Nord-Est, una volta c’era la Lega Adesso son botte

VIAGGIO NEL PARTITO DILANIATO DALLE FAIDE INTERNE FLAVIO TOSI, IL NUOVO UOMO FORTE, FA FUORI TUTTI E PENSA A UN MOVIMENTO CIVICO A NOME SUO


La ramazza della Lega qui in Veneto sembra un aspiratutto. “È una guerra tra bande, siamo allo scambio tra prigionieri”, dice Luca Zaia, il presidente della Regione. Si danno botte da orbi a tutte le ore, e se le dicono in tutte le lingue possibili. Se le danno così bene e così di santa ragione che è difficile dire dove inizia e dove finisce un partito. Superato il Polesine, terra pacificata e tranquilla, si giunge al primo fronte di guerra tra bossiani e tosiani, gli epurati nel nome del senatùr e il principe degli epuratori, il nuovo capo, Flavio Tosi, sindaco di Verona. Inarrivabile il resoconto di uno dei tanti combattimenti di trincea che Santino Bozza, consigliere regionale, ha prodotto al Corriere del Veneto: “Un mese fa Tosi assieme a Conte e alla Munerato (deputata uscente ricandidata) sono venuti in casa mia, capisci?, a Este, portandosi dietro i militanti dell’Alta padovana e del Polesine e mentre si mangiavano la pizza fischiavano il segretario provinciale bossiano, fischiavano la Paola (Goisis, deputata uscente bossiana e non ricandidata). Io non ci ho visto più e sono andato in procura a portare la lettera anonima che tenevo nel cassetto da quattro mesi”. La lettera sarebbe una denuncia sui vizi e stravizi, ancora naturalmente presunti, circa le paghette fuorisacco che in Regione, al tempo in cui l’odiato Tosi era assessore, giravano. Lettera consegnata alla Guardia di finanza, indagine in corso. Bozza, da ex fabbro, sta piallando col martello il suo partito che vive il dramma del ricambio. La ramazza impugnata dal nuovo uomo forte della Lega, colui che succederà a Maroni alla guida del movimento, è stata inclemente: via i portaborse del senatùr, i fans ciechi, i fedeli babbei. E con loro sono stati fatti fuori tutti i perni della costruzione leghista. Dentro il nuovo, per far posto a un movimento che ha altre mire e un altro tipo di organizzazione.

SIAMO A PORTO VIRO, sul delta del Po. Continue reading

Ceccarelli, un gufo con l’occhio di lince

ceccarelli

La sala della svolta del Pci, quella Bolognina dove Achille Occhetto ha fatto concludere il cammino dei comunisti italiani, oggi è divenuto un centro estetico. È il tempo che passa, ma spesso è la nostra memoria che si consuma come se la vita fosse un istant book. Ricordarsi che Daniela Santanchè ha una piscina tappezzata di vera madreperla, e i sanitari cromati in oro, e la vasca rivestita di mosaico platino aiuta più di ogni parola a identificare la signora e classificarla. Come è illuminante sapere che il cane di La Russa si chiama Fiamma. L’opera di decostruzione dell’apparente insignificante in una catena di simboli e allegorie della vita politica è merito di Filippo Ceccarelli, specialissimo rigattiere della cronaca minuta e fatiscente che compone e ricompone attraverso un sapiente riuso la storia della Repubblica. Ceccarelli, da grande e avveduto giornalista, sa che tra la polvere finiscono i monili più preziosi ed è la cantina il luogo che illumina di più gli abitanti della casa. Come un gufo tra le rovine (Feltrinelli) è appunto la ricerca, attraverso le minuzie quotidiane della cronaca, del senso compiuto della nostra storia così tragica e anche così comica. Tutto è successo, ma tra quel tutto, sono pepite d’oro i ritrovamenti che Filippo, come un costruttore quotidiano di mostri, espone nel suo libro. Si deve agli italiani se Silvio Berlusconi è stato premier. E si deve a Berlusconi se George Bush si è visto recapitare in mano il cd di Apicella, l’ex parcheggiatore abusivo divenuto cantastorie ufficiale della Repubblica. Sono i dettagli a raccontare, potenti oltre ogni possibile immaginazione, la nostra miserabile, pirotecnica realtà. “Italia Uno!” così i bambini rom della periferia romana salutarono il ministro Mara Carfagna, in apprensiva e solidaristica visita. Era stata valletta e loro lo sapevano! C’è sempre da imparare da ogni cosa: oggi si discorre delle finanze devastate del Montepaschi e si ricostruiscono le spese, forse le tangenti, le responsabilità e le irresponsabilità. E cosa vogliamo dire del comune di Alessandria, ora in bancarotta, che fa dono al premier di un tartufo del valore di 12mila euro? Pupazzi della storia. A proposito. “Vorrei legare un pupazzo di Superman ma con il mio volto a una fune agganciata a un elicottero come regalo di Natale ai miei nipotini”, spiegò Silvio. Tutto si tiene, scrive Ceccarelli, che infatti scova e riprende la proposta di Renato Brunetta di indagare, attraverso il berluscometro, “quanto c’è di B. in ognuno di noi”. Lui dichiarò di essere al 45/50%.Continue reading