Le città al voto: VICENZA

PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE inviati a Vicenza

Di questa terra bianca come il suo baccalà appena spugnato, resta la tradizione: il voto passa per una quota significativa ancora tra le sagrestie, tra chiese e conventi. E il personaggio politico più potente di Vicenza è Achille Variati, sindaco uscente, già presidente della Provincia, parlamentare e, soprattutto, devoto di Mariano Rumor. Lui, il democristiano del dopoguerra, resta il simbolo di una politica con la croce al petto e la “musina” in camera da letto. La musina, cioè il salvadanaio dove mettere gli schei, i soldi, tanti soldi perché la ricchezza che conta la città e la sua provincia non ha eguali in Italia.

Vicenza è Palladio ma domenica prossima più che l’architettura che la rende così lucente e viva, sarà l’onda leghista a stabilire se anche questo piccolo spicchio di centrosinistra in terra veneta verrà assoggettato al dominio di Alberto da Giussano.

I FATTI, se fossero solo questi a dare un senso alla scheda da votare nell’urna, porterebbero a ritenere che l’amministrazione uscente, guidata da Variati, non ha demeritato. Ha anzi offerto a Vicenza, da sempre ossessionata più dal lavoro che dalle sue bellezze, una opzione in più: l’arte, la cultura, il turismo. “La Basilica del Palladio conta i suoi visitatori in milioni, è una realtà oramai prestigiosa sulla scena turistica nazionale. Abbiamo investito tanti soldi per vederla nella sua smagliante beltà e possiamo dire che ce l’abbiamo fatta. Diamo lavoro a 30 persone e i conti sono in attivo: quest’anno chiudiamo con 60mila euro di profitto. La scommessa è vinta”, dice Variati. La scommessa sarebbe vinta se tutti i 110mila residenti abitassero al centro, se la periferia, dalla monotonia delle sue forme grigie di conosciuta bruttezza, non avesse la solita paura.Continue reading

IL SOLITO SALVINI (MA ADESSO È AL GOVERNO)

Primo giorno da ministro e primo comizio in piazza. Scortato da una pletora di poliziotti e da un corteo di auto blu Matteo Salvini riprende il filo mai interrotto della propaganda: “Per i clandestini è finita la pacchia”. Rende felice Vicenza, che tra una settimana deve andare a votare, e concludente il suo operato spesso intermezzo di parole e proclami. Quello di ieri: “Nessuno deve più permettersi di alzare una mano contro gli uomini delle forze dell’ordine”. Applausi, naturalmente. Ma anche – benché sottintesa – la totale, indefinita e incondizionata fiducia nei tutori della legge (la Lega si è opposta all’introduzione del reato di tortura nel codice), e la garanzia assoluta di una difesa preventiva rispetto alla singola valutazione dei fatti.

E cosa dire delle Ong declassate alla condizione di “vice scafisti”, arruolate tutte nell’esercito dei mercenari che scaricano corpi per fare affari? Non gli sarà più permesso di attraccare impunemente nei porti italiani, ha annunciato. Oggi il ministro sarà a Pozzallo, in Sicilia, a verificare e sicuramente giudicare la presenza degli immigrati nel centro di identificazione. Altre parole timbreranno la sua visita e altre polemiche che in questo caso già anticipano il suo arrivo. Sempre ieri infatti è comparso un video, chissà quando pubblicato, in cui Salvini definiva il sindaco di Riace, autore di un piano di accoglienza ritenuto all’avanguardia (ma i cui costi sono sotto il giudizio della Corte dei Conti), “uno zero assoluto”. D’altro canto il leader leghista coniuga felicemente, e ancora ieri l’ha ripetuto a Vicenza, le funzioni di segretario politico e quelle di ministro dell’Interno. È perfino banale ipotizzare che il suo tempo lo dedicherà alle piazze più che ai dossier del Viminale. Sarà un Salvini al giorno e nessuno potrà dirsene sorpreso.

da: Il Fatto Quotidiano, 3 giugno 2018

Luigi Zoja: “Il lettino dello psicanalista è una tribuna elettorale”

Mi è capitato un paziente immerso in una acuta crisi familiare seguita al divorzio. È riuscito a destinare una fetta del nostro colloquio alla situazione politica. Quello mi convince, quell’altro no…

Sul lettino del professor Luigi Zoja, psicanalista di fama mondiale, con ricche esperienze e studi in economia e sociologia, va in onda la tribuna politica.

