Il talento teatrale di Raffaele De Dominicis, assessore ripudiato ma forse ancora in carica

raffaele-de-dominicisANTONELLO CAPORALE E VALERIA PACELLI
Indagato io? Mai, mai, mai! L’accusa è stata archiviata contro ignoti. E io – se permette – sono noto. Mi chiamo Raffaele De Dominicis. Meno male che non sono a Roma altrimenti avrei dovuto dare quattro schiaffi a un po’ di gente”. L’epilogo comico della piuttosto tragica vicenda romana trasforma il magistrato nominato assessore al Bilancio e poi ripudiato nell’attore inconsapevole di una notevole pièce teatrale e la sua voce e il suo volto paiono, per vitalità, tono, capacità di sorridere della vita anche nella tristezza del momento e far sorridere, quelli di un grande del palcoscenico partenopeo, Enzo Cannavale, caratterista di spessore e di grande generosità.

PERCHÉ, APPUNTO, con De Dominicis siamo alla fantasia che contagia la realtà, alla bugia presunta che sovrasta la verità (anch’essa presunta), alla nuvola che copre il cielo e toglie la luce alla ragione, spegnendola con un clic. Il magistrato indagato dice che non è indagato. Non solo dice, ma statuisce, garantisce, giura e con i suoi amici impone: e chi, se non il sottoscritto, potrebbe mai saperlo? Ma il magistrato “non indagato” è stato revocato dal suo scranno di assessore. E anche qui la prova che non si sia su un madornale scherzo della ragione deve ancora arrivare. Perché al magistrato sembra sia stata notificata la nomina ma non la revoca. Dunque sarebbe in carica, formalmente, e potrebbe, se volesse, spettacolarmente dirigersi al Campidoglio e invitare il pizzardone di guardia ad aprirgli la porta e farlo accomodare sulla poltrona.

Incazzato, “arrabbiatissimo”, voglioso di vendetta. Ha bisogno di ritrovare serenità, avere la mente sgombra dalla furia che acceca invece di aiutare. Passerà ancora qualche giorno e poi…. Enormemente diffidente dello staff della Raggi, si è chiesto come abbiano potuto avanzare al tribunale richiesta di notizie “sul mio conto”?

Il tre tre cinque (l’articolo del codice penale da invocare per conoscere la propria posizione processuale, ndr)? E cos’è? Sono “dati sensibili” che non si possono né acquisire né tanto meno divulgare. “Io sono stato accusato, ma mai in vita mia indagato. Anzi da quel processo ne sono uscito con tante scuse”.

Avvelenato con i giornalisti, De Dominicis non si capacita per come la sua ironia, al momento di spiegare chi e quando l’avesse contattato, non fosse stata compresa. Giura di non conoscere l’avvocato Sammarco, di non sapere nemmeno che avesse un fratello penalista. Solo perché gli avevano riferito che la Raggi era stata nel suo studio aveva rammentato quel nome. Ha dunque detto Sammarco per celia, per vedere l’effetto che faceva, per indurre i cronisti a sorriderne. Qui, di nuovo, torniamo a teatro: “Non potevo smentire che avessi detto quel nome, ma non era vero. Cioè era vero che l’ho detto ma non l’ho detto per davvero”.

L’ha detto per davvero o per finta? Ma comunque, come diavolo gli è venuto in mente di costruire su quel nome, già fonte di cattivi pensieri tra Virginia e il tumultuoso mondo a cinque stelle, la propria sorprendente ironia?

Misteri che il magistrato non illustra, ma misterioso è anche il mondo che l’aveva cercato e dove lui si era appena infilato: “Io esco da un processo con tante scuse, io che sono un magistrato integerrimo e ho fatto il procuratore capo per davvero”.

IL MAGISTRATO messo in croce dalla giustizia, il combattente dei poteri forti che viene fatto fuori in nome della battaglia contro i poteri forti. Lo scrutatore contabile, presumiamo rigoroso e lineare, che proprio sul nome del l’avvocato Sammarco curva con l’interlocutore verso l’ironia, lo scherno, la trappola.

Questa è Roma. “Facciamo passare un po’ di giorni così mi calmo, ma poi…”.

Da: Il Fatto Quotidiano, 10 settembre 2016

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