I sindaci 5 stelle. Favara La giovane Anna Alba ha conquistato il Comune siciliano alle ultime elezioni. Ma tutto nasce dalla “farm” inventata dal notaio

favaraIl naso è identico, e le guance e i capelli e la statura e il sorriso. Il clone di Virginia Raggi si chiama Anna Alba. Volessero, potrebbero scambiarsi i ruoli. Certo, ne guadagnerebbe la Virginia 2 che ora è sindaca 5Stelle di Favara, in provincia di Agrigento. Una delle tre città siciliane, ci sono infatti Porto Empedocle e Alcamo nella lista delle conquiste, a essere cadute alle scorse Comunali in mani grilline. A Favara, pochi chilometri dietro Agrigento, la vittoria è però l’esito di un processo anomalo, la coda di una trasformazione urbana legata non alla politica, alla lotta, alla resistenza civile contro un potere dominante oramai infradiciato, ma alla bizzarria di una coppia di sposi che anni fa ha realizzato, tra mura sbrecciate e cumuli di immondizia, il loro sogno: costruire una formidabile azienda culturale, anzi una farm, un luogo in cui artisti di ogni luogo del mondo potessero venire. Un transito che nel tempo si è fatto cosmopolita, un’idea privata che ha messo radici pubbliche e fatto saltare le relazioni sociali cittadine, l’idea cioè che senza la clientela non potesse esserci vita e senza abuso neanche fosse possibile immaginare casa. E infine ha dato la prova che anche con la cultura si mangia: grazie agli artisti e alla Farm, Favara è divenuta meta di pellegrinaggio. Sono sorti, tra lo stupore generale, bed&breakfast, osterie, negozi di artigianato. L’incredibile si è fatto possibile, l’utopia è divenuta realtà.

L’immondizia per strada e gli emigrati di ritorno Favara infatti non è una città e non è un paese. Fino a poche settimane fa era il centro d’elezione della clientela, del lavoro precario, dell’indolenza. E anche della sporcizia. All’ingresso, proprio nel pieno di una curva a gomito, un cumulo di spazzatura a cielo aperto. Ecco, fino a poche settimane fa nessuno fiatava, nessuno si disturbava di protestare. Poi però il risultato elettorale, figlio come detto di una sovversione culturale nata fuori dalla politica, ha consegnato quasi per inerzia le chiavi del municipio a questa simil Raggi e ai suoi amici. La Farm culturale è stata la dimostrazione che cambiare si poteva perfino qui. E allora con i finanziamenti pubblici a secco, i concorsi spariti, le assunzioni cancellate, la disperazione ha trovato una via di fuga in questa ultima speranza. “Ci siamo detti: cambiamo. Io ho vissuto 14 anni lontano dal mio paese. Se sono ritornato è perché ho sentito che qualcosa può ancora accadere, qualcosa di buono voglio dire. E ho votato i 5Stelle”, spiega Giuseppe Arnone. Lui ha fatto come molti, come tanti. E al turno di ballottaggio Anna Alba ha vinto sui suoi avversari, il Movimento ha avuto la meglio sugli antichi potentati, e gli elettori, da sempre dell’idea che si è prima clienti e poi cittadini, si sono messi in fila nella cordata vincente. La neo sindaca usa in modo compulsivo Facebook, come è nella tradizione del Movimento. Semplici ma puntuali e ripetute comunicazioni di servizio, legate principalmente ai rifiuti, dramma contemporaneo di una società afflitta e ignava, si trasformano, a leggere i commenti entusiasti, nella prova rivoluzionaria che il mondo a cinque stelle è più bello, più uguale, più giusto. Fatti non ce ne sono, e non ce ne potrebbero essere. Ma finora sono bastate le parole.

La culla dell’abusivismo e le case zebrate Però più del sindaco, la figura centrale della città è quella di Andrea Bartoli. È notaio, e da queste parti il notaio conta quanto un maresciallo dei carabinieri e un parroco messi assieme. Dietro la grande e bella piazza cittadina sorge la sua singolare azienda della felicità. Sono case dipinte di ogni colore: rosso fuoco, con lumaconi sulla facciata, zebrate, con bandiere o grandi benvenuti. Uno su tutti “Fuck”. È una fabbrica della cultura e dell’arte, infatti si chiama Farm Cultural Park, realizzata rosicchiando stanze al centro storico abbandonato e acquisendo spazi nelle altre case abitate. Lasciando lì i residenti e fornendo agli artisti di tutto il mondo, viandanti o parzialmente stanziali, una sosta creativa. Il mercato ha regolato la domanda di arte di Andrea con l’offerta di artisti e Favara, da culla dell’abusivismo e dell’abbiocco civico, zona franca delle nullafacenze, è divenuta pomo di un fastoso esempio di mimetizzazione urbana dell’arte, un presidio della fantasia e una tappa da non mancare per chi ama l’esercizio della creazione. Favara adesso è meta turistica, sono sorti alberghi e locande per tutte le tasche. Visitatori a frotte, piazza piena di gente nuova, porzione importante del centro storico riutilizzata. Questo per merito di Andrea e Florinda, frutto dei loro soldi e dei loro sogni. Lo spiega prima lui: “Dovevamo decidere dove far crescere i nostri figli. Potevamo emigrare oppure resistere. Ma per restare c’era bisogno di un po’ di conforto intellettuale, un minimo di apertura mentale. Dovevamo rendere vivibile una città che non lo era. Puoi domandarmi: allora l’hai fatto per te, innanzitutto per te? Forse sì, forse avevo un bisogno impellente, chiedevo alla mia esistenza di essere gratificata, volevo stare bene in questo posto e volevo che le mie figlie potessero viverci. L’ho fatto per me, per loro e per tutto il resto del mondo”.

Il cambio alla guida e i mugolii di sospetto Favara, né paese né città, si è abbellita e arricchita, dapprima mugolando come al solito. “Erano mugolii di dispetto, di sospetto, di imbarazzo: perché il notaio Bartoli fa tutto questo? Vuole forse divenire sindaco? E io a dire di no, a spiegare che no”. Andrea ha iniziato ha investire nel centro storico, ristrutturando – comparto per comparto – pezzi interi di mattoni cadenti, pietre sbolognate dal loro posto naturale. Senza espellere nessuno dei suoi abitanti ma anzi coinvolgendoli. Dice Florinda, la quarantenne padrona di casa: “La Farm nasce per un’esigenza egoistica, è vero. Volevamo star bene a Favara. Poi fare una cosa interessante culturalmente e domani, se questa attività avrà il successo che auspichiamo, anche realizzare un luogo fonte di reddito, che offra posti di lavoro. Questo oggi è un museo delle persone, un centro culturale di nuova generazione dove puoi visitare una mostra, fare un workshop, mangiare qualcosa e soprattutto incontrare gente straordinaria”. Favara fino a pochi anni fa era solo una escrescenza abusiva, oggi ha scelto di cambiare guida e si è messa in groppa ai 5Stelle: vedremo dove arriverà.

Da: Il Fatto Quotidiano, 24 luglio 2016

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