Vincenzo Visco: “Siamo vecchi, ma meglio di questi incompetenti”

vincenzo-viscoE chi se ne fotte se siamo vecchi! Questi giovani dinamici, gioviali e a la page sono degli incompetenti. Non solo non combinano nulla ma fanno disastri”. Vincenzo Visco, 75 anni ottimamente portati anche grazie alla palestra, è un altro dei compagni che hanno salutato Matteo Renzi. Bravo a far di conto (di lui D’Alema disse: “Riempie le casse ma svuota le urne”), meno forte con le relazioni esterne. Ai tempi di Berlusconi fu noto al grande pubblico col nome di Dracula, per l’attenzione, da vero anti-italiano, con cui studiava la dichiarazione dei redditi dei ricchi. Nella new economy renziana è risultato un impolverato e algido professore e quindi è stato messo da parte. Visco si è poi auto-rottamato salutando il Pd.

Azzardi un pronostico per Renzi.

Il Pd ora è al 20% o giù di lì ed è destinato a implodere.

Voi scissionisti invece?

Con Pisapia e le altre isole di sinistra stiamo al 10% e possiamo arrivare al 15%.

Ma sapete di vecchio, di rosso antico.

Ma chi se ne fotte della vecchiaia! Cosa ci posso far io se questi hanno rovinato la sinistra e creato le premesse per l’inizio di una deriva a coloriture fascistoidi dell’Italia.

Il popolo affamato che impaurito e pieno d’ira invoca lo spirito del manganello.

Ci sono due modi per governare: la sinistra mette al centro la società e le dinamiche sociali. La destra l’individuo. Renzi, inconsapevolmente o no (temo più a sua insaputa) ha spostato l’asse della sua politica dalla gestione e dal governo delle dinamiche sociali ai problemi dei singoli, dell’individuo. E il baricentro del Pd è andato a farsi friggere. Le parole d’ordine sono rimaste di sinistra, ma la pratica quotidiana e legislativa è andata a intersecare le grandi aspettative di ceti sociali conservatori e destrorsi.

Si spieghi meglio…

C’è l’impresa, ci sono i lavoratori. Se l’attenzione del governo si sposta dalla condizione del lavoro a quella dell’impresa, immaginando che si debba favorire l’imprenditore e non il lavoratore perché il secondo fatica solo mentre il primo crea lavoro, lo spostamento politico e concettuale è completo. Porti la sinistra verso destra.

Renzi ha portato a destra la sinistra.

L’ha portata al punto che il suo partito, diamogli ancora un altro po’ di tempo, si scomporrà e tutto ritornerà al giusto punto d’origine.

Il Pd morrà?

È stato un matrimonio di convenienza e i rapporti di forza puoi comprimerli quanto vuoi, confonderli quanto vuoi, alla fine riemergono. La sinistra deve fare la sinistra, quelli di centro rifaranno una nuova Margherita.

Quindi voi aspettate sulle rive del fiume di rifare i Democratici di sinistra.

Abbiamo solo il problema di saper rappresentare le istanze della gente che era di sinistra e non sa più a che santo votarsi. I voti ci sono, l’attuale bacino elettorale è al 15%. Il problema è fare da collante a tutte le sigle, i movimenti, le associazioni atomizzate.

Professore, Renzi quando perirà politicamente?

Dopo la sconfitta alle amministrative di giugno si aprirà un grande dibattito nel Pd. Perché Renzi vincerà le primarie ma perderà le amministrative e troverà un partito sfibrato, sfiduciato, che gli scapperà dalle mani. È bastata la nostra uscita per far emergere le divisioni. Se Andrea Orlando si fosse mosso prima, ci avrebbe risparmiato la scissione.

Voi che avete deluso gli italiani pescherete nel grande mare dei nuovi delusi?

L’impegno è evitare la deviazione verso destra, arrestare questa corsa della società della paura sotto i vessilli di chi promette le solite terapie dell’ordine e del mercato. Il mercato è vitale, i socialisti non sono altro che liberisti di sinistra e quindi lo rispettano, ma quando esagera, quando il capitale mangia fette di ricchezza e affama il popolo, il governo deve intervenire e tagliargli le unghie, ridurre la sua invadenza nell’economia, azionare misure che liberino le energie dal basso, censurare, condannare, punire le rendite finanziarie che sono il vero male del nostro tempo. Pochissimi ricchissimi, moltissimi poverissimi.

Ci dirà come fare.

Con la mia associazione, Nens, stiamo approntando un manifesto sulla diseguaglianza.

Il manifesto di Visco?

Beh, con il dovuto rispetto alla storia e di Marx e fatte le dovute riduzioni di scala, anche io con altri tentiamo di dare una risposta ragionata e organica per mutare l’indirizzo dell’economia.

Dovrebbe farlo leggere a Renzi.

Un governo che ha più attenzione per i diritti civili che per quelli sociali non è un governo che rispecchia i valori e le politiche di sinistra.

Non ha nulla contro gli omosessuali, vero?

È stata una bella e giusta cosa fare le unioni civili e tutto il resto. Ma l’omosessuale è anzitutto un cittadino che vive il disagio di tanti. Non è che nelle periferie l’omosessuale non esiste. E quello lì ti ringrazierà per un diritto che accresce la propria identità ma voterà altrove, sarà incazzatissimo.

Voi siete i rottamati: com’è possibile che immaginiate di nuovo una vita in trincea.

E dalli! Ma ha visto il disastro? Anch’io sono stato giovane, ho avuto trent’anni ma ho aspettato altri quindici prima di avere responsabilità di governo. E io, come si dice, arrivavo in politica già “imparato”. Avevo una competenza. Questi hanno avuto la fregola del potere ma si sono rivelati di assoluta inconsistenza.

L’anagrafe ha i suoi obblighi.

Noi lavoriamo per aiutare altri giovani a subentrare. Bersani ha lasciato la leadership a Speranza, un giovanotto. La competenza non si acquista al supermercato. C’è bisogno di studio, fatica, applicazione.

La sua severità è velata di rabbia, vuole vendicare l’onore?

È la realtà che parla. Osservo, vedo quel che accade.

Giuliano Pisapia è il vostro candidato?

Un’ottima persona, ha gestito bene Milano, è figlio di un valoroso giurista, è collegato alla grande borghesia illuminata, quella civica. E poi, con tutta evidenza, è uno di sinistra.

Chiedessero a lei di candidarsi?

Che sciocchezza. Ho fatto sette legislature, e dai!

È in una smagliante forma.

Il pilates mi aiuta molto.

Quante volte?

Due a settimana. La prima seduta la faccio per dovere, la seconda per piacere.

Da: Il Fatto Quotidiano, 20 marzo 2017

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