ALFABETO – ANDREA BELLAVITE: “L’astinenza sessuale assoluta è una vetta invalicabile per tutti”

Era il prete del suo paese. Ora è il sindaco. Un don Camillo divenuto Peppone, anzi per chiudere il cerchio della trasgressione il don Peppone di Aiello del Friuli, la punta estrema del ex triangolo del salotto, le industrie del mobile ieri vanto e oggi croci di un territorio divenuto improvvisamente povero.

Andrea Bellavite, transgender del sesto tipo.

Venni qui da parroco nel 2002, stetti cinque anni e conobbi ogni casa. Sono tornato l’anno scorso da candidato, eletto per un soffio.

Teologo, filosofo, giornalista, pacifista, viandante.

Tutte queste cose messe insieme.

Ex prete anzitutto.

Nel 2007 ho rotto col mio mondo. A sorpresa un gruppo di amici e compagni della sinistra goriziana mi offrirono la candidatura a Gorizia. Ero già immerso nella vita pubblica, nell’impegno civile, nella cucitura dei movimenti di sinistra.

Era ancora prete.

Da prete e parroco conducevo questa vita su un doppio binario, timoroso però di lasciare la tonaca. Ero direttore del settimanale diocesano, pieno di impegni e di ansie.

La vita da prete dev’essere terribile. Anche lei ha dovuto fare i conti con la castità, prima ancora che con la politica.

Il frate fa il voto di castità, il prete fa promessa di celibato. Ma non c’è dubbio che il vincolo della assoluta illibatezza sia una montagna difficile da scalare.

A quanto pare i preti del nord-est sono cattivi scalatori.

Beh, i fatti della cronaca più recente danno il segno più di una devianza criminale. Io invece parlo della privazione di un sentimento così naturale, umano. Un atto di permanente contrizione.

Una vita dentro il peccato, all’ombra del peccato.

È vero, un prete tiene dentro di sé questo peso.

Tra colleghi non si discute del tema?

No, assolutamente. Al massimo col confessore o piuttosto con lo psicologo.

C’è il terrore che la gerarchia si vendichi ed espella?

No, la Chiesa è caritatevole anzi di più. Assolve sempre e comprende sempre, beninteso se il peccato non diviene di pubblico dominio.

A lei la relazione con una donna è stata la conferma che la promessa davanti a Cristo era stata mancata.

Vivevo col terrore questa condizione. Alla fine anche prendere il caffè al bar con una ragazza diveniva un elemento di paura: vuoi vedere che mi vedono? Stai a vedere che iniziano a mormorare. E la cosa più ingiusta era la mortificazione permanente della donna.

I paesi sono i luoghi del rancore, la gente mormora…

Eppure sapesse adesso i miei concittadini di Aiello come mi accolgono, quale spirito comunitario si è creato. Sono il loro sindaco e il loro confessore.

Un po’ Peppone e un po’ don Camillo.

La politica mi ha fatto dare uno scatto alla vita. Avevo paura al tempo in cui fui sospeso a divinis (era il 2007) di trovarmi senza lavoro, senza più amici, senza il mondo sul quale da prete avevo puntato: la società del bisogno e gli altri, i migranti per esempio.

Apre il municipio e suona le campane alla domenica?

Questo no, ma la mia identità è complessa e sovrappone le due vite che ho avuto la fortuna di vivere.

È sposato?

Non lo sono mai stato. E adesso sono single.

Il celibato non funziona proprio.

Temo di no, che noi uomini o gran parte di noi non riusciamo a coniugare la fede con questa condizione.

Voi preti, o ex.

Siamo peccatori. Ma ce ne sono tanti che invece immolano con convinzione e fiducia la loro vita alla castità. È un’attitudine, una luce che illumina alcuni e altri no.

Non dice più messa ma ha trovato un altro lavoro e un altro stipendio.

L’indennità di sindaco fa 1.302 euro al mese.

Si campa tirando la cinghia.

Faccio tante altre cose, non posso lamentarmi. E la soddisfazione più grande è che vedo la mia comunità partecipe, vicina.

Hanno mormorato, ma poi hanno capito.

Quando mi hanno chiesto di candidarmi dissi agli amici venuti in delegazione a Gorizia: ma siete proprio sicuri? Accettai perché mi parve un modo utile per mettere in campo le mie idee: apertura agli stranieri, lotta per la pace, multiculturalismo. Mi consigliavano di essere prudente nei comizi, invece io pensai che ci fosse un dovere di onestà e di sincerità. Questo io sono, queste sono le mie idee.

Bene, quanti migranti dunque ha il suo Comune?

Mi vergogno un po’ a dirlo ma ancora nessuno.

Don Peppone, proprio lei fa ostruzione!

Siamo appena entrati nel progetto Sprar. Solo da marzo avremo otto richiedenti asilo.

Da: Il Fatto Quotidiano, 28 gennaio 2017

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