REFERENDUM TRIVELLE: FATTO IL VOTO, TROVATO L’INGANNO

Tutto torna. Scegliere il 17 aprile come data del referendum, rifiutando di abbinarlo alle amministrative di giugno, costa trecento milioni di euro agli italiani ma è un grandissimo affare per le compagnie petrolifere e anche – alla luce di quanto si sta scoprendo in Basilicata – per Matteo Renzi.

Sterilizzare il quesito referendario, boicottandone la partecipazione, è non solo l’unico saldo utile ma l’unico possibile per il premier. Al di là del quesito, che investe un tema limitato circa i modi e i tempi di utilizzo delle perforazioni petrolifere in mare, la vittoria del Sì – possibilità assai più concreta se il voto fosse stato a giugno – scardinerebbe l’ideologia governativa.

Fare, a prescindere dal come e persino da cosa. Fare opere, dare lavoro, promuovere il Pil escludendo di valutare i rischi delle opere, l’impatto numerico dei posti di lavoro, il costo sociale, ambientale e sanitario di quella iniziativa. Il petrolio è una ricchezza a volte incompatibile con l’ambiente, a volte sostenibile ma soltanto a costo di onerosi interventi di tutela delle azioni di scavo e di protezione degli scarti industriali.

In Basilicata il petrolio è invece divenuto il sol dell’avvenire, proiezione necessaria della modernità, ricchezza in sé, indefinita nei vincoli della sua relazione col territorio, anzi perfino platealmente contrapposta ad esso. Sotto lo scudo del lavoro da promuovere Renzi ha accolto tutte le richieste delle multinazionali: dalla legislazione di tipo emergenziale che bypassa o minimizza ogni rischio ambientale, alla massimizzazione delle attività industriali.

Il 65 per cento del territorio della Basilicata è oramai reso disponibile alle necessità del trust (Eni- Total-Shell). Domanda: se è chiaro in quali tasche vanno i soldi, tutto il veleno dei reflui petroliferi nella pancia di chi finisce?

Da: Il Fatto Quotidiano, 4 aprile 2016

ALFABETO – ERRI DE LUCA: “In un Paese sotto anestesia, i giovani nascono già vecchi”

erri-de-lucaErri De Luca, provi a illustrare questo nostro curioso tempo.

È l’età dell’anestesia, del torpore civile, dell’in differenza.

Siamo divenuti ospiti della nostra stessa vita. Come se nulla ci riguardasse immediatamente e completamente.

Ci manca la gioventù. A questa nostra società manca la linfa vitale della giovinezza. Noi vecchi siamo in maggioranza, e chi s’avvia alla vita prende coscienza della realtà dei numeri. Sa che sarà in minoranza e si adegua.

Anestesia, astinenza, astensione.

Sì può declinare anche così. Infatti un governo che chiede l’astensione al referendum sulle trivelle invoca l’astinenza civile, inietta anestetico nelle vene della società. Perciò io credo che il 17 aprile possa essere una prova anche di adrenalina, un risarcimento a noi stessi, alle nostre capacità di ribellione e rivalsa.

Manca la voglia di lottare.

Manca lo spirito di contraddizione, che è spirito essenzialmente giovanile. La voglia di non crederti, di essere scettico per principio, per predisposizione. La mia gioventù era figlia del dopoguerra, ed era una processione di rivolte, una forza inarrestabile di azioni, di energie messe in campo, di disordine creativo. Adesso i vecchi si fanno chiamare diversamente giovani. Siamo giunti al punto della contraffazione culturale, della rivoluzione grammaticale. Ma non dispero. Questo Paese mi riguarda e io sono in campo ogni qualvolta una ragione mi pare giusta, ha dignità di essere difesa, illustrata, denunziata.

Le trivelle, il petrolio, l’oro nero.

