Renzo Arbore: “Gli artisti badano ai soldi, le zucche vuote evitano di schierarsi”

renzo-arboreL’artista è inseguito dal l’ombra della sua ansia che gli tiene compagnia ogni giorno. L’artista è una persona differente fra tutti gli umani: ha una vocina che ogni giorno gli spiega il bene e il male della vita, ciò che deve fare e ciò che non può fare. Se deve parlare oppure se non può parlare. Quanti soldi deve chiedere, quanti ne deve rifiutare.

Renzo Arbore, la vita dell’artista è un inferno.

È un’ansia continua. Sono convinto per esempio che l’ansia, il sipario che si apre e si chiude, abbia condotto Domenico Modugno prima alla malattia e poi alla morte. Ma senza ansia non c’è arte.

L’artista se può non vede e non sente. Soprattutto non parla. Si fa intervistare solo se ha un disco da lanciare, un film da promuovere, uno spettacolo al quale invitare ad accorrere.

I silenti sono tanti nel mondo dello spettacolo. È il manager che comanda e contratta. O la casa discografica che decide e annota: tu farai il disco a dicembre e prima di dicembre è meglio avere la bocca cucita.

Poi arriva il disco, il film e le ospitate. È il cachet che traccia la linea.

Ospitate teleguidate. Il cantante arriva, ma la scaletta musicale del suo ultimo cd da affidare alle radio è decisa dalla sua etichetta. Il dj, il povero ospitante, ha solo il compito di seguire la linea verticale dell’azione manageriale.

L’artista, che è ricco di suo, impazzisce per i soldi.

C’è molta attenzione per i soldi. I soldi fanno bene e anch’io me ne accorgo. Ma sono vent’anni che mi chiedo: poi i soldi dove me li porto? Meglio, molto meglio per me, avere la possibilità di fare quel che mi piace.

E quando accade, come adesso sta succedendo alla Rai, che il cachet dimagrisca l’artista s’indigna e protesta.

Queste sono sceneggiate promosse dai manager. I manager sono dei negoziatori di altissimo livello e usano la tattica del rifiuto pro tempore. Un negoziato subisce tira e molla e complicate triangolazioni: si vende l’artista da solo, oppure in coppia con un altro più sfigato. È un pacchetto dono. Il mercato detta le regole dell’ingaggio, ma se il manager è un talentuoso allora anche il mercato va a farsi friggere.

Renzo Arbore non ha mai abbandonato la Rai.

È la mia storia e la mia personalità pubblica. Ricordo che Pippo Baudo ha addirittura fatto un sacrificio economico (cedette un palazzetto all’Aventino come risarcimento del danno per aver rescisso anticipatamente il contratto con Mediaset, ndr) pur di tornare nella sua televisione, che è la Rai.

L’artista non si espone politicamente.

Non è sempre vero. In tanti, penso a Carlo Verdone, a Francesco De Gregori, a Fiorella Mannoia (sono i primi nomi che mi vengono in mente) esercitano il pensiero e il giudizio. Poi certo, ci sono gli afoni, coloro che temono di perdere le simpatie orizzontali del pubblico o coloro che non hanno un pensiero. Le zucche vuote esistono.

Ma i più capaci ritengono invalicabile il limite minimo, che spesso è un’asticella massima, per i loro compensi. Dimenticando il valore di un brand. Se la Rai rappresenta l’identità nazionale il cachet può subire anche una riduzione.

Non tutte le emittenti sono uguali e interscambiabili: alcune hanno un plusvalore. La Rai naturalmente ce l’ha.

La Rai potrebbe perfino permettersi di morigerare i compensi per le star.

Penso di sì, senza per questo perdere terreno rispetto ai competitori. Ma il tetto dei compensi agli artisti non si può fare. Il valore commerciale lo decide il mercato. Quel valore si potrà limare ma non eludere.

L’artista è un umano piuttosto paraculo.

L’ansia lo insegue, lo tampina. Il successo lo trascina e la paura di perderlo gli impone a volte disgraziate manovre mediatrici. La carriera bisogna custodirla, il telefono è una maledizione, se non squilla conduce all’incubo. Poi ci sono eventi imprevisti per cui tu eri bravo fino a ieri e oggi, per un imperscrutabile disegno, divieni superato. Ricordo Milly Carlucci, bravissima davvero, che per due anni non ha lavorato. Qualcuno mai ha capito perché? Anche Lorella Cuccarini ha visto le porte improvvisamente chiudersi. L’arte è come un refolo di vento. Ora c’è, ora scompare. Il giudizio è insindacabile.

C’è da governare la carriera.

I migliori sanno come fare. Fiorello, dopo lo straordinario successo televisivo, ha scelto giustamente di ritagliarsi uno spazio meno esposto della tv generalista. L’arte è come il corpo umano: non puoi spingerlo sempre al massimo dei suoi giri.

Da: Il Fatto Quotidiano, 1° aprile 2017

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