“Attento Zingaretti, questo non è un voto di fiducia al partito”

Marco Revelli – Per lo storico, le primarie hanno dimostrato che esiste “una pubblica opinione di sinistra” contro il governo

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse

“I numeri sono confortanti, vista la situazione, e Nicola Zingaretti, nelle condizioni date, ha ottenuto un ottimo risultato. Da qui a certificare che il Pd sia vivo e vegeto ce ne passa. Non vorrei che fosse, come dicono gli anglosassoni, il rimbalzo del gatto morto”.

Marco Revelli studia e soprattutto racconta nei suoi libri la sinistra. Ieri un popolo si è comunque visto e ritrovato.

Siamo lontani dai quattro milioni di Romano Prodi, che aprirono la stagione delle primarie. Però un segno, importante, c’è stato. Esiste una pubblica opinione di sinistra, e si è mostrata. L’occasione che aveva, le primarie, è stata colta al volo. Un pezzo di Paese non tollera più questo governo, subisce la disumanità di Salvini, la stupidità dei Cinquestelle. E ha afferrato la matita per reagire. C’erano i gazebo in piazza, e si è diretto lì. Non mi sembra un voto di fiducia al Pd, ma il senso di una presa di posizione civile prima ancora che politica. Se non ora, quando? si saranno chiesti. E giustamente aggiungo.

Lei ha votato?

Penso che si debba partecipare alle primarie se si crede nel partito che le organizza. Io non ho questa fiducia e in tutta sincerità non credo nemmeno che il Pd abbia agito da protagonista in questa consultazione.

Per Zingaretti sarà duro provare a dare un cuore e una nuova destinazione a un partito figlio di un altro tempo, che fino a ieri ha remato nella direzione opposta.

Il voto, e la dimensione straordinaria della partecipazione, dicono due cose. Il renzismo è morto, ma le scorie rimangono e non è detto che Matteo Renzi non faccia altri danni. Zingaretti deve gestire una linea politica in dissenso con i suoi gruppi parlamentari, selezionati dal leader oggi epurato. Ed è la prima questione.

La seconda è che questo voto produca solo un effetto ottico. Induce Zingaretti a immaginare il mondo nuovo e poi si ritrova in tasca solo il vecchio.

Non dovrà solo dimostrare di fare l’opposizione a questo governo, operazione piuttosto semplice. Dovrà invece far capire che il partito che guida si allontana dall’establishment economico, finanziario, anche giornalistico. Deve dare risposte nuove alla tragedia sociale: come affrontare la povertà crescente, progressiva, quasi inarrestabile.

Intanto la sua prima uscita pubblica è stata a Torino su questo benedetto Tav.

Scelta massimamente sbagliata e politicamente nociva. Non so chi glielo abbia consigliato. Il segretario del partito di opposizione che porta acqua al tema sul quale il suo avversario più temibile, cioè la Lega, lucra di più? Una sciocchezza bella e buona, ed evito di entrare nel merito di quest’opera sbagliata, inutile, figlia di una scelta del secolo scorso.

Zingaretti però fa simpatia, almeno questa è una novità, non crede?

Sì. Non ti sega subito i nervi. È tranquillo, non mi sembra narciso, appare ragionevole e persino di sinistra.

Appare.

Appare è il verbo giusto. Fare qualcosa di sinistra è una necessità. Ridare rappresentanza ai ceti popolari è la destinazione naturale di una forza che copre quella fascia. Ce la farà? La dirigenza del partito sarà all’altezza? I miei dubbi provengono da questa considerazione così elementare: a parte Zingaretti tutto è contrassegnato dal tempo di Renzi. Che già ha fatto male a questo partito e quando gli ho sentito dire “stai tranquillo” al nuovo segretario, mi sono ricordato dello “stai sereno” con il quale fece suicidare Enrico Letta. Le scorie del renzismo sono molto pericolose e il voto, questo numero così alto, vista la generale depressione nella quale era confinato il Pd, non rappresenta una cambiale in bianco.

Non è un voto di fiducia al Pd.

No, affatto, e nemmeno a Zingaretti.

Però è un fatto politico rilevante che dovrebbe allarmare i Cinquestelle.

Be’, sì. Nel milione e seicentomila c’è anche la quota dei pentiti, di chi in questo modo vuole sfiduciare il movimento grillino perché lo ritiene inabile alla prova del governo. Se lo capiscono…

Salvini non ha di che preoccuparsi.

La forza trainante è la sua. Fa premio la disumanità con la quale il ministro dell’Interno si è distinto, la volgarità del messaggio e la retrocessione del dibattito politico a una selva di improperi ne è l’esito scontato. In politica conta ciò che appare. E questo, purtroppo, è.

Da: Il Fatto Quotidiano, 5 marzo 2019

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