La casta bianca

cornagliaferrarisMANUELA CAVALIERI

Sono trascorsi dieci anni da “Camici e pigiami”. Paolo Cornaglia Ferraris (foto) segnalò le storture della sanità italiana: un organismo malato e corrotto. Scoppiò la bufera. Lo scandalo coinvolse medici e case farmaceutiche, ospedali e aziende sanitarie. Ma non solo. Il pediatra genovese a più riprese denunciò la deleteria prassi italiana dei concorsi universitari: in teoria aperti a tutti, nella consuetudine, invece, indetti ad hoc.
Un sistema marcio, che ignora il merito e costringe i talenti alla fuga.
Sono migliaia ogni anno i giovani ricercatori che rinunciano a lottare e fanno le valigie. Valigie piene di sogni e speranze, di bravura e ambizione. È il brain-drain. Un vero e proprio regalo che la nostra nazione fa ai centri di ricerca internazionali.
Penso al professor Antonio Iavarone, oncologo pediatra di fama internazionale, che sigla le sue scoperte scientifiche alla Columbia University di New York. Iavarone è stato costretto a lasciare l’Italia dopo aver denunciato un caso di nepotismo al Gemelli di Roma. Una storia emblematica, ma non un unicum. Purtoppo.
Cornaglia Ferraris, che attualmente si occupa di piccoli immigrati clandestini, torna con “La casta bianca”. Una nuova inchiesta che racconta il dramma dei camici: dalle truffe che coinvolgono le aziende ospedaliere alla corruttela del familismo amorale degli atenei. È l’azienda Italia, endemicamente corrotta e malata di merito.
Nulla, dunque, è cambiato in questo ultimo decennio. Stessi attori, identiche tragedie.

Le parole magiche del Governo

soldichirurgoSABRINA PINDO

Qualche anno fa, quando il potere aveva tutt’un altro colore politico, gli italiani spendevano decisamente troppo per far girare la macchina dello Stato. Il pachiderma pubblico costava ai cittadini una marea di danari e sacrifici: una pesante imposizione fiscale avrebbe senz’altro portato al Paese benefici sul lungo periodo, dicevano Padoa Schioppa e i suoi. Ma quello sforzo economico, visto sotto la lente d’ingrandimento del breve termine diventava ogni giorno di più una richiesta insostenibile. Tanto impensabile da aver tagliato le gambe al governo alla fine del primo anno di conduzione delle danze.
Un errore che la coalizione attualmente al potere non ha voluto commettere: gli italiani devono smettere di pagare tutte queste tasse, eccheddiamine! Ma siccome la matematica non è un’opinione il problema dei finanziamenti al ciccione statale è tornato. E allora la parola magica invece che “pressione fiscale” è diventata “tagli”. La strategia del risparmio è stata applicata a tutto: ministeri e ministri, portaborse e segretarie, auto blu e cancelleria. Con la semplice ricetta della formichina si possono risanare tutte le aziende, anche le più grandi e pericolanti, anche quel malandato colosso aziendale che si chiama Italia.
Per il grande imprenditore Berlusconi, che del successo aziendale ha fatto lo slogan per la sua entrata in politica, niente di più semplice. Taglio di qua, accorpo di là. Cos’è lo Stato se non una mega azienda? Bisogna solo far tornare i conti. Punto. Niente sconti, niente recuperi, niente proroghe. E a chi gli ricorda che un Paese ha necessità e caratteristiche che non necessariamente collimano con quelle di un’impresa il cavaliere non sembra dare ascolto. Schiera la sua compagine di governo e punta dritto al risparmio: prima di tutto scuola e sanità. Il ritorno del grembiule e del voto in condotta passino, il maestro unico e la riduzione dell’orario lasciano un po’ di stucco, i migliaia di precari dell’educazione che saranno riciclati non si sa bene come nel settore del turismo esauriscono le nostre parole.
E che dire della sanità? Qualche avvisaglia dei piani futuri del governo l’abbiamo già avuta. Tra pochi giorni arriverà l’affondo finale anche in questo settore e allora sì che ne vedremo e sentiremo delle belle. Il sospetto, che vorremmo restasse solo tale ma già dubitiamo sarà così, è che il gran disegno del capo questa volta abbia inizio con la parola magica “privatizzazione”. Allora sì che lo Stato assumerà il volto di una grande azienda che si confronta con il duro mercato. Al contribuente che richiede un servizio per la salute dirà: se hai soldi per pagare io ti do ciò che desideri, altrimenti…

Lazio, promozioni facili e sanità allo sfascio

santospiritoMARCO MORELLO

Non saranno certo le delibere e i decreti a salvare dal naufragio la sanità laziale, almeno finché quei pezzi di carta carichi di buone intenzioni verranno furbescamente elusi. Come alla Asl Roma E, dove il direttore generale Pietro Grasso ha appena promosso Roberto Ricci a responsabile dell’unità operativa complessa di Cardiologia dell’ospedale Santo Spirito. Una nomina del tutto incompatibile con il piano di rientro approvato dal consiglio dei ministri lo scorso luglio, lo stesso con cui Piero Marrazzo è stato designato commissario ad acta. Dal punto numero uno del documento, infatti, emerge con chiarezza la «razionalizzazione della spesa per il personale, con particolare riferimento al blocco del turn-over e alla diminuzione delle posizioni organizzative e di coordinamento». Un blocco peraltro ratificato in via ufficiale dallo stesso governatore il 2 settembre scorso con un decreto di immediata evidenza: «Sono sospese per l’anno 2008 – si legge scorrendo il provvedimento – le nomine dei direttori di struttura complessa». Anzi, «il numero di tali direttori previsto nelle dotazioni organiche deve essere diminuito del 10 per cento». Ma appena 24 ore dopo il «diktat» di Marrazzo, Grasso ha chiesto una deroga per procedere con la nomina di Ricci e a metà settembre l’ha ottenuta. A sollevare la questione è stato il consigliere regionale Massimiliano Maselli, che sul caso ha presentato un’interrogazione. «La deroga – chiosa Maselli – è un grave atto di irresponsabilità. In un momento così delicato, tali forzature non sono accettabili per nessuno. Ancor meno per Grasso, che è stato convocato per un’audizione in commissione sanità il prossimo 7 ottobre: ho un dossier su una serie di suoi atti che remano tutti contro il piano di rientro». Non solo: sulla liceità della nomina deve ancora pronunciarsi il Consiglio di Stato, visto che un medico si è rivolto al Tar: il bando di concorso per quel posto di responsabile, infatti, è stato pubblicato solo sulla Gazzetta ufficiale e non sul Bollettino della regione. E poi non si capisce perché l’azienda sanitaria, se proprio c’era tutta questa urgenza, non abbia cooptato il primario dell’équipe di cardiologia del San Giacomo che adesso, alla luce della chiusura del nosocomio, dovrà essere ricollocato da qualche altra parte. Non di certo alla Asl Roma E: lì i giochi sono già fatti.

Quelle nomine fatte in casa

aslMARCO MORELLO

Mentre la Regione Lazio si arrabatta tra complessi piani di rientro e articolati tagli alle spese per tamponare le voragini nei conti, le singole aziende sanitarie non perdono occasione per andare controcorrente e tirare fuori dal cilindro grappoli di nomine. Violando, in alcuni casi, basilari principi di legalità e trasparenza. L’ultimo esempio in ordine temporale riguarda la Asl Roma E, che ha conferito da pochi giorni due incarichi quinquennali rinnovabili di direttore responsabile di Unità operativa complessa. E che, negli ultimi due mesi, ha pubblicato sul suo portale aziendale dieci bandi per altrettanti posti di rilievo.
«La mano destra non sa più cosa succede alla sinistra, tutto è fatto “alla paesana”», commenta prima di entrare nel merito il vicepresidente del Consiglio Regionale del Lazio Bruno Prestagiovanni. Che si è accorto di alcune irregolarità procedurali e, per fare chiarezza sulla vicenda, ha presentato una interrogazione urgente a risposta scritta. Il punto da cui partire è la normativa vigente in materia di incarichi di struttura in ambito sanitario, la quale obbliga «a procedere a un avviso pubblico da pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale, sulla base di una rosa di candidati selezionati da un’apposita commissione», come spiega Stefano Santoli, consulente di diritto pubblico. L’Asl Rm E, invece, si sarebbe limitata a renderli disponibili on line, utilizzando la vaga dizione di «avvisi di selezione interna». Continue reading