Per uno psicanalista junghiano è il massimo possibile della fortuna. I problemi personali, le questioni identitarie irrisolte si affrontano anche guardando e parlando al mondo.

La crisi sta divenendo romanzo popolare con innesti da reality show. Il fatto terrorizza o coinvolge?

Può sconvolgere, può anche coinvolgere. Le dicevo che nel mio studio la vicenda è molto sentita.

È anche molto confusa. L’evoluzione della crisi sta assumendo caratteri parossistici. Prima la scena mutava una volta a settimana, poi una volta al giorno, adesso sono minuti. Ti distrai un attimo e qualcosa di nuovo è già successo.

A proposito, Cottarelli ha rinunciato?

Attualmente è in riserva. Avrebbe la lista dei ministri pronta.

Ha fatto il governo addirittura? Stamane pareva che tornasse a casa.

Per adesso non torna a casa né fa il governo.

Scusi, ho trascorso la giornata in studio e non ho avuto tempo di cogliere gli ultimi sviluppi.

Mutano le quotazioni come si fosse al cambio della moneta argentina.Continue reading

Quirinale, la crisi “affonda” la squadra dei consiglieri

Qual è il plurale di Mattarella? Chi suggerisce, chi ricorda, chi verbalizza, chi controlla? E chi consiglia il presidente della Repubblica in questa crisi dai tratti fantastici, sorprendente, estrema e, diciamoci la verità, anche un po’ pazzerella (o dobbiamo dire matterella)?

Tutto il contrario del suo inquilino variamente definito: chi lo vede grigio, chi lo trova invisibile, chi schivo, chi incapace di un sorriso, chi dolente e creativo, e anche mite, fragile, e soprattutto pio. Insomma “un monaco”. Un uomo “in bianco e nero” usci to dagli anni 60. In verità il presidente conosce il potere e le sue regole e si fa suggerire il tanto che basta. Divide la sua folta squadra in due: i consiglieri tecnici, a cui si rivolge con il lei, e quelli politici, con i quali usa il confidenziale tu. Il terremoto politico del 4 marzo ha però finito per squassare antiche certezze cosicché, nell’interminabile liturgia della crisi, anche gli assistenti, i consiglieri, i suggeritori hanno preso strade nuove e anche tra loro distanti. Si dice che Ugo Zampetti, il segretario generale, iperpotente, iperfluente, una divinità nella burocrazia italiana essendo riuscito a governare la Camera dei deputati dai tempi di Violante fino a Boldrini, si sia convinto da subito che l’unica via d’uscita fosse il governo del presidente. Scialuppa di salvataggio costituzionale conosciuta ma di fortuna dubbia. L’ipotesi, prima avanzata, poi accantonata infine riesumata si è scontrata al principio con quella, più gradita al gruppo dei cosiddetti cattolici di sinistra (Garofani, Guerrini, Astori, Grasso) di agevolare un governo cinquestelle col Pd. Ma s’è visto com’è finita. Quando è giunta la Lega nella sala dei Corazzieri la situazione è precipitata. Luigi Di Maio ha detto: “Io non ce l’ho col presidente, ma con i suoi consiglieri”.

La crisi s’è perciò bollita al punto che anche il Quirinale è finito lesso, oltraggiato sui social, contestato in Parlamento. E Mattarella. l’uomo invisibile, è divenuto bersaglio fisso di una rabbia crescente, nei flutti di un’onda che monta e inquieta.

da: Il Fatto Quotidiano, 30 maggio 2018

“Petrolio e spopolamento ci uccideranno”

PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE   inviati a Matera

Vecchi e badanti, e basta. E poi case, la maggior parte chiuse in diecimila chilometri quadrati.

Tanto è grande la Basilicata.

Davvero, è proprio grande.

