Stefano Parisi: “Se serve a Milano, faccio pure il Comune della Coca Cola”

stefano-parisiLei si tinge i capelli.

Anche Confalonieri lo ha detto. Non è così, tocchi e dica.

Si candida a Milano ma punta a fare il leader del centrodestra.

Anche altri lo pensano, ma se vinco faccio il sindaco.

Forse perde.

Perdo, perdo, le va bene così?

Perché, se vince?

Sarei sindaco e i milanesi non perdonerebbero una fuga.

Infatti ha più probabilità di perdere: in quel caso lei contro Renzi.

Sciocchezze.

È ricco, è scaltro, è ambizioso, è permaloso.

Non sono permaloso.

Ha il portafoglio gonfio.

In questo momento sono in crisi di liquidità. Tutto ciò che avevo l’ho investito nella mia società.

Quanto le costa la campagna elettorale?

Zero.

Complimenti.

Non avrei potuto fare altrimenti. Mi pago le spese personali, al resto pensano i simpatizzanti, i finanziatori.

E Berlusconi.

Lui poco oramai.

Lei ha stomaco forte. Riesce a digerire anche Salvini.

Le qualità di un moderato sono quelle di sfilare le ragioni che alimentano i radicalismi, trovare le soluzioni alle argomentazioni di Salvini, smontarle, ridurne la portanza.

Il problema per il centrodestra è che gli elettori ci sarebbero pure, ma un partito non esiste.

Non c’è stata un’opposizione liberale a questo governo. Il centrodestra va rivitalizzato, riqualificandolo dal punto di vista morale. Stefano Parisi era socialista, ma Bettino Craxi gli stava sulle scatole. Era molto più a sinistra, molto più libertario, molto più vicino alle masse popolari. La storia ha presto compreso l’errore e ha proposto a Parisi il passaggio di campo. Lui ha accettato: “Il mondo cambia, e col mondo sono cambiato anch’io”.

Con De Michelis ha affinato la politica estera e nel tempo libero ha condiviso la redazione del potente saggio Dove andiamo a ballare questa sera.

Però sono andato una sola volta in discoteca, credo a Londra.Continue reading