Luigi De Magistris: “Renzi non lo insulto più. Ma io in piazza non mi so trattenere”

luigi-demagistrisNaturalmente non lo dirò più.

Poteva dire a Renzi, se proprio desiderava, che è tale la disaffezione nei suoi confronti da apparire impaurito, ansioso, in affanno.

Ho solo immaginato di affrontare le conseguenze fisiologiche della paura, ma era un comizio, non pensavo a calibrare. Non lo farò più.

Giuri.

Fino al prossimo comizio. Lo fissiamo alla data della vittoria così tutto sarà perdonato, ah ah… A me piace il teatro, e in qualche modo sono teatrale. Quando misi la bandana mica valutai la forza simbolica di quel gesto. Mi diedero qualcosa di arancione e io me la arrotolai in testa. Questa volta potrà succedere di tutto: che mi tinga i capelli d’azzurro, faccia un tuffo a mare, m’inventi un’altra cosa.

L’autocontrollo è la bussola del governante.

Lei crede che mi smarrisca? In quanto ad autocontrollo gareggio con Giobbe.

Giggino.

A casa mi hanno sempre chiamato Luigi. Da poco Gigi. Giggino è il nome col quale la gente si rivolge a me.

Luigi de Magistris, sindaco di Napoli. Detto anche, nell’ordine: Giggino a manetta, Giggine o’ skipper, Giggino o’ scassatore, Giggino o’flopp, Giggino a’prumessa, Giggino ‘ncoppa a gaffe. Scelga lei.

Giggino e basta.

Ribellista, populista, moralista, manettaro, demagogo, affabulatore.

Intanto e per servirla: quando sono entrato in questo Palazzo la città era coperta dalla merda, ops, scusi, dall’immondizia fino al collo. Napoli era una città vilipesa, deserta, corrotta, manipolata, inguardabile. Un miliardo e mezzo di debiti, con pagamenti ai fornitori senza data certa.

Oggi è oro.

Oggi non sarà oro ma è pulita, piena di turisti, la prima città italiana ad avere una percentuale di visitatori con un tale trend di crescita. Ogni settimana aprono tre B&B, è piena di energie culturali, i musei sono zeppi, i commercianti fanno affari, il lavoro cresce, la metropolitana funziona, e altre due linee saranno completate entro il 2018, i fondi europei in città sono utilizzati al cento per cento, i fornitori li paghiamo a novanta giorni, data certa. Abbiamo praticamente azzerato il disavanzo. E da ultimo: la camorra a palazzo San Giacomo è stata sfrattata. Detto tutto questo, Napoli è una città difficile, e fare il sindaco senza rotolare giù per le scale è un’impresa che può riuscire a pochi.

Sono bello, piaccio alle donne e si vede. L’ha detto lei non Walter Nudo.

Avete aggiunto una malizia che non avevo in mente di offrire. La mia sincerità mi porta a dire esattamente le cose come stanno.

E sente che piace.

Sento che sono popolare e che piaccio.

Lo sente da quegli abbracci, dagli sguardi.

Dagli occhi. Ma questo sentimento di affetto non è un’esclusiva femminile. Mi stimano anche i maschi, è un’empatia.

Eravamo rimasti al carisma.

Carisma. Questa città ha subìto l’offesa leghista, la volgarità della secessione. Ma Napoli sta dando dimostrazione di essere una capitale culturale, ieri ha visto al museo archeologico, il più importante al mondo, quanti ragazzi hanno fatto da tutor? E c’erano pure guaglioni svantaggiati, giovani affidati ai servizi sociali, con problemi enormi. Napoli ha una umanità senza pari, è una città che conosce la sofferenza e ospita tutti. Non c’è razzismo, alterità, esclusione. E mi permetta di dire che Napoli sta divenendo anche una piattaforma di investimenti privati importanti. Sono decine le imprese che prendono atto del cambio: investono per fare profitto certo. Ma danno lavoro.

Napoli è sotto il ricatto del racket, e la camorra sta inselvatichendosi affidando ai ragazzini il colpo in canna. E le strade sono bucate, i bus vecchi, i palazzi cascano, gli ospedali scoppiano.

Con un miliardo e mezzo di debiti provi lei a edificare in cinque anni il paradiso.

Lei disse che la raccolta differenziata sarebbe giunta al 70 per cento. Non arriva al 30 per cento.

Dissi quelle cose perché non conoscevo la condizione delle finanze, della organizzazione degli uffici. Quando sono entrato in municipio la sciagura era totale.

Ha buttato dalla finestra una montagna di assessori. Licenziati su due piedi.

Il cambio c’è stato nei primi due anni. Eravamo tutti nuovi, tutti alle prime armi. Io e loro. Abbiamo dovuto prendere coscienza strada facendo che il cammino andava separato.

Sciogliete le catene. Amatevi non odiatevi. Parla come papa Francesco.

Sulla mia scrivania c’è Che Guevara. Il mio mito è Che Guevara e poi il subcomandante Marcos. Subcomandante: sopra di lui solo il popolo.

Lei spera di vincere.

Al primo turno.

Ma può anche perdere. E non ha un lavoro di riserva.

Mi sono dimesso dalla magistratura e non ho mai pensato a una rete di protezione.

Sarà a spasso.

Aprirò un agriturismo, magari farò l’opinionista, il teatrante o qualcos’altro.

Da: Il Fatto Quotidiano, 15 maggio 2016

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