Corleto, la capitale del Texas tra appalti, assunzioni e parenti

corletoCorleto Perticara non è più un paese ma una fiamma in cielo. Arde di petrolio. Sbuca dalle vigne, dalle pietre della collina, dalle bocche delle stalle, dai suoi fianchi che guardano la valle del Sauro, in Basilicata.

Corleto si sente il centro del mondo, capitale del nuovo Texas italiano. “Non ce ne vogliano gli amici della Val d’Agri, ma il nostro primo punto programmatico è la costruzione di un centro Oli. Teniamo alla nostra identità, alla nostra storia”. Era Rosaria, insegnante per dovere ma politica per piacere, che luccicante di gioia, comiziava e prometteva ai compaesani, che per ben tre volte l’hanno voluta sindaco, il grande sogno. E oggi che si è avverato, che in località Tempa Rossa la Total sta investendo almeno un miliardo di euro per ricavarne, ma siamo alla soglia minima, almeno 50 mila barili al giorno di oro nero, lei, Rosaria Vicino, signora attempata ma ambiziosa, timorata di Dio, incrollabile nella fede, prima democristiana, poi della Margherita e infine del Pd, perché in Lucania lo scudocrociato è lo storico e permanente simbolo della virtù pubblica, è crocifissa dalle sue stesse parole, che messe insieme sembrano un manuale pratico del familismo amorale che Edward Banfield studiò pochi chilometri più a sud, a Chiaromonte.

“LA STIMA con Total resta, però mi dispiace, se dobbiamo stare a guardare noi, state a guardare anche voi”. Rosaria la ragioniera tiene il conto delle assunzioni, e le chiacchiere stanno a zero. A Total interessa perforare, trivellare e fare soldi. Alla sindaca interessa che i suoi amici vengano fatti salire sul carro del vincitore. Non sempre e non tutti. Diciamo quelli della sua parte, gli elettori bisognosi, scambisti elettivi. E forse chiuderà non uno ma tutt’e due i suoi occhietti se la fiamma salirà troppo in alto e gli oli ridiscenderanno nella terra in forma di rigagnoli velenosi. Rosaria non sa, non le interessa, è distratta sulla tutela della salute pubblica, se quelle macchine che scavano e succhiano portino in dono anche malattie, se il cielo si scurisce e l’acqua diventa torbida negli anfratti antistanti il campo base. Anzi, alla Total consiglia caldamente di assumere il figlio di una sua collega, “una persona fastidiosa” che lavora all’azienda sanitaria e “fa continuamente controlli”. “Non mi fare arrabbiare”, dice al top manager. E ci siamo capiti.

Nelle prime pagine, delle ottocentoventiquattro su cui si fonda l’accusa che l’ha portata ai domiciliari, c’è lei con l’ascia di guerra che mostra a tutti: lei è titolare della potestà di concedere o negare le autorizzazioni a costruire, di favorire gli appalti e anche i subappalti. Lei, donna morigerata del Sud, a capo del municipio di un paesino che conta 2.500 abitanti e che solo negli ultimi dieci anni ha perso il 17 per cento dei residenti, sente su di sé la forza magnetica di Star Trek. È lei, la signora delle clientele, che impartisce ordini. Alla manager Laura Mannheimer di Tecnimont: “Signora, guardate che a me ora dispiace, siamo donne, però capiamoci: non uscirà una carta da qui, dagli uffici tecnici finché voi…”.

È Corleto che tiene il bastone dal manico, solo Corleto, sempre Corleto con la sua piazzetta, il bar, gli sfaccendati, i giovani che cercano lavoro “e che hanno fatto anche il corso per la sicurezza”. “E fateglielo un po’ di asfalto davanti alla casa di quella mia amica. Un po’ oggi e un po’ domani, così dovete dire”, chiede la sindaca a un subappaltatore. Rosaria sa far di conto, suo figlio ha già avuto un aiutino con i fondi regionali per mettere in campo la sua impresa, e il sottosegretario alla Sanità, Vito De Filippo, al tempo in cui è stato presidente della Regione, le ha anche assicurato una piccola attenzione. E la strada che conduce alla casa che abita ha ottenuto dal comune che lei guida un finanziamento di un milione di euro per essere fatta bella, levigata, difesa dalle frane che altrove irrompono ovunque e lì giacciono.

“VEDI come cazzo devi fare, ma me li devi prendere”, intima al titolare della Security Department. “Il problema sai qual è? Che qua si deve votare”.

Quando s’accorge che un imprenditore ha assunto due operai residenti in Sant’Arcangelo e Roccanova, comuni limitrofi, i suoi occhi si fanno di sangue. “Sant’Arcangelo? La devi finire”.

Infine una preghiera, un consulto, un piccolo segno di cristiana fratellanza con don Paolo, il parroco del paese. Ci sono le elezioni regionali, “e mi devo occupare di Gallicchio, Guardia, Gorgoglione, il mio territorio”. È il suo tenimento e deve dar prova al governatore del tempo (De Filippo) di fedeltà e capacità operativa. “Ma poi i soldi a quel comune”, chiede don Paolo…

Da: Il Fatto Quotidiano, 1° aprile 2016

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