E prima la Val Susa e in mezzo gli ulivi pugliesi. Vado dove mi porta la ragione, dove sento il bisogno di stare, la necessità di dar voce.Continue reading

Frutteti, acqua e veleni nella discarica d’oro del Sud

sbloccaitaliaÈ questa la grande piattaforma di cemento che mangia il mare di Taranto e progredisce verso i frutteti della Piana di Metaponto, è qui che devono trovare ospitalità le migliaia di barili di greggio di Tempa Rossa e il gas (al giorno 230 mila metri cubi). L’Ilva alle spalle, la città alla sinistra e il fumo in cielo. Anche per aiutare questa piattaforma fu ideato lo Sblocca Italia, la legge che definendo di preminente interesse nazionale e strategiche le grandi opere avoca a Roma ogni potere e decisione finale. Nel grado di preminenza non c’è alcun dubbio che l’economia del petrolio abbia avuto la meglio sulla tutela della salute pubblica. Malgrado l’azienda regionale di protezione ambientale avesse fatto conoscere il sicuro aumento del 10-12% delle emissioni nocive in una città già piegata dalle morti per tumore, la Regione Puglia dà il suo parere e ritiene l’opera compatibile con l’ambiente. È il 2011. Quando si deve pronunciare la città di Taranto, e si sa che sarà un no, arriva la norma che tapperà la bocca. Prima della legge giunge però una nomina, da parte dell’Eni. Il nuovo responsabile dei rapporti con gli enti locali si chiama Francesco Manna, avvocato e, guarda un po’, ex capo di gabinetto del presidente della Regione Nichi Vendola. È il 1° settembre 2013. Ed è la prima intersecazione tra politica e affari che il grande fiume nero dalla foce porta verso la sorgente.Continue reading

Corleto, la capitale del Texas tra appalti, assunzioni e parenti

corletoCorleto Perticara non è più un paese ma una fiamma in cielo. Arde di petrolio. Sbuca dalle vigne, dalle pietre della collina, dalle bocche delle stalle, dai suoi fianchi che guardano la valle del Sauro, in Basilicata.

Corleto si sente il centro del mondo, capitale del nuovo Texas italiano. “Non ce ne vogliano gli amici della Val d’Agri, ma il nostro primo punto programmatico è la costruzione di un centro Oli. Teniamo alla nostra identità, alla nostra storia”. Era Rosaria, insegnante per dovere ma politica per piacere, che luccicante di gioia, comiziava e prometteva ai compaesani, che per ben tre volte l’hanno voluta sindaco, il grande sogno. E oggi che si è avverato, che in località Tempa Rossa la Total sta investendo almeno un miliardo di euro per ricavarne, ma siamo alla soglia minima, almeno 50 mila barili al giorno di oro nero, lei, Rosaria Vicino, signora attempata ma ambiziosa, timorata di Dio, incrollabile nella fede, prima democristiana, poi della Margherita e infine del Pd, perché in Lucania lo scudocrociato è lo storico e permanente simbolo della virtù pubblica, è crocifissa dalle sue stesse parole, che messe insieme sembrano un manuale pratico del familismo amorale che Edward Banfield studiò pochi chilometri più a sud, a Chiaromonte.

“LA STIMA con Total resta, però mi dispiace, se dobbiamo stare a guardare noi, state a guardare anche voi”. Rosaria la ragioniera tiene il conto delle assunzioni, e le chiacchiere stanno a zero. A Total interessa perforare, trivellare e fare soldi. Alla sindaca interessa che i suoi amici vengano fatti salire sul carro del vincitore. Non sempre e non tutti. Diciamo quelli della sua parte, gli elettori bisognosi, scambisti elettivi. E forse chiuderà non uno ma tutt’e due i suoi occhietti se la fiamma salirà troppo in alto e gli oli ridiscenderanno nella terra in forma di rigagnoli velenosi. Rosaria non sa, non le interessa, è distratta sulla tutela della salute pubblica, se quelle macchine che scavano e succhiano portino in dono anche malattie, se il cielo si scurisce e l’acqua diventa torbida negli anfratti antistanti il campo base. Anzi, alla Total consiglia caldamente di assumere il figlio di una sua collega, “una persona fastidiosa” che lavora all’azienda sanitaria e “fa continuamente controlli”. “Non mi fare arrabbiare”, dice al top manager. E ci siamo capiti.Continue reading