e l’acqua manca come e più di ieri. Il governo Prodi smarrì gli intendimenti della vigilia, s’inabissò. L’acqua è comparsa come una felice priorità nel programma dei Cinquestelle. Ma è risultata, al pari di tanti altri impegni, una stella cadente. Presto infatti di quella priorità se ne sono perse le tracce.

E così l’acqua si perde. Condotte bucate, invasi insufficienti, nessun piano di ammodernamento, nessun progetto di conservazione e tutela di questo oro. La Stato ha deciso che le Autorità d’ambito (sono 61) dovrebbero finanziare con le tariffe gli investimenti. Scelta che dovrebbe portare a triplicare i costi domestici del consumo di acqua. Naturalmente nessuno si azzarda.

L’ISTANTANEA

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L’acqua è il misuratore più efficiente della democrazia. Manca del tutto nelle aree più povere del pianeta, che sono anche le più violente, tribali, crudeli. In altri luoghi, come l’Italia, singhiozza nei territori più depressi, è rara in quelli dove la criminalità è più organizzata, ha un flusso invece costante nei luoghi in cui la società civile è forte e la classe dirigente deve dare prova di livelli di efficienza più elevati.

Non per niente l’acqua è definita “l’oro blu”, un tesoro che dovrebbe essere gestito con la massima cura e che invece viene dilapidato. L’Italia è uno dei Paesi più ricchi d’acqua: ogni anno piovono sulla sua testa 302 miliardi di metri cubi. Questa massa, che dovrebbe generare ricchezza, invece è il monumento della povertà, la prova di una gestione politica inconcludente e, insieme, la cifra civile di una società afona, senza speranza, senza più la capacità di organizzare la propria esistenza.

Dell’acqua, come bene pubblico indisponibile e fonte primaria di sviluppo, parlò per primo e con più forza Romano Prodi, inserendo la questione nel suo programma elettorale. Vent’anni fa mi recai a Bruxelles a studiare quello che sembrava il primo e più grande piano di finanziamento europeo: la cosiddetta Agenda Duemila. Doveva dare al Mezzogiorno ciò che non aveva: e l’acqua tra le prime urgenti necessità. Vent’anni dopo il Mezzogiorno risulta invece l’area più depressa d’Europa e l’acqua manca come e più di ieri. Il governo Prodi smarrì gli intendimenti della vigilia, s’inabissò. L’acqua è comparsa come una felice priorità nel programma dei Cinquestelle. Ma è risultata, al pari di tanti altri impegni, una stella cadente. Presto infatti di quella priorità se ne sono perse le tracce.

E così l’acqua si perde. Condotte bucate, invasi insufficienti, nessun piano di ammodernamento, nessun progetto di conservazione e tutela di questo oro. La Stato ha deciso che le Autorità d’ambito (sono 61) dovrebbero finanziare con le tariffe gli investimenti. Scelta che dovrebbe portare a triplicare i costi domestici del consumo di acqua. Naturalmente nessuno si azzarda.

E così nessuno mette mano.

L’acqua si perde senza un perché.

Da: ilfattoquotidiano.it