ALFABETO – PIER LUIGI PETRILLO. Il docente della Luiss: “Non dare regole significa restare sul cordolo della legalità. Così fa comodo”

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A scuola di lobbying con Pier Luigi Petrillo che insegna sia la teoria che la tecnica dell’influenza del privato su chi governa il bene comune, chi decide, chi sceglie. “Già intravedo l’ombra di una preoccupazione, il fumo della polemica”.

Il lobbista si è meritato in anni di traffici sporchi la nomea del cattivo, del faccendiere, del trafficante di interessi illeciti.

Tutto giusto e tutto vero. Ed è il frutto di una scelta deliberata della politica che mai ha voluto che questa attività fosse esercitata in modo trasparente e pulito. Prima i partiti contenevano nel loro corpo gli interessi di particolari ceti e professioni e dunque, diciamo così, li regolamentavano intra moenia. Quando hanno perso appeal nella società hanno continuato a tenere al buio delle stanze chiuse i contatti e i raccordi.

Se le stanze sono chiuse e i discorsi sono segreti ritorniamo al vizio primordiale del lobbying: premere per far passare come interessi pubblici affari privati.

Se la politica, come abbiamo appena detto, non ha voglia di rendere lecita e trasparente questa professione è perché dovrebbe rispondere pubblicamente dei suoi atti, delle proprie frequentazioni, dei sì e dei no che dice. Dovrebbe assumersi la responsabilità delle proprie decisioni. Esempio: i farmacisti hanno tutto il diritto di spiegare le loro ragioni e spingere affinché la legge che regolamenta il loro settore vada in un senso o in un altro. Ma è giusto che il cittadino conosca sia il tipo di pressione esercitata su un provvedimento, sia le motivazioni del gruppo che le esercita sia la posizione del governante. Accoglie? Rigetta? E con quali motivazioni?

Invece l’ombra.

Non dare regole a questa attività significa tenerla sul cordolo della liceità, nel mezzo della luce e del buio, sul filo del pulito o se preferisce dello sporco. È una convenienza politica, ed è così chiaro che le aggiungo questa breve notazione.

Aggiunga pure.

La prima proposta di legge di regolamentazione dell’attività di lobbying risale al 1976. Da allora e dopo altre cinquantotto (58) proposte nulla è mai stato deliberato.

Quando si dice la trasparenza.

Ecco il punto.

L’Italia è una Repubblica fondata sulle lobby.

Come diceva Joseph La Palombara sulle parentele e sulle clientele.

Bisignani di tutto il mondo unitevi!

Vince la pratica e il linguaggio delle conoscenze private, delle relazioni private. Dei vizi privati. Sono poche le società che in Italia propongono pubblicamente servizi di lobbying. Molti i singoli che cavano oro negli anfratti.

Lei insegna alla Luiss. Sì. Lei insegna lobbying in una università che è espressione di una lobby.

La Luiss è di proprietà della Confindustria che organizza gli interessi degli associati e tecnicamente è un gruppo di pressione.

Lei è anche lobbista?

Mi fermo all’accademia. Riesco solo a insegnare, spero con profitto dei miei studenti. Gli affari non sono il mio forte. Ma i suoi studenti che tipi sono? Parecchi di loro sono sinceramente interessati a detenere gli strumenti essenziali di un mestiere che altrove ha dignità pubblica e un rilievo e una reputazione sconosciuti in Italia.

Qualcuno fraintende e immagina invece che lei distribuisca numeri di telefono, biglietti da visita?

Spero proprio di no. Non sono certissimo che alcuni magari possano fraintendere. Ma basta la prima ora di lezione perché capiscano che hanno sbagliato aula e materia dei loro interessi.

Ma la politica non è per sua natura un’attività che dovrebbe organizzare, comprendere e rendere compatibili interessi sociali e professionali diversi? Perché c’è bisogno della lobby?

Qui lei sembra discepolo di Zagrebelsky che afferma che la lobby sia un cancro della democrazia perché inficia la libera scelta del decisore politico. Presumendo che il decisore e solo lui sa qual è il bene della collettività.

Invece no.

Il Parlamento può avere l’utilità di interloquire con gruppi che sono espressione di competenze particolari, interessi naturalmente leciti. Una legge che desse trasparenza a questi incontri, ai colloqui, alle proposte separerebbe il grano dalla gramigna.

Invece il buio, la stanza segreta, il colloquio riservato, l’ammiccamento.

Nascondere significa convalidare l’idea che solo i poteri forti, influenti e ricchi possono farsi largo e ricevere ascolto da chi decide.

La sua materia resterà a lungo iscritta nel dizionario delle cattive pratiche.

In Italia hai quattro possibilità: o sei massone, o corrotto, o mafioso oppure…

… lobbista.

Risposta esatta!

Da: Il Fatto Quotidiano, 23 aprile 2016

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