Il doppio della Liguria – dice Ulderico Pesce, attore e autore di Asso di Monnezza, in scena con Petrolio – solo che i liguri sono un milione e seicentomila, mentre noi siamo sempre meno. Cinquecentomila? Per non dire della Campania, grande tredicimila chilometri quadrati con sei milioni di abitanti…

Si svuota sempre di più la Lucania.

È un allarme ancora più grave di quello ambientale; i paesi se ne muoiono; ci si ritrova a dannare le proprie radici; mia nonna, contadina, e mio nonno, arrotino, lavorano senza tregua per dare una casa ai tre figli, ma tutte le generazioni venute dopo, sono tutte fuori dalla Basilicata, e le case – r i m aste ad aspettare i nipoti e i figli dei nipoti – fanno da sentinella al vuoto; mi affaccio dalla finestra di casa mia, a Rivello, scruto la rotta dei fenicotteri, le tracce delle lontre, e mi trovo davanti un altro paese, Nemoli, altrettanto vuoto; ci sono solo i nostri vecchi e le bulgare, le rumene, le moldave…

La ghigliottina ha due lame…

La prima – spiega appunto Pesce, direttore del Centro Mediterraneo delle Arti – è quella dello spopolamento; la seconda si chiama petrolio, con tutto quello che ne consegue di veleni e scorie tossiche. Le trivelle, a cinque chilometri di profondità, trovano il bendidio…

La Basilicata è il Kuwait d’Italia.

Settecentocinquanta chilometri di tubi, quanto la distanza che separa noi da Bologna.

Proprio un bendidio di lavoro, prosperità e futuro.

E certo, solo che quando il greggio sale in superficie, questo bendidio si trascina l’H2S, ovvero, l’idrogeno solforato col suo inconfondibile odore di uova marce… il cianuro. A Viggiano, la fiammella che lo brucia, riesce a neutralizzare solo lo 0,0006 al milionesimo di particella di H2S quando il parametro in tutto il mondo – mai diventato legge in Italia –stabilisce il 5%; lo racconto attraverso Petrolio, la storia di Giovanni, addetto alla sicurezza dei serbatoi del Centro Oli di Viggiano. Ma le battaglie si scontrano con il muro opposto dall’Eni; segreto commerciale, dicono, manco si trattasse della ricetta della Coca Cola e non di dare risposte alla gente flagellata da altissime incidenze tumorali.

Tutto questo si racconta in scena.

Ed è ogni volta come una sorpresa, soprattutto per i lucani, per quelli che già dovrebbero saperle queste cose e mi dicono: davvero è così? Davvero è così, rispondo.

da: Il Fatto Quotidiano, 10 maggio 2018

Il Comune è senza progetti: nel dubbio taglia la testa ai pini

PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE   inviati a Matera

 

Gli alberi danno luce o ombra? A Matera semplicemente fastidio. Cosicché il Comune, in campo per attrezzare la città a divenire vera capitale della Cultura dell’Europa nel 2019, ha deciso di farli sloggiare. Gara d’appalto per realizzare una mega rotonda e un mega parcheggio, trasferire di qualche metro la strada che, lungo il declivio naturale, conduce ai Sassi e smantellare il parco storico, l’unico polmone verde della città costituito da 86 pini d’Aleppo.

Finora l’amministrazione ha avuto poche idee ma questa è la stata la prima ad essere attuata. O quasi. Già le ruspe erano pronte a disinfettare il rettangolo verde ammorbato da una malattia, detta del “picchio rosso”, che rendeva fragili le radici dei pini e pericolosa la loro esistenza. “Quando abbiamo saputo ci siamo detti: ma quanti sono gli alberi malati? Uno, nessuno, centomila?”, racconta l’avvocatessa Beatrice Genchi. Anche a Pirandello è infatti stato tolto di recente il suo pino, perché da qualche tempo in Italia si provvede alla decapitazione. Meglio ghigliottinarli che curarli, si spende meno e si fa più luce.

