Bersani versione serial killer uccide il Pd con un abbraccio

L’ULTIMO GIORNO DEL SEGRETARIO: LA FOTOGRAFIA CON ANGELINO ALFANO PRIMA DEL VOTO A MARINI CHE DILANIA IL PARTITO E FA RIVOLTARE LA BASE


Quindi è giunta Marianna Madia: “Mi sono chiesta: vuoi vedere che Bersani mette in scena un apparente suicidio per mascherare il suo vero piano? Sta seguendo un copione che ha un senso, una logica. Dici che sono molto ottimista, eh?”. Nei giardinetti di Montecitorio, dove il Pd si ritrova esausto e sbandato siamo alla lettura giallista della politica di Pier Luigi Bersani. Che oggi appare al suo partito come un serial killer. In effetti nel corteo funebre che si allarga per fargli spazio, Pier Luigi si mostra insolitamente sereno, con un bel sorriso saluta l’inquietudine che lo accompagna.
I GIOVANI TURCHI danno forza alle gambe e girano al largo. I renziani si raccolgono nell’an golo di sinistra, come muta di cani in attesa di azzannare. C’è Franceschini che segue, ed è giusto. Poi Enrico Letta, il giovane Speranza, l’anziano Zanda, la Finocchiaro vestita di bianco. Se le sono date l’altra sera di santa ragione, e si vede. Zanda ha chiesto, come si fa al liceo, di mettere ai voti finanche la scelta di votare il nome di Marini, “la bella sorpresa” l’aveva chiamata il segretario. Ma oggi eccolo lì Bersani, pimpante. La giornata deve dare i suoi frutti e la sua mano fascia nell’aula la spalla di Angelino Alfano. Un flash, due tre quattro. L’icona dell’inciu cio, la fotografia del governissimo è bell’e fatta. Vendola assiste con raccapriccio, ma anche la bionda Alessandra Moretti, che fino a due sere fa comunicava in televisione le direttive dell’uomo di Bettola, sforna un colpo di tosse. Su Facebook inizia a scrivere del turbamento e dell’apprensione. Le biondine e le carine del Pd sono quasi tutte turbate, quelle del Pdl piuttosto colpite dalla voragine che sta inghiottendo il partito dirimpettaio.

La voragine assume il senso fisico di un anello che si chiude intorno a Bersani, una zona d’interdizione e di pericolo. Possibile che il Pd si stia suicidando in diretta? Possibile che non abbia valutato la disgrazia di un’operazione politica così opaca? “Ci penso da ore, e non riesco a darne una spiegazione plausibile”, borbotta Nicola Latorre. Rumori di fondo provengono dalla piazza che lentamente ma inesorabilmente si avvicina al Palazzo e sembra sfiancarlo con le sue urla. Nessuno esce dai giardinetti, nessuno si schioda dal Transatlantico. La questione si va facendo psicoanalitica. A riprova un piccolo saggio della paura che esonda nella postura. Colpisco con un lieve colpo di mano la spalla di Zingaretti, il presidente del Lazio, grande elettore: “E lei chi voterà? Marini?”. D’impeto allunga il passo, come per distanziare la sua persona dall’abisso. “Non capisco: per 55 giorni abbiamo invocato il cambiamento e corteggiato Grillo. E nel momento in cui ci fornisce una prospettiva di accordo noi gli voltiamo le spalle?”, chiede Laura Puppato. Chiede si fa per dire. Perchè ognuno si fa le domande e si risponde da solo. E ognuno ha i suoi pensieri. Sposetti, il tesoriere bravo con la calcolatrice, è in grado di assicurare, per esempio, che la pensione di Rodotà, del probo Rodotà, non è da meno di quella di Amato, il cattivo per l’opinione di sinistra. È chiaro che Sposetti milita nel Pd lato Verdini, sottosezione poco frequentata ma attiva. Enrico Letta, il vice segretario o vice disastro, invoca l’impossibile: “Unità, unità, unità. Serve unire il partito”. Lo dice con la sincerità di un viaggiatore anonimo, turista per caso. Sbandati, impensieriti i grandi elettori vagano senza ricordo e senza meta. “E adesso?”, mi chiede il presidente della Basilicata. Vorrebbe una parola di conforto ma ha davanti solo il grande fumo che sprigiona il sigaro dalle dimensioni delle dittature centroamericane di Pierferdinando Casini. “È un sigaro all’altezza della bassezza dei tempi. Temo le elezioni anticipate”. Il timore è fondato e ragionevole è la premura con la quale, si dice, abbia bussato alla porta di Berlusconi. Un colloquio di mezz’ora per riannodare i fili e intravedere una via di speranza per il suo piccolo e oramai inerte Udc. La chiama per votare dura tre ore, e il passeggio – iniziato alle dieci – ha termine solo per pranzo. Il Pd appare un partito squisitamente peripatetico. Fioroni gioca con l’ipad, Bersani dice ancora “calma ragazzi” e si intuisce che è un grido d’aiuto. Non c’è null’altro da fare che inoltrarsi alla buvette. Arancini per tutti.
da: Il Fatto Quotidiano, 19 aprile 2013

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