Colpa d’Arcuri: il ritornello delle opposizioni (anche) sui vaccini. Ma avere antipatico lui è comprensibile, avere sulle scatole la logica no

Non vi è dubbio alcuno che Domenico Arcuri, il commissario straordinario all’emergenza, ce la metta tutta per risultare antipatico. Nello sviluppo altezzoso del lessico, pieno di subordinate ad ampio spettro borbonico, nel tono di chi invece di spiegare le cose illustra la sua sapienza e nell’illustrarla svicola spesso dalla linea retta della realtà. Dunque, ripetiamo: non è un ammaliatore. Eccede in autostima (per sfotterlo narrano che, nel salutare un amico, lui dica: “Ciao, come sto?”) tanto da ritenersi capace di raccogliere sotto la sua mano tutte le emergenze d’Italia, dal Covid all’Ilva.

Ma la presunta antipatia di Arcuri non è un motivo ancora sufficiente per prendersela con lui. E invece, come in queste ore, frotte di accusatori lo convocano sul banco degli imputati a rendere conto delle lentezze del piano vaccini. Molti Capezzone (dal nome del re del pensiero ad capocchiam) si fanno avanti e domandano, increduli, come sia possibile che Arcuri sia ancora al proprio posto. Per l’efficientista Carlo Calenda (e quelli di Italia Viva e tutta l’opposizione) andrebbe licenziato su due piedi. Per tutto ciò che ha combinato prima e sta combinando adesso. Cioè? Incredibilmente, goccia che farebbe traboccare il famoso vaso, ancora non sono al lavoro i vaccinatori, la squadra dei 15mila medici e infermieri appena reclutati che dovranno somministrare agli italiani il vaccino. “Solo dal prossimo 1 febbraio inizieranno a prestare servizio!”. Vergogna!

Ora, santa pazienza, le dosi dei vaccini per gli italiani rinchiusi a casa arriveranno solo a febbraio e in quantità purtroppo limitate. Quelle giunte la settimana scorsa sono destinate all’organico della sanità e agli ospiti delle Rsa protette. E le dosi, nel numero di 470mila settimanali, sono tutte giunte nei luoghi di somministrazione. Quale colpa dovremmo dunque imputare ad Arcuri? Di aver fatto giungere le dosi nei luoghi esatti della somministrazione nei tempi stabiliti e anzi con sette giorni di anticipo? O di non aver arruolato un plotone di medici e infermieri per inoculare il vaccino ad altri medici e infermieri? Sarebbe stata questa una buona spesa? Avremmo di sicuro fatto ridere il mondo. E allora qual è il problema? Mancano le siringhe? Non sembra affatto. Le dosi? Sono esattamente quelle preventivate. E allora? E allora Arcuri.

La verità è che le direzioni sanitarie degli ospedali italiani avevano tutte in agenda l’arrivo dei vaccini il 4 gennaio, e predisposto i turni di somministrazione da quel giorno. L’anticipo è stato valutato da quelle direzioni come un inconveniente e non come un aiuto in più per avanzare nell’immunizzazione della prima linea. Tutte le regioni avevano infatti comunicato al commissario i piani per completare quotidianamente la somministrazione di 65mila dosi, cifra utile per raggiungere il totale settimanale in arrivo da Pfizer.

I turni dei vaccinatori interni non sono stati però rimodulati nella settimana a cavallo tra Natale e Capodanno. “Non li richiamo certo dalle ferie”, ha dichiarato per esempio lo stupefacente assessore lombardo Gallera. Gli altri suoi colleghi hanno avuto la prudenza di non dirlo così sfacciatamente ma più o meno hanno fatto uguale. E allora? Allora Arcuri.

Avere sulle scatole lui è anche comprensibile, ma avere sulle scatole la logica no.

Da: ilfattoquotidiano.it