I materani si sono per fortuna ribellati: “Ci siamo dati il nome della malattia descritta, e dunque abbiamo formato l’associazione Picchio Rosso”, dice Michele De Novellis. Presidio diurno e notturno e una semplice domanda: prima di decretarne la morte almeno visitare il malato. L’hanno avuta vinta perché quattro giorni fa il municipio ha accettato di far esaminare lo stato degli alberi da specialisti e valutare chi merita di vivere e chi di morire. Pena sospesa, procedura interrotta.Continue reading

PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE   inviati a Matera

 

C’è la Lucania e c’è Matera. L’unica cosa che non esiste è la Basilicata.

Per giungere nei Sassi da ovest bisogna superare i piedi di Potenza. Che non è ancora una città e non più un paese. I palazzi della periferia piazzati in campagna stringono alla gola la Basentana, la via traversa che segna in due la Lucania edificata grazie a quell’uomo di Stato che fu Emilio Colombo, il dandy padre costituente, british nei modi, nel doppiopetto blu a righe, una sorta di principe Carlo del Mezzogiorno. Occhiali metallici, parola di velluto dalla foggia curiale, e democratico despota della sua terra alla quale, tra le altre cose, fece avere appunto questa strada a scorrimento veloce. Più modesta di una autostrada, più larga e comoda di una camionabile.

POTENZA SI PRESENTA impettita, dai fianchi larghi perché – essendo sede del potere regionale, e la finanza pubblica è l’unico soldo che corre da queste parti – ha mangiato a sazietà ogni prato e spiazzo, iniettando cemento armato nella corsa sciagurata alla modernità. Vedendo alla tv la periferia romana, il grande Serpentone della Capitale che tumula in chilometri lineari le vite di molte migliaia di sciagurati, si è fatta venire voglia di erigere una sua mini muraglia dove sono reclusi i lucani in debito di conto corrente. Una fucilata di case popolari che chiudono l’orizzonte, riducono la veduta e immiseriscono gli altri palazzotti, discretamente brutti, che si ergono ai lati.Continue reading

Spettacolo Molise: nell’urna pendoli, tronisti e morsicati

PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE  inviati a Campobasso

Il canino volitivo di Massimiliano Scarabeo, capogruppo del Pd al consiglio regionale, era sul punto di arpionare il lobo dell’orecchio destro di Domenico Di Nunzio, suo collega di partito, e macinarlo tutto, e poi magari pure inghiottirlo. Come manco neppure San Pietro quando stacca l’orecchio a Malco, il servo del terribile Caifa, l’accusatore di Cristo.

IL CONFRONTO svoltosi nella sala delle adunanze del Molise meno di due anni fa finì dunque a morsi e giustamente il morsicato Di Nunzio valutò che il dissidio “squisitamente politico” non dovesse esondare in tribunale. Il tempo ha fatto il resto e sia Scarabeo che Di Nunzio, con pari gioia, si ripresentano all’elettorato scegliendo, per dare soddisfazione alle esigenze del pendolarismo, le file del centrodestra.

Proprio il caso di dire: “Porgi l’altro orecchio”. I molisani hanno un particolare rapporto col tempo che passa, e se passa lento è meglio per tutti. Cosicché i loro dirigenti hanno scelto di chiamarli al voto con due mesi di ritardo rispetto alla scadenza naturale del 4 marzo.

Si vota domenica 22 aprile. Due mesi in più, due stipendi in più, tutta festa. E Vincenzo Niro, in consiglio regionale dal 2001, è chiamato affettuosamente l’onorevole Pendolo. Non mostra antipatia per l’appellativo giacché di suo ha scelto di confrontarsi con tutti quanti.Continue reading

La Molisana – Rossella Ferro: “Noi imprenditori senza chiedere favori a nessuno”

PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE inviati a Campobasso

 

“Non sa che orgoglio nel dire: noi acquisiamo questa azienda senza chiedere un euro di finanziamento pubblico. Senza la solita questua, senza la carezza di un politico, solo con i nostri soldi”.

Nel Molise che ha finanziato anche le lacrime, bruciando quattrini e sotterrandoli nella grande cesta delle clientele, la vicenda della famiglia Ferro sembra un film girato altrove. Rossella, quarta generazione di una famiglia di mugnai, oggi gestisce insieme a suo fratello e ai cugini il pastificio La Molisana, raccolto in disgrazia nel 2011.

Mai un passo più lungo della gamba. E il passo si fa solo se la gamba lo permette. Il marchio sette anni fa era decotto e ora invece è nelle posizioni preminenti della classifica nazionale.

Beh, la soddisfazione di non dover far fronte a tutte le future raccomandazioni dei politici non è di tutti.

Infatti dalla politica non giunge alcuna richiesta. Le domande di lavoro sono tante e io le ricevo tra le mie amiche, quando vado al supermercato, oppure via mail. Abitiamo tutti a Campobasso, ed è naturale che si pensi al futuro del proprio figlio e si chieda a noi di farvi fronte. Quando diciamo no è sempre un dispiacere.

Gli imprenditori italiani sono definiti, e giustamente, dei “prenditori ”.

Sto parlando della mia azienda, non guardo in casa d’altri.

Quanti occupati?

Qui dentro siamo 207, ma stiamo acquisendo terreni perché abbiamo bisogno di immaginare un futuro ancora più importante.

In città si dice che siete molto parsimoniosi.

È una tradizione di famiglia, lo sfarzo non è un nostro amico. Oggi hai i soldi ma domani?

Pasta di grano italiano?

Ora va forte l’illusione che il grano italiano sia il migliore del mondo. Invece quello dell’Arizona è nettamente superiore. Non le dico il kazako. Ma a noi piacciono tanto gli spot del Mulino Bianco. Comunque, se il consumatore chiede, il produttore risponde. Anche La Molisana offrirà la pasta con grano italiano. Faremo tutti felici e contenti.

da: Il Fatto Quotidiano, 19 aprile 2018

CAMPOBASSO – Tempo di transumanza: buoi e politici in marcia

PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE inviati a Campobasso

Una mucca non ci sta nel corridoio. È capace di fare salti di due metri.

“Anche tre”, dice Carmelina Colantuono a capo delle mandrie e dei mandriani che in andata e ritorno di bestie, uomini e dei dagli Abruzzi alle Puglie fanno del Molise –la terra di Campobasso dove tutto è tormento: o nevica, o piove, o tira vento –il transito della Transumanza. Un transito che si riflette, visto l’intreccio sociale, nella metafora più immediata. In politica – e domenica si saprà – tutti fanno un po’ qua e poi anche là. Come Vincenzo Cotugno che quando è di centrosinistra fa la lista “Rialzati Molise” e quando è di centrodestra, invece, fa “Orgoglio Molise”.

Come Massimiliano Scarabeo, già sgargiante ultras del Venafro calcio, fondatore del Circolo An “Gianfranco Fini”, quindi capogruppo del Pd di Matteo Renzi in Regione e adesso collocato in Forza Italia, al seguito del potentissimo cognato di Cotugno: Aldo Patriciello, il Gran Commendatore della sanità privata, il Don Rodrigo del contado molisano che dice sempre no. Un pastore, o un mandriano, ci vuole. E Patriciello ha detto no perfino all’avvenente Annaelsa Tartaglione, amica di Francesca Pascale, che la sua elezione in Parlamento se l’è dovuta faticare in transumanza, in Puglia (ma è ben vendicata; tutte le volte che Patriciello chiama al telefono Silvio Berlusconi non c’è verso: la Pascale spegne lo squillo).

Una mucca fa fatica a incamminarsi sull’asfalto. Cerca i tratturi e trascina negli zoccoli essenze e fragranze che vanno a vivificare – nei 200 chilometri delle autostrade fatte di verdissimi prati – la civiltà della transumanza. Ed è quella “bella immagine dell’avventura di bivacchi, coperte, fuochi, bellezza e il respiro incontaminato che tutti cercano” e su cui oggi scommettono Carmelina Colantuono (che pure gareggia alle Regionali nella squadra di Cotugno, uno dei politici in perenne transito), e con lei Nicola Di Niro (parente di Robert De Niro!). Sarà comunque grazie a loro due, infatti, e ai mille pastori molisani eredi di una tradizione di oltre due secoli, se nell’anno 2018 verrà accolta all’Unesco la candidatura della “Transumanza come patrimonio immateriale dell’Umanità”.

OGNI TRANSITO si lascia percorrere dalla muta pazienza dei greggi e delle mandrie.Continue reading