Fabrizio Barca: “Basta governo, da grande voglio impegnarmi nel partito”

Vuol sapere la verità? Non ho affatto intenzione di candidarmi, reputo che questa esperienza di governo sia servita per suggerirmi un altro interesse che in questo Paese è vissuto come una diminutio ma che per me è essenziale per far girare le cose: l’organizzazione dei gruppi intermedi, quel collante indispensabile tra la società e l’esecutivo”.
Altro che una poltrona in Parlamento, altro che un superministero, il sogno nel cassetto di Fabrizio Barca è andare al Partito, p maiuscola.
Esistono energie che non sono liberate, realtà che nessuno vede perchè non esistono più sezioni, circoli o come diavolo si chiamano oggi. Un governo funziona se funziona l’organizzazione dei gruppi intermedi, se l’ascolto del territorio è costante, se esiste mediazione tra base e vertice. Ecco, se dovessi dirle adesso, quella è una sfida che mi piacerebbe affrontare dopo questa parentesi ministeriale.
Il suo papà (Luciano, storico dirigente del Pci) ha vissuto a lungo a Botteghe oscure. Le sue simpatie si dividono tra Sel e il Pd. Bisogna solo aspettare che Bersani convochi il prossimo congresso e poi…
Non mi faccia dire di più, anche perchè l’ultima volta mi è stato richiesto di accettare di fare il ministro avendo un’ora soltanto per pensarci.
Bersani la vorrebbe superministro, e il suo nome era anche accreditato come candidato a sindaco di Roma.
Non ho doti particolari.
Poi si è detto che avrebbe fatto il capolista del Pd in Abruzzo.
Non me la sento di trasformare questa esperienza tecnica in una avventura politica senza un momento di sospensione.
Se puntasse alla segreteria del partito avrebbe il tempo che chiede: il successore si elegge tra un anno.
Vedremo. Confermo però che se abbiamo un guaio in Italia è di aver trascurato queste vitali organizzazioni che sono i partiti. Sono luoghi indispensabili – se aperti ai cittadini – a far rifiorire passioni e saperi.
La sua scelta è controcorrente.
Sono felice che lo sia.
Sarà uno dei pochi ministri infedeli di Monti.
Nel senso che sono di qua?
Molto di sinistra.
Mi sono sempre chiesto come il premier avrebbe messo a frutto il suo ruolo al servizio dell’Italia.

Era convinto che si trasformasse, senza momenti di sospensione, in un capo popolo?
No, questo no e non credo che abbia queste suggestioni. Ma certo mi domandavo cosa avrebbe fatto in futuro. Non era immaginabile che la sua straordinaria esperienza non desse frutti.
A leggere le proposte che ha ricevuto anche lei non è messo male.
Ho piacere che si sia riconosciuto un impegno. Potevo far di meglio, ma anche far di peggio. Mi ha aiutato l’esperienza di quattro anni al ministero, a lavorare sulle politiche di coesione.
Qualche soldino l’ha recuperato per il sud?
Eravamo al 14 per cento e siamo giunti al 33 dei fondi investiti. Otto miliardi di euro la spesa che è stata accelerata, fondi europei che magari avrebbero dormicchiato. Quel che per me conta di più è invece aver cambiato marcia per il futuro: prima dei progetti bisogna sapere quali sono gli obiettivi, che risultato vogliamo raggiungere.
Lei scrive: l’azione pubblica è di cattiva qualità non per l’incapacità delle classi dirigenti che ne sono responsabili, ma per la loro espressa volontà.
È drammatico e crudele questo dato, ma così è. A me sembra che il potere costituito pur di autoconservarsi restringa le opportunità dei cittadini. Difende la sua piccola fetta di torta, trascurando la grande perchè teme di non esserne all’altezza.
Vogliono bandi di gara chiusi, intraducibili, e tutto già pianificato. Lo spreco come sostituto funzionale dell’apparato dei partiti.
Vero, purtroppo. Chiudersi alla vista, detenere un potere inemendabile e mai contendibile. Questo è il guaio. Ad Acerra, dove hanno costruito con l’esercito un termovalorizzatore, io ho voluto che i tecnici delle Ferrovie dello Stato prima di redigere il tracciato della linea ferroviaria parlassero con la gente. Vi piace di più se taglia la città o la bypassa? Ho chiesto che elaborassero i progetti in modo chiaro, intellegibile e si confrontassero in una assemblea aperta.
Il potere si preserva anche con la grammatica e i periodi ipotetici.
A Pompei sono stati assunti 23 archeologi, tutti ragazzi. Quando li ho sentiti parlare ho finalmente respirato un’aria nuova.
Si era dato il compito di shekerare il Mezzogiorno.
E infatti un po’  l’abbiamo shekerato.

da: Il Fatto Quotidiano, 27 dicembre 2012

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