E a sud di Salerno le rotaie muoiono con l’Italia

Come becchini di un cimitero aggiorniamo quotidianamente la lista della scomparsa delle tratte ferroviarie. Ogni giorno un vagone viene mandato in rimessa, un collegamento si cancella, una locomotiva si ferma, un binario muore. È il paradosso un po’ stupefacente di questa nostra modernità: più il mondo intero diviene connesso e interattivo, la mia vita legata alla tua con un semplice clic, più gli spostamenti elementari da città a città, dalla periferia al centro, dal nord al sud del Paese divengono proibitivi. Come se potessimo conoscere la mobilità solo stando seduti, perciò immobili, davanti al computer. Oramai intere regioni d’Italia non hanno collegamenti non solo sufficienti ma minimamente decenti.


NEL SALENTO si arriva con l’aereo, altrimenti non resta che farsi la croce. Come pure in Calabria è impossibile pensare al treno come vettore della nostra vita. Il treno rese unita l’Italia. Oggi la ruggine, frutto della dissipazione e di una assenza assoluta della cultura del mantenimento del territorio, la disunisce. Esiste Frecciarossa o Italo, ma per chi se lo può permettere. E soprattutto per chi vive in un’area del Paese. La divisione in classi è restituita in modo formidabile dalla rimodulazione della possibilità di viaggiare. Se sei ricco, se vivi in una grande metropoli, magari a Nord, hai la possibilità di trasferirti in modo veloce e puntuale. Se non hai quella fortuna, se sei un operaio o un impiegato costretto a fare il pendolare, ti freghi. Aspetti e speri che il treno arrivi e ti conduca maciullato al lavoro. Se infine hai la pecca di vivere al di sotto della linea della civiltà, che geograficamente coincide con la città di Salerno, sei fritto.
NON C’È speranza, nessuna possibilità che si possa ottenere un segno minimo di attenzione. In Sicilia e in Sardegna tutto è fermo al secolo scorso, e anche peggio. Così pure in Calabria, in Lucania, nelle Puglie. Tanti piani per le infrastrutture e altrettanti miliardi scomparsi, bruciati da una classe politica insipiente alle miserabili logiche della clientela. Il treno non è solo un vettore, ma è un connettore di comunità. La storia insegna, diceva Gramsci, ma ha cattivi scolari.
da: Il Fatto Quotidiano 30 maggio 2014

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