Il primo giorno di vera opposizione tra cravatte, cartelli e qualche urlo

senato«Buio a mezzogiorno. Bella vero?». Buio sì. Tetro anzi questo palazzo stamattina. Corridoi deserti. Due cronisti appuntano, nella desolazione di una tribuna stampa vuota, i rumori che salgono dall´aula. E´ la prima volta che l´opposizione fa l´opposizione. Sembra strano e lo è. I senatori non sono ancora abituati e hanno bisogno di un minimo di rodaggio. Renato Schifani, presidente supergentile sta leggendo la lettera che gli ha inviato Bedrlusconi. Legge veloce, tutto d´un fiato. Come se volesse dire: prima finisce e meglio è. Meglio, infatti. Non sente o fa finta di non sentire un “vergogna”. Ancora un altro: «Non ti vergogni Schifani».
La pattuglia radicale, in testa Emma Bonino, traina la carovana che fatica a prendere velocità. Però parte. Curioso che debba essere il professor Ichino il primo a usare l´aggettivo più netto e forte: «Indecente». La sua frase completa è: «La presentazione dell´emendamento-indecente, mirato chirurgicamente a impedire la conclusione del processo… ». Felice Casson, un passato da Pm a Venezia: «Dico che Berlusconi è senza ritegno. Superato qualsiasi limite… ».
Il banco del governo è vuoto, solo un Calderoli muto e appostato ai margini dei banchi. Castelli, viceministro, sta tra i suoi. Gli sembra «incostituzionale» la cosina, ma non vuole eccedere: «Parliamo d´altro». Carlo Vizzini, a cui è toccato in sorte di divenire padre della norma da altri scritta, s´aggira mesto, palliduccio, senza verve: «Loro volevano aspettare la sentenza di condanna per poi azzannarlo. No, Veltroni deve cambiare tattica adesso».La maggioranza sta metà seduta e metà è in piedi nell´emiciclo. E´ solidale col Capo ma un po´ stranita. Ci pensa il capogruppo Gasparri a dare la carica: «La vera emergenza è la criminalità organizzata e la magistratura politicizzata». Il suo vice, senatore Quagliarello, appare più cauto e si rifugia nella storia delle dottrine politiche: «Esiste, in teoria, la necessità di sottrarre per un tempo limitato il controllo giudiziario sugli eletti… «. Poi si tuffa nella realtà: «A braccia aperte verso il lodo Maccanico».
Schifani dà e toglie la parola, sempre con cortesia. I senatori, con cortesia: «Grazie presidente. Ma devo confessare il mio imbarazzo, il mio disagio e anche la mia vergogna». E´ Gianrico Carofiglio, magistrato, scrittore e neo-senatore del Pd.
I dipietristi sono meglio organizzati. Si vede che sono più allenati. Quelli del Pd parlano piano, loro urlano. Pancho Pardi, ex girotondino: «L´emendamento è un abominio giuridico e costituzionale, che vitupera la Costituzione nei suoi cardini: ragionevole durata del processo, certezza della pena, indipendenza della magistratura, vengono barbaramente violentate dal governo. Con un editto, la presidenza del Consiglio si permette senza pudore di intervenire per limitare l´autonomia e il potere prettamente dei giudici nella formazione dei ruoli d´udienza».
Il pranzo conduce i senatori verso un conclave. Quelli del Pd decidono di dover fare qualcosa di clamoroso. Veltroni anticipa: «Berlusconi ha strappato la tela del dialogo: le conclusioni le ha tratte lui». Veltroni voleva, garantisce, cercare di «portare il Paese fuori dal passato ma evidentemente c´è qualcuno che ce lo vuole tenere inchiodato». La sua capogruppo, Anna Finocchiaro: «Il premier è quello di sette anni fa, altro che “Berlusconi statista”. E´ necessario riflettere bene su ciò che sta avvenendo. La sconcertante lettera del Presidente è un modo sbagliato e deformato di guardare ai temi della giustizia».
Alle quattro si alzano i cartelli, i senatori chiedono le telecamere e le hanno: «Berlusconi vuole l´impunità». Cravatte e cartelli, qualche urlo di quegli altri, della maggioranza di centrodestra: «buffoni», o anche il sempreverde «andate a lavorare». Poi l´invito di Schifani: «Cortesemente, colleghi, vorremmo proseguire».

(da Repubblica del 18 giugno 2008)

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