“Matteo il Superbo” e l’odio liquido degli sconfitti

D’ALEMA SI DEFILA. DE MICHELI RICORDA PRODI: “A SPOGLIO IN CORSO, RENZI DISSE: LA CANDIDATURA È RITIRATA”
Ora sono i bambini a mangiare i comunisti. É terribile ma bisogna dirlo anche a Sposetti, l’uomo dei soldi del Pci in soffitta o in banca, comunque fuori dalla portata del tipetto di Firenze. Sposetti ha subito interrogato l’anima di Lenin: Che fare? Era e forse resta, lui e tantissimi altri militanti rossi, in attesa di un minimo atto di resistenza belligerante, un segno visibile di una guerra che pur si deve combattere, di una dignità da difendere, non solo della storia o degli immobili che pure sono importanti. Perchè a Largo del Nazareno è parso, nelle prime ore della disgrazia, che Matteo il Superbo non desse scampo nemmeno alla resa. Il corridoio al secondo piano ieri l’altro era un lungo e innocente scivolo di benvenuto. Le porte aperte in segno di abbandono di ogni resistenza e gli occhi dei funzionari fissi al computer, come a dimostrare abnegazione e fiducia nella fatica. Tutti al lavoro, insomma.
Solo “il reggente” rimane per assistere al trapasso
Solo il mite e attempato Epifani, in camicia e a braccia conserte, ad attendere l’ospite e firmare il trapasso. Si vedevano insomma i segni di una volontà dialogante. E invece, tempo due ore, e una delle nuove valchirie renziane, la deputatessa Maria Elena Boschi, ha spiegato in televisione che saranno fucilati tutti i consulenti (un milione e mezzo di euro risparmiati) e si darà via a una crudelissima spendig review che delibererà l’abbandono di largo del Nazareno, sede troppo sfarzosa.
Perciò Sposetti, e con lui la vasta planimetria comunista, ha inchiodato di botto. E nell’aria, complici anche i forconi in piazza, si è sentito odore di polvere da sparo. “Spero che si rinuncerà alle vecchie abitudini e nessuno remerà conto”, ha detto subito Michele Emiliano, il sindaco di Bari oggi renziano. Ma un vincitore non pensa mai alle impellenze degli sconfitti, alle necessità di un conflitto, alla vitalità di un pugno sotto la cintura. In fondo, visto da questa parte, Bersani si era comportato bene e aveva già garantito: “Io ci sono”. Se bisogna difendere largo del Nazareno dall’assalitore chiamatemi, per quel che posso sono a disposizione della ditta. E infatti anche la più fidata e vicina deputata di Enrico Letta, Paola De Micheli, aveva inaugurato il nuovo spazio di confronto: chi ha tradito chi. Nella lista dei traditori, del Pd, di Prodi e di tutta la storia della sinistra, lui, Matteo Renzi. “La prima dichiarazione che Prodi fosse oramai fuori dal Quirinale prima ancora che lo spoglio delle schede a Montecitorio terminasse di chi fu? Andate e leggete”, diceva la Paola ai compagni piacentini accorsi a riflettere sul grande imbroglio. Sbugiardare il re, insomma. Ed era parso che Massimo D’Alema avesse davvero voglia di aprire il fuoco: “Daremo battaglia nel partito”, aveva comunicato davanti a Penelope, la sua amatissima cagna meticcia, appena conosciuti i numeri della debacle. Né Sposetti, né Bersani, né D’Alema né tantomeno la cagnetta avevano, però, misurato lo stato di profondo degrado emotivo in cui versa la truppa degli sconfitti. Se nelle case del popolo emiliane il clima è di assoluta depressione, il livello del confronto tra Gianni Cuperlo, intestatario incolpevole di questa cocente sconfitta, e i suoi sostenitori, l’assetto di comando della resistenza, è ieri piegato, dopo i primi interventi, verso orizzonti spiritualisti e meditativi.
La Bindi presa in giro e i cacicchi spaesati
I giovani turchi, diventati nel frattempo vecchissimi, hanno chiesto di riflettere prima di impugnare l’ascia, e quegli altri, i componenti della corrente bastonata e delusa, hanno iniziato a dar legnate a D’Alema. Risultato: il lider maximo si è fatto improvvisamente indietro, e ha dichiarato: “Largo alla nuova generazione”. Intanto Walter Veltroni è scomparso ai radar, Rosy Bindi ha colloquiato con Matteo (“Mi ha divertito di più Berlusconi”), e dalla provincia italiana ogni luogotenente ha prestato giuramento al nuovo corso. Facce pulite e anche un pochetto no, carriere specchiate e militanze opache. Brava gente e cacicchi del largo sommerso. Vedremo nel prosieguo se la quiete precederà la tempesta. Certo che si avverte un bel sentimento di rancore, un denso profumo di terrore accompagna la lunga passeggiata della cangiante schiera dei vincitori. I pronostici della vigilia assicurano che qualcosa accadrà. “Io sento che nella mia Emilia mi guardano come marziano, come uno che sta espropriando il loro passato, la loro vita. Sono un estraneo che sta occupando la casa non sua”, dice Matteo Richetti, da Sassuolo. Nel mondo fragile e caotico del Pd l’avvento del sindaco fiorentino produce questo clima di odio liquido. Ciascuno a combattere la partita della vita. Chi resta fuori è perduto.
da: Il Fatto Quotidiano 11 dicembre 2013

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