Cartoline dall’inferno. Castel Volturno è in posa

L’INIZIATIVA. Un’associazione locale ha prodotto una serie di immagini con le oscenità del paese: case abbandonate, prostituzione, lavoro nero. Il tutto vissuto con allegria, disincanto e provocazione.

cartoline

La carcassa di un cane, bombole del gas adagiate sul dorso e immerse per metà tra la sabbia. Gomme d’auto, sportelli d’auto, una marmitta, tre tubi di scappamento, forse quello invece è un pistone. Un mucchio di scheletri di ombrelli, un ombrellone da mare rotto, un gabbiano vivo, un cancello arrugginito, fogli di giornale, kleenex usati per le necessità del corpo. Cartoline dall’inferno. Siamo alla confluenza del male, ai confini della civiltà, della legge, della decenza. Sulla spiaggia che si trova a metà tra la Pontina e il Vesuvio. È il destino che ha avuto Castel Volturno, trent’anni fa luogo di villeggiatura della media borghesia napoletana e oggi set di Gomorra, in senso proprio e figurato. Castel Volturno ha dodici chilometri di pineta che si affacciano sul Tirreno, il più ricco polmone verde della Campania del nord, quindicimila immigrati d’Africa non censiti, il 70 per cento dei tributi evasi. Il mare è sporco, il comune è in dissesto, la magistratura si è arresa, la malavita ha issato il pennone. Si spaccia droga e carne umana in questo punto geografico dove lo Stato ha perso l’onore, la legge il rispetto, la dignità una prova di esistenza.

Bianchi e neri insieme

Questo paese per l’anagrafe fa diciannovemila abitanti, ma in realtà i residenti sono 40 mila. Per metà bianchi e per metà neri. Gli ultimi degli ultimi. Nigeriani, ghanesi, etiopi, eritrei. Anche napoletani sfrattati, mariti separati e maschi senza lavoro, giovani conquistati dalla droga o dalla nullafacenza. “Da noi è come se si fossero dati appuntamenti tutti i falliti della terra. Bianchi o neri fa uguale”, dice Vincenzo Ammaliato, cronista attento e testimone esemplare di come si possa vivere all’ingiù, di come si possa camminare all’indietro e non perdere la voglia di farcela o almeno tentarci. Castel Volturno è il centro di concentramento dei senza speranza. I migranti che sognavano una vita da operai al nord e si sono trovati schiavi tra i nostri pomodori, le donne prostitute sulla Domitiana, l’unica consolare che è uno spaccio all’aperto di droga e sesso à la carte, distilleria di disperazione e abbrutimento. I neri hanno perso la vita. Simili agli italiani che la vita ha reso abusivi. Gli espulsi da Napoli, Afragola, Marano, i poverissimi delle cinture suburbane, coloro che si ritrovano a dover campare la moglie e i figli con un salario da settecento euro e solo qui trovano per loro una casa da duecento euro al mese. Solo qui non si registra il contratto, se si vuole non si paga l’Imu e persino l’energia elettrica. Eppure persino dal male nascono i fiori e un miracolo già c’è. “Sono sindaco e non dovevo diventarlo. Ho combattuto sempre per la legalità e qui è tutto illegale. Però la vita ti sorprende, e ho vinto nonostante ogni diverso avviso”. Dimitri Russo ha 43 anni e l’anno scorso è riuscito – incomprensibilmente per la logica – ad avere ragione dei soliti noti. Esponente di un Pd pulito, che ha composto una lista orgogliosa, volitiva e giovane si è preso il comune e i suoi debiti. Sono 54 milioni di euro. Un’enormità se riferita alla popolazione iscritta all’anagrafe. “Dico solo che allo scorso dicembre avevo incassato 75mila euro di Imu sui tre milioni previsti. Il segno che qui nessuno ha rispetto per lo Stato. E in verità lo Stato, le classi dirigenti sono state malvagie con i miei concittadini. Ecco lì il canale dei Regi Lagni, torrenti che sfociano al mare e che si trasformano in nastri trasportatori di ogni schifezza, di ogni rifiuto. La Regione aveva provveduto a installare una griglia d’acciaio alla foce per filtrare non l’acqua sporca ma almeno le carcasse d’auto, gli elettrodomestici, le altre schifezze figlie del degrado. Si sono però accorti che la manutenzione di questa griglia costava 700mila euro. Non ci sono mai soldi per noi. Perciò l’hanno lasciata così. Il risultato? La griglia ferma ogni cosa ma senza attività di pulizia e rimozione crea una barriera, un tappo di rifiuti ingombranti. D’inverno con le piogge il canale esonda, noi ci allaghiamo”.

Nessuno ha pietà di Castel Volturno, nessuno ha interesse a venire qui e dare una mano. Dimitri è cocciuto: “A me servono competenze, intelligenze, dirigenti capaci. A me serve un pensiero organizzato, un aiuto per togliere dall’inferno questa mia gente. Non ho un euro in cassa. Vorrei chiedere un atto di generosità a chi può, a professionisti di grande valore, architetti, ingegneri, paesaggisti, agronomi, che possono destinare un po’ del loro impegno e della loro reputazione alla mia città”. Serve un piano regolatore, serve per esempio che qualche archistar, interpelli la propria coscienza e dia senso al suo amore per la Patria. C’è l’occasione per farlo! “In questo inferno non c’è violenza quotidiana, acredine tra bianchi e neri, razzismo. Si vive, se si può dire così, in armonia. I poveri sanno riconoscersi e sanno convivere”, dice il direttore della Caritas.

Castel Volturno che pure ha conosciuto le stragi della camorra, che pure è sotto il tacco delle famiglie Setola e Cirillo, il brand familiare che qui si è sviluppato, si è ritrovata ad ospitare in prima fila la lotta dei nigeriani maschi, africani disperati ma dignitosi, che hanno formato ronde per evitare che le loro sorelle si prostituissero.

“Vieni a sopravvivere”

E Castel Volturno, che avrebbe solo da piangere, riesce a sorridere sulle sue disgrazie, a provocare. “Vieni a sopravvivere da noi” è il refrain di una serie di cartoline che l’associazione Villaggi Globali ha distribuito per denunciare lo stato di abbandono delle strutture, la vita incivile che i bambini sono costretti a subire, l’edilizia obbrobriosa, i palazzi squartati, i giardini incolti. La morte della vita.

E sempre Castel Volturno ha visto sfilare, travestite da prostitute, due consigliere comunali lungo la strada del disonore per chiedere agli avventori maschi di rinunciare a quella quotidiana mattanza di carne. “Devo avere speranza”, dice Dimitri, il sindaco. Che non smette di stupire i suoi concittadini. “Molto scalpore ha fatto il mio report fotografico sull’attività di una coppia di vigili urbani in servizio”. Il sindaco li ha seguiti e li ha fotografati mentre entravano in panetteria, mentre si recavano dai cari con le spese alimentari o bighellonavano invece di lavorare. Cose mai viste in questo paese dove persino i carabinieri rallentano, persino la Procura – sopraffatta dalle urgenze – si distrae, e forse persino Dio guarda oltre.

da: Il Fatto Quotidiano, 29 giugno 2015

 

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