Il dizionario fatto con il cuore

dizionariocuoreFLAVIA PICCINNI

Il dizionario è qualcosa di inquietante. Racchiude tante parole e altrettanti significati in centinaia di pagine rilegate, che sembrano infinite se strappate e messe su un tavolo. Il dizionario racchiude la lingua italiana perché la lingua è fatta di parole, singoli lemmi e singoli significati. Degli incastri, poi, ognuno è responsabile.
Deve aver pensato proprio agli incastri Matteo B. Bianchi, scrittore e autore televisivo, quando ha deciso di iniziare a costruire il dizionario affettivo degli autori italiani. Ci ha messo due anni di lavoro, oltre quattrocento contatti e, fra rifiuti, litigate, apprezzamenti, grazie all’aiuto dell’editor Giorgio Vasta, ha costruito quello che si può definire il dizionario del cuore, che fandango ha pubblicato e io ora ho qui in mano.
Ci sono oltre trecento autori per trecento lemmi. C’è Andrea Camilleri, Giancarlo de Cataldo, Sandro Veronesi e poi Paolo Giordano, Elena Stancanelli, Giuseppe Genna. Insomma, una piccola fotografia degli autori attivi in Italia e dei loro personalissimi gusti in fatto di parole. Non deve essere stato facile, comunque, soprattutto per chi lavora quotidianamente con i vocaboli, selezionare in quel grande bagagliaio che è il lessico un solo lemma. Una sola parola per esprimere qualcosa di emotivo, esclusivo, sensibile. Fra ricordi personali, considerazioni linguistiche, giochi di parole e precisazioni stilistiche, ogni parola sembra quasi il ritratto di chi la cita. Quasi che la lingua sia il solo e unico specchio (credibile) di chi la usa.

La festa del funerale di Alitalia

alitaliaSorrisi al funerale. Mai tanti, mai così decisi ed esibiti, grati e convinti. Nel giorno della disfatta Fiumicino esulta. Il varco dei piloti, budello che conduce le hostess al lavoro, gli assistenti ai banchi del check-in e i piloti in cabina, si intasa di mani e di abbracci, di urla e di slogan. Al megafono è stata appena letta la resa di Cai. Sono a un passo dal licenziamento, eppure: “Meglio falliti/che in mano a stì banditi”.
Trombette e trombette. Pare vinta una guerra di liberazione altro che l’oblìo della sconfitta, il baratro della disoccupazione. Aerei a terra, cassa integrazione, mutui da pagare, figli da mantenere. Non c’è dispiacere ma odio sulle labbra di Francesca, capoturno: “Ci volevano unicamente mortificare, ridurre a miserabili, toglierci la dignità. Non desideravano un accordo ma la nostra morte civile”. Raffaella, bella e triste, un cartello al collo: “Colaninno, non siamo gioielli ma neanche fondi di magazzino”. In Alitalia comandano i piloti. Le trattative riescono o falliscono se loro dicono di sì o di no. Questa volta, anche questa volta hanno detto no. “Perché no? Volevano un accordo che ci seppellisse. Puntavano unicamente a fare una cosa contro di noi, a renderci la vita impossibile”, dice il comandante Eugenio, appena atterrato da New York. I piloti. Cioè l’Anpac. In Alitalia l’Anpac conta quanto dieci Cgil: senza il comandante l’aereo non parte e non atterra. Quel che non si è detto, che forse non si sa, è che l’orientamento politico dei piloti fino a ieri è stato compattamente vicino al centrodestra. Mario, assistente di volo: “Noi eravamo pronti a firmare con Air France, ma i piloti decisero di boicottare la trattativa quando Berlusconi chiese di rompere”. Giovanni, assistente di volo prevalentemente su rotte di lungo raggio: “Air France ci dava molto di più di ciò che volevano offrirci questi signori. E si caricava anche di tutti i debiti. Abbiamo detto no allora, com’è possibile pensare che avremmo potuto accettare le condizioni vessatorie poste oggi”.Continue reading