Vento dall’est

ventoestSABRINA PINDO

Sarà il vento che spira dall’est, non lo so. Pare che il mondo si sia capovolto, tutto ad un tratto, quasi trent’anni dalla fine della Guerra Fredda. Una volta c’era il comunismo, stile di pensiero da noi e di vita nei paesi del blocco sovietico. Predicava la comunione dei beni: ciò che è tuo è dello Stato, che lo ridistribuirà a tutti in egual misura. Con tutte le aberrazioni del caso, ma nella sostanza il discorso era quello. Una volta, dall’altra parte del mondo c’era il liberismo. Quello puro che voleva più mercato e meno Stato, che osannava le regole del commercio puro, anche se spietate, capaci di governare il mondo e i rapporti di potere tra vari soggetti. Una volta.
Già perché se da una parte il comunismo è morto con la Guerra Fredda e sepolto con l’entrata in scena della nuova economia cinese, dall’altra anche il più spietato e meritocratico liberismo ha ormai cambiato volto. Il fallimento non fa più parte dei processi fisiologici in cui può incappare un’azienda: si sopravvive sempre e comunque. A pensarci, c’è lo Stato: mamma-finanza che rimpingua le casse, presta soldi, aiuta a vario titolo chi non ce la fa più e si intromette nel normale ciclo del commercio. L’ultimo esempio casereccio? Alitalia col prestito ponte prima, con le trattative infinite ora. E che dire di Fannie Mae e Freddie Mac? Anche in the U.S.A. ci vanno giù duro con il pronto soccorso finanziario. E dire che erano la patria del liberismo! A quando il prossimo cambio di vento?

Il futuro sulla mano

FLAVIA PICCINNI

A volte è più facile credere in una realtà irrealizzabile e proprio per questo vicinissima che confrontarsi con quello che ci circonda. Devono pensare che non ha prezzo il sogno, quei 12 milioni di italiani che ogni anno vanno a farsi leggere la mano, quasi che il destino ognuno ce l’abbia tatuato proprio addosso. Monte di apollo, Monte di mercurio, Monte di saturno, Monte di giove e Monte di marte (positivo e negativo) non sono nuovi pianeti, ma la base delle dita che rappresentano sessualità, determinazione, fiducia, ricettività e chi ne ha più ne metta. E poi c’è la linea del cuore, quella della testa, quella del destino, della felicità e anche della vita. Insomma, qualsiasi cosa abbiate sulla mano un bravo chiromante saprà leggerlo e interpretarlo. Non stupitevi però se le differenze sono molte a seconda dell’interpellato: se per uno la linea della vita è ben delineata, lunghissima e priva di interruzioni, per l’altro è spezzata, complicata, quasi invisibile. Se poi provate a intromettervi, potreste non riuscire a trovare soluzione né al vostro dubbio (Mi ama ancora? Mi licenzieranno? Mi sposerò mai?) né alla spesa. Il costo di un consulto parte da 10 euro per arrivare a 50 e la media è di 30 euro. Possono sembrare pochi spiccioli, ma provate a moltiplicarli per 33mila consulti quotidiani e vedrete che il giro dell’occulto ha delle solide basi. Basi annuali di 6 miliardi di euro con evasione fiscale pressoché totale (ben il 98%). Quindi, se proprio volete tentare la sorte, sviscerate bene ogni dubbio che vi affligge, ma – qualunque sia il responso – non dimenticate di chiedere la fattura.

Le molestie ci salveranno (dall’estinzione)?

