Ciriaco De Mita: “La prima volta che lo vidi disse: mio padre è demitiano”

ciriaco-de-mitaFinalmente la smetterete di dire che lui parla veloce e si fa capire e gli altri no. Parlo lento ma mi faccio capire ugualmente”.

Quando Ciriaco De Mita era al potere i gerundi sbucavano da ogni angolo della bocca e le incidentali si ammassavano a forma di pila. Serviva una ruspa per liberare la strada delle sue consonanti.

Qualche anno fa (forse dieci) ero in Toscana e una signora mi ferma e mi dice: quant’era bello quando c’erano persone come lei che usavano un linguaggio complicato.

Contro Renzi ha cambiato tattica e l’ha messo al tappeto. Frasi secche, parole come lame.

Embè, quando si è messo a fare quell’intruglio di mistificazioni.

Ho pietà di te.

Pizzicando qua e là dal passato.

Nel tuo partito parli solo tu, gli altri sono muti recitanti.

Un partito che non esiste. C’è lui e lui solo. Bisognerebbe raccogliere e pubblicare i discorsi che fa in Direzione (che io ascolto e annoto).

Da te non mi aspettavo questa volgarità.

Ha infiltrato nel dibattito insinuazioni cattive, adombrando chissà che. Ha parlato di moralità. Detto proprio da lui che le ha inventate tutte.

Tu non hai il diritto di parlare di moralità della politica.

Ed è vero, è così.

Credo che tu sia irrecuperabile, hai una tale consapevolezza di te che non vedi limiti alla tua arroganza.

Mi aveva detto che avremmo dialogato e avevo ritenuto che volesse costruire. Ma poi quando gli ho sentito dire quelle cose, una mascalzonata…

Renzi è democristiano quanto lei.

Ora che ricordo, la prima volta che l’ho conosciuto mi disse che il suo papà era democristiano, anzi demitiano.Continue reading

ALFABETO – LUIGI ZOJA: “La paura ci salva ma per i politici è solo un mercato”

luigi-zojaC’è il terremoto. Abbiamo paura. Ci sono i migranti. Abbiamo paura. C’è la crisi economica. Abbiamo paura. L’età della paura è la nostra, ci accompagna ogni giorno, e ogni giorno trova nuova linfa, nuove occasioni di sviluppo. Una paura si somma all’altra e all’altra ancora e insieme queste nostre fobie edificano le pareti di una società infragilita che pulsa a volte rabbia e rancore, altre volte appare invece muta e sorda. Luigi Zoja ha indagato a lungo le sorgenti della nostra paranoia con un fortunato saggio edito da Bollati Boringhieri (Paranoia. La follia che fa la storia).

Professore, bisogna provare paura per poter vivere?

Assolutamente sì. È un istinto di repulsione che si oppone, essendo il suo contrario, a quello di attrazione. Eros e Fobos. Se i nostri antenati non si fossero amati noi non ci saremmo mai stati. Ma senza l’istinto di difesa, dettato dalla paura di essere attaccati da altri simili o da animali o soltanto dalla necessità di schivare un pericolo che avrebbe potuto manifestarsi come mortale, neanche saremmo venuti al mondo.

È questa dose eccessiva di terrore che complica notevolmente la nostra esistenza. Sembra che la paura sia stabilmente la nostra compagna di vita.

Qui è lo scarto tra l’istinto naturale e la costruzione di scenari che alimentano questo sentimento.

Come l’ossicitina che si somministra alla partoriente in travaglio, così la paura è indotta, alimentata, sostenuta?

La politica è attivamente alla ricerca di un consenso che molte volte trae origini dalla paura. La paura dell’altro, del migrante, del diverso, del nero, per fare l’esempio più banale e corrente. La paura alimenta emozioni, produce ansie e fa registrare consensi altrimenti rifiutati dalla logica.

L’età della paura si fonda su percezioni alterate.

Ricorda il tempo in cui eravamo circondati da ladri? Furti ovunque, televisioni scatenate, giornalisti a caccia di umani barricati in casa?

Ho l’impressione che questo nostro tempo abbia sempre bisogno di eccessi per sentirsi vitale. E vive sempre sull’orlo dell’abisso, attendendo che l’estremo segno del dolore gli faccia visita.

Le guerre alle porte, la grande tragedia climatica con le ondate migratorie, il terrorismo fanatico, la religione come lama per uccidere. Abbiamo una rassegna di eventi che, sommati, provocano quel tipo di mercato di cui discorrevamo.Continue reading

Sant’Agata di Puglia – Sette piani diventano tre e l’ecomostro resta dov’è

ecomostroSette piani all’apparenza ma tre all’occorrenza! Il più grande processo sull’effetto ottico si è svolto nei mesi scorsi alla Corte d’appello di Bari il cui giudice, stimando e ristimando la base per l’altezza, ha convenuto che un palazzo, originariamente valutato dal suo collega di primo grado di sette piani fosse solo di tre. La sentenza, che assolve la proprietà precedentemente condannata, si fonda sull’esito della perizia di parte che ha ricalcolato, in ragione del pendio dentro il quale è scavato l’immobile, la sua altezza.

La legge del pendio, o la norma sul pendio, sulla parete apparente o in ritiro, è una delle più fortunate esperienze legali di Francesco Paolo Sisto, deputato di Forza Italia ma avvocato di splendida e indubitabile fama a Bari che ha visto assolvere il suo rappresentato.

SIAMO a Sant’Agata di Puglia, paese della Daunia noto per il suo vento e infatti ai suoi fianchi, sorgendo su una collina, centinaia di pale eoliche gli tengono compagnia permettendogli, se solo lo chiedesse, di prendere il volo. Bene. Nel 2002 viene concesso un permesso di costruire lungo il costone che scende a valle. Un massimo di dieci metri e ottanta centimetri di altezza e non più di tre piani di felicità per il costruttore e per chi abiterà quel meraviglioso edificio. Le betoniere vanno un po’ a rilento, il permesso scade (tre anni è il tempo dato dalle leggi) ma soprattutto l’Autorità di Bacino individua nel sito prescelto un’area a pericolosità elevata dal punto di vista idrogeologico. Piogge e poi frane, l’incubo del nostro tempo. Indica l’area rossa, dove le costruzioni devono essere mitigate e soprattutto autorizzate da un permesso speciale. Il vincolo c’è ma chi lo rispetta? Le betoniere, anche se lentamente, fanno il proprio lavoro e il costruttore, giacché si trova, avanza con due distinte Dia il permesso a enfatizzare la sua costruzione. Gli ambientalisti lo chiamano subito “ecomostro”, il giudice di primo grado si limita a ritenerlo un’opera “monumentale”. Gli appartamenti vengono realizzati e anche le altezze si espandono. I piani divengono quattro e poi cinque e poi sei e infine sette.Continue reading