Guglielmo Epifani: “Il Pd renziano è una casa crollata, forse ne siamo usciti troppo tardi”

gugliemo-epifaniIl Pd resterà il partito della Nazione, i Cinque Stelle saranno il movimento della Nazione. Figurarsi la destra così a suo agio con l’idea di raccogliere di tutto sotto l’egida del nazionalismo. Solo la sinistra nel prossimo Parlamento rischierà di non avere la forza e la voce che la sua storia per tanti anni le ha consegnato”.

E di chi sarà la colpa? Lei, Guglielmo Epifani, è stato segretario del Pd, Pierluigi Bersani pure, Massimo D’Alema ha guidato i Ds, l’ex socio di maggioranza. Il vostro addio quasi scivola via nel silenzio. Temo che gli elettori di sinistra si sono accorti prima di voi che quel partito stava prendendo una brutta strada.

Forse abbiamo ritardato la decisione. Ma chi ha avuto una responsabilità così grande ha anche una difficoltà grandissima a giungere alla soluzione senz’appello. Il tempo è passato e non ricordiamo oggi quel che costò non votare – per esempio – la fiducia sulla legge elettorale.

Ma un leader se è tale indica agli altri la via, non se la fa indicare, ascolta gli umori della società per tempo, non si stupisce d’un botto del disastro.

Lei non si accorge di un’altra grande difficoltà: il serbatoio della sinistra non ha più benzina anche perché quelli che un tempo sollecitavano un pensiero, stimolavano il partito, non ci sono più. Gli intellettuali sembrano spariti. La classe operaia sta cambiando volto, la borghesia sta scomparendo. Come sparite sono le riviste, spariti i luoghi associativi. Esistono voci che non hanno però la forza di quelle di un tempo.

Ora c’è il mondo che si ritrova in internet che dovrebbe fare quel lavoro.

La rete non costruisce comunità. Semplicemente collega singoli. Singoli che parlano con altri singoli ma, a dispetto del nome della struttura che li contiene, non producono una rete, una dimensione collettiva di pensiero. Si va al computer ma non si ascolta e spesso nemmeno si parla. È venuta a cadere anche l’abitudine alla riflessione più approfondita, persa la fatica di leggere e imparare. Si svolazza di qua e di là. Un commentino, un altro… un emoticon.

La sinistra non ha più birra in corpo. Ed è depressa.Continue reading

Gianni Cuperlo: “L’èra del fiorentino è finita, ma anch’io sono all’ultimo giro”

gianni-cuperloQuando ho udito quella parola mi sono detto: ma io che ci faccio qui?

Gianni Cuperlo era in tv a spiegare che – a suo giudizio – il ministro Luca Lotti avrebbe fatto bene a fare un passo indietro quando Alessandro Sallusti, il direttore del Giornale (proprio lui!) l’ha accusato di sciacallaggio.

Una ferita enorme, un senso di straniamento.

Il mondo alla rovescia. L’accusa arriva dal direttore del quotidiano berlusconiano, seguita a ruota dalle parole di Emanuele Fiano, suo compagno di partito.

Fiano ha fatto un post di scuse e precisazioni.

Il punto qui mi sembra un altro: la sua posizione appare così eccentrica rispetto alla linea generale che un giudizio, grave ma misurato, viene sfregiato da una offesa.

Ho condotto tutte le battaglie, magari alcune le avrò sbagliate, ma non ho mai consumato parole che non sentissi adeguate, senza nessuna voglia di essere ridondante, di esorbitare dal contesto e appunto dalla misura. Avrò ecceduto comunque? Quel che vedo invece è il senso di umiliazione che questa e altre vicende hanno fatto vivere a tanti compagni. Non soltanto coloro che sono andati via, ma a quelli che ci hanno abbandonato, o che noi abbiamo lasciato per strada, durante questa marcia dissennata verso lo smantellamento di ogni connessione sentimentale con il nostro popolo, con l’ambiente che in noi vedeva l’avvenire, il nuovo, la possibilità di un riscatto. Io è a questo che voglio reagire.

In 3 anni Matteo Renzi ha consumato ogni dote?

Ma all’inizio la speranza accesa era fortissima, e non ho mai nascosto che il suo cambio di passo ci abbia condotto a quel risultato strabiliante del 40 per cento alle Europee. E quella parola, rottamazione, che io stenterei a usare anche se dovessi parlare della mia automobile ha avuto il suono di un ultimo avviso, un po’ simile al comizio che Nanni Moretti tenne 15 anni prima. Quell’invettiva dal grande spessore etico con cui il regista sferzò la sinistra, la costrinse a pensare anche se non riuscì a correggerla.Continue reading

Elena Puccini: “Mani Pulite è stata inutile, oggi il potere politico è ancor più vorace e disinibito”

elena-pucciniStudiosa dell’antropologia politica e delle dinamiche sociali del potere, Elena Pulcini ha in dote il destino di vivere a Firenze. “La Toscana è più provinciale di quel che ci si aspetterebbe e incistata di un clientelismo reticolare”.

La vicenda del babbo Renzi e di amici, figlioli e padri che scambiano poltrone e posizioni è il ritratto familiare, sembra quasi l’Italietta degli anni Settanta. Per un verso mi fa ricordare Amici miei.

E anche nel film la Toscana aveva una parte. Io però vedo un passaggio in più, un limite che la politica ha ormai oltrepassato, e qui non sto giudicando la vicenda Renzi che non conosco ma un contesto pulviscolare, questa nebbiolina fitta di malaffare.

Il limite superato, diceva.

Ecco: il pudore, la vergogna. Non è bastata Mani Pulite, non sono bastati gli arresti, non è bastata alcuna misura per rinunciare all’idea che il potere tutto può. E se ieri si nascondeva, si imbarazzava, gridava bugiardamente al complotto, oggi non porta nemmeno la pena di coprire la malefatta. È un potere disinibito e vorace, persino ingenuo nella propria dimensione. E lega familisticamente il destino.

Il legislatore ha prodotto un nuovo reato per allinearsi al nuovo mondo: traffico di influenze.

Due parole illuminanti. L’influenza, che in sé non ha alcun giudizio negativo, in questo contesto è l’arma dispiegata dal potere perché in ragione della propria forza possa acquisirne di altro, in territori non suoi ma contigui. Il potere è per definizione influente. E poi la parola traffico: si usa per la droga, per la mafia. Associato a influenza fa pensare a questo andirivieni di favori e richieste, azioni e dazioni. Siamo lontani anni luce all’Italietta, al neorealismo cinematografico.

È un potere insieme nazionale e territoriale. La vigilessa che viene portata a Palazzo Chigi, l’avvocatessa condotta a riformare la Costituzione, l’amico che si dà da fare, così sembrerebbe, per conquistare l’appalto. Si è detto di Renzi: veloce, furbo, scaltro. Eppure…

Se ti fai trascinare da altri sentimenti, tipo l’avidità, ne rimani soggiogato. Parlo naturalmente in generale: ma ciò che più mi colpisce, penso all’inchiesta sui consiglieri regionali del Lazio, o a Mafia Capitale, è la assoluta assenza di pudore. Così il potente sviluppa l’idea che si possa vivere in modo incivile, si possa avere atteggiamenti che un minimo senso del limite si riterrebbero pregiudizievoli. L’ostentazione assorbe la furbizia, la devianza prevarica sulla misura. Com’è possibile che chi gode di privilegi già piuttosto ampi, possiede belle case, conduce una vita senza preoccupazioni ed esercita il potere non si preoccupi di comprendere perché il proprio