slipFLAVIA PICCINNI

Fare violente avances sessuali non è una molestia. Almeno in Russia. È questo il verdetto di un giudice russo che ha assolto un manager molestatore sostenendo che “provarci” sul luogo di lavoro è utile «a garantire la sopravvivenza della razza umana: se non esistessero le avances sessuali non ci sarebbero bambini».
Niente di nuovo in un Paese il cui presidente Vladimir Putin, di fronte alle accuse rivolte all’omologo israeliano Moshe Katzav di aver violentato dieci donne del suo staff, si era detto ammirato, complimentandosi con lui perché era un «vero uomo».
E la storia che il verdetto consegna alla cronaca ha qualcosa di già visto in Russia, dove un recente sondaggio che ha rilevato che il 100% delle lavoratrici è stata molestata sul luogo di lavoro, il 7% addirittura violentato e l’80% si è rassegnato all’idea che senza sollevare la gonna con il capo non si può fare carriera. Filtrata con questa ottica l’impiegata 22enne che si è vista chiudere le porte del suo ufficio dal capo prepotente sembra essere naturale: No sex? No work.
Anche in Italia i dati non sono molto più rassicuranti. L’Indagine multiscopo dell’Istat “Sicurezza dei cittadini” effettuata nel 2002 tramite indagine telefonica, selezionando un campione di 60 mila famiglie per un totale di 22 mila 759 donne di età compresa tra i 14 e i 59 anni ha rilevato che sono più di mezzo milione (520 mila), le donne dai 14 ai 59 anni che nel corso della loro vita hanno subito almeno una violenza tentata o consumata; si tratta del 2,9% del totale delle donne di 14-59 anni. Ma era il 2002. I dati aggiornati confermano che circa la metà (9 milioni 860 mila) delle donne in età 14-59 anni hanno subito nell’arco della loro vita almeno una molestia a sfondo sessuale; si tratta del 55,2% del totale delle donne di 14-59 anni. Sono poi 373 mila (il 3,1%) le donne di 15-59 anni che nel corso della vita lavorativa sono state sottoposte a ricatti sessuali sul posto di lavoro: in particolare l’1,8% per essere assunte e l’1,8% per mantenere il posto di lavoro o avanzare di carriera.
Anche negli Stati Uniti la situazione è disastrosa e per risposta arriva la campagna choc della fotografia. Non basterà, ma almeno spinge a riflettere, anche solo per un minuto, su che cosa è la violenza dei tempi moderni.

Frattini, Chantal e i dispacci d’amore

frattinichantalChantal e Franco si son chiesti come fare, e soprattutto cosa fare. Insieme da poche settimane, lei dermatologa (dei vip, naturalmente) lui ministro degli Esteri, ma già innamoratissimi. Lui in vacanza alle Maldive e lei invece a New York. Distanti. Eppure lui già turbato, lei invece eccitata.
E’ scoppiata la guerra in Georgia e Frattini dov’è? Al mare. E con chi? E perché non torna? Di più e di peggio: il presidente francese ha invitato ad Avignone, sede della prossima riunione dei ministri degli Esteri (in programma il 5 e 6 settembre), anche le rispettive accompagnatrici. Chantal sale sull’aereo o no? Saluta Carla Bruni o no? Presenzia alla cena, sorride e si fa fotografare? Parla o resta muta? E, soprattutto, se le dovessero chiedere: lei, scusi, chi è?
E’ durato qualche giorno il dilemma, poi qualcuno, lei, ha preso carta e penna. Comunicato stampa anti paparazzo. Io e Franco stiamo insieme. E stiamo bene. L’Ansa, a sera, ha diramato il dispaccio d’amore. Ieri mattina nello studio del ministro non una telefonata, un cenno, un alito di partecipazione. Nessuno si è fatto vivo, niente. Meno male. Frattini era legittimamente imbarazzato e piuttosto incuriosito di vedere come i giornali avrebbero impaginato la love story. Ha letto. E commentato con i suoi: meglio questa pubblicità che assistere alla pena del paparazzo in agguato. Se c’è una cosa che non sopporto è questo abuso, l’intrusione sistematica negli affari privati delle persone pubbliche. Sapevo del comunicato e non l’ho scoraggiato. Lei è una persona che ha una sua vita professionale e proprie relazioni. Non è giusto che veda caricata sulle spalle attenzioni non appropriate.Continue reading

Come un romanzo

comeunromanzoFRANCESCA SAVINO

“Come se”. Come tutti i racconti, il giornalismo si nutre di “come se”. Serve a riempire i vuoti o, a seconda delle occasioni, a alleggerire i pieni. A volte per avvicinare un’immagine, altre volte per stemperarla. O per capovolgerla senza senso, nello spazio di sette battute. Il punto non è l’omosessualità. Non è la sessualità in genere, né i dati sensibili. Il punto è che i “come se” sono bestie strane, e uno dei motivi è nascosto nella storia di un giovane stewart morto ma non ancora sepolto sulle pagine dei nostri quotidiani. I fatti sono semplici: una sciagura aerea a Barajas, Madrid. Centocinquantatre morti. Fra loro, anche un italiano. Si chiamava Domenico Riso, aveva 41 anni e al suo fianco in aereo c’era la sua famiglia: Pierrick Charilas e il figlioletto di quest’ultimo, Ethan. Lo abbiamo letto solo fra le righe dei giornali, che al massimo si sono spinti a usare nella loro storia le parole coninquilino, amico più caro, “famiglia” ma solo fra virgolette. Lo abbiamo intuito guardando i telegiornali, e sentendo cugini intervistati che parlavano di “un bimbo amato come se fosse un figlio”, scorrendo articoli in cui si diceva che vivevano tutti a Parigi “come se fossero una famiglia fra le tante”. Trattati come se non lo fossero stati.

Vedrò l’Italia al futuro

vedrologoFLAVIA PICCINNI

E’ sostenibile pensare che ci possa essere un dialogo politico e allo stesso tempo civile in Italia? Può sembrare una provocazione, ma da tempo mi domando quanto grande sia necessità di formare una maggioranza trasversale che, messo da parte il credo politico e il passato più o meno recente, si interroghi sui problemi reali del nostro Paese.
La risposta mi è arrivata in modo completamente inaspettato da VeDrò, riunione dell’omonima associazione che si è tenuta nella centrale di Fides, poco distante da Riva del Garda, e dove oltre 400 trentenni/quarantenni si sono ritrovati per discutere della società italiana e delle inarrestabili rivoluzioni cui puntualmente si sottrae.
Famiglia, istituzioni, tecnologia sono stati solo alcuni dei temi trattati dai dieci workshop e affiancati a due riunioni plenarie dove al centro del dibattito sono stati la privacy (Gli italiani credono che sia ancora importante? Non troppo…) e gli sviluppi legati all’informatica (possibilità di archiviazione dati, creazione di vite secondarie, ecc.).
Ad aprire i lavori ci ha pensato Enrico Letta (Pd), ma il parterre era assolutamente bipartisan a partire dalla presidente della commissione Giustizia della Camera, Giulia Bongiorno (Pdl). E poi scrittori come Antonio Scurati, produttori come Luca Josi di Einstein Multimedia, sindacalisti come Renata Polverini (UGL) e giornalisti come Giovanni Floris e Filippo Facci.
Il clima di tranquillità e di confronto fra professionisti di campi diversi, politici compresi, mi ha estremamente stupito e non è un caso che la necessità di un dialogo sia stato al centro di un dibattito acceso ed estremamente produttivo.Continue reading

Un Paese che invoglia a delinquere

treitalieCARLO TECCE

«Ladro in fuga uccide ventenne», «Clandestino in fuga uccide ragazzo». Due titoli, due giornali. Uno di sinistra, la Repubblica, i lettori di destra non s’offendano. L’altro di destra o di governo, il Giornale), i lettori di sinistra – che non ci sono – non s’offenderanno. Quadratino a fondo pagina per la Repubblica, taglio al centro per il Giornale. La notizia è una: un uomo moldavo alla guida di un furgone rubato, inseguito dalla polizia (senza sirene), ha travolto un’automobile ad un incrocio di via Nomentana. E’ morto un ragazzo. Purtroppo non è la prima volta che succede, purtroppo l’incrocio – imbrigliato in mille semafori – aveva già spento la vita di due fidanzatini. I problemi sono tanti. Di sicuro non la nazionalità del pirata-assassino-furfante. Il moldavo deve andare in galera, trascorrere anni a girarsi i pollici e a pregare per il ragazzo ucciso: certo, certissimo. Ma il pirata, anzi, la sua nazionalità non può servire da copertura, da spettacolare alibi per il governo di centrodestra e le sue leggi discriminanti. E’ vero: alcuni immigranti di taluni Paesi sono tra i più assidui nel delinquere. Ci sono cifre e statistiche a documentarlo. Stiano buoni, i moralisti sinistrorsi. Ma è altrettanto vero che in Italia – in questi casi – la giustizia non è efficace: a volte è lenta, altre volte è rallentata, altre ancora non si muove proprio.Continue reading

Cristina e Violetta

romannegate

 

MANUELA CAVALIERI

Guardate queste foto.
Osservatele attentamente per qualche secondo.
Sono state scattate sabato scorso sulla spiaggia di Torregaveta, in provincia di Napoli.
Il punctum, come direbbe Barthes, è lì, sospeso a mezz’aria tra i bagnanti e i cadaveri.
È quello spazio immateriale, vuoto. È l’indifferenza.
Corpi e storie che si intrecciano. Corpi languidi stesi al sole, corpi tumefatti coperti da un telo compassionevole o stretti in una bara.
I bagnanti non hanno neppure la decenza di levarsi un attimo.
Solo una mano vezzosamente portata al volto per difendersi dal sole di luglio.
Mi chiedo se è la verità quella che vedo.
Un dubbio mi assale: e se fossi vittima di un gioco perverso, costruito ad arte per indignarmi?
Ma l’occhio non si stacca da quelle immagini.
Forse questi signori vanno devotamente in chiesa la domenica, si fanno la croce quando passano davanti ad un cimitero, hanno un santino adesivo appiccicato ai finestrini dell’auto. Forse hanno dei figli, magari adolescenti.
Cristina e Violetta erano al mare sabato con due amiche. Vendevano cianfrusaglie ai turisti. Avevano deciso di fare un bagno, ma il mare le ha inghiottite ed uccise.
Sono morte tra le braccia dei bagnini e degli operatori del 118.
Il resto della gente non ha visto, non ha sentito, non ha provato nulla.Continue reading

Bossi, mancamento con picnic

bossiditoLo rianimano in Transatlantico con coca cola e panini al prosciutto e mozzarella. Pure con qualche parolina tenera: «Hai visto che bella la Mussolini? E´ piccolina ma si tiene bene». Si capisce che Umberto Bossi è tornato in forze, dopo il lieve calo di pressione che ha consigliato alla truppa leghista di fare una sosta picnic sui divani del Palazzo (ipotesi espressamente vietata dal regolamento, e comunque…). E´ tonico, sorride. Ha mangiato parecchio pane e parecchio companatico, ingollato noccioline e bevuto frizzante per una intera ora: dalle 17 alle 18 carboidrati, grassi e zuccheri a volontà. Per finire il caffè. Gli dicono: «Anche questo fa bene, tira su la pressione». Infatti la pressione è ritornata a livelli più che accettabili, l´Umberto adesso adagia la mano sulla coscia della sua addetta stampa. Perfetto. La sua collaboratrice lascia intanto il posto a Giulio Tremonti, a cui si aggiunge un po´ defilato Paolo Bonaiuti. I tre sono seduti come in una sala d´attesa. Guardano le spalle dei colleghi che li proteggono.
In aula la deputazione leghista, a ranghi ridotti, analizza anche stilisticamente le frasi del leader, e il capogruppo Roberto Cota infatti parla di una «giusta accelerazione verbale», ritenendo, questa volta è il collega Pirovano a spiegare, «che l´inno di Mameli è un insulto alla dignità. In Italia si protesta per la tirannia in Tibet, ci si indigna contro l´abbandono dei cani in autostrada, e poi si canta a squarciagola schiavi di Roma. Dai, è una canzonetta…». Bricolo, capogruppo al Senato: «Noi non siamo schiavi di nessuno».Continue reading

Bianco che più bianco non si può

mastrolindoSABRINA PINDO

A Napoli il problema rifiuti è risolto. Pulita, limpida, la città partenopea è tornata in forma smagliante. Niente più maleodoranti sacchetti di plastica abbandonati per la strada. Dell’orribile munnezza accatastata ai margini della città nemmeno il ricordo.
Sicuri? Sicuri, sicuri? Ma certo! Lo ha detto anche il tg e ce l’ha pure mostrato. Le telecamere diligenti delle reti private sono corse a controllare, a dimostrare, a far vedere la Verità. Coscienza a posto quindi, andiamo pure al mare tranquilli.
In questa calda giornata estiva penso a quanti vivono vicino alle discariche, all’odore che sentono svegliandosi al mattino. In questa torrida domenica mi viene in mente che, se per caso non fosse come ci hanno detto i tg, se assurdamente la munnezza fosse ancora buttata là nei quartieri periferici, la gente di Napoli starebbe morendo per la puzza, sarebbe preoccupata per la propria salute. Già, uno scenario agghiacciante, anche a fine luglio. Mi permetto di segnalarvi queste fotografie scattate il 17 luglio, giovedì scorso. Rinfrescano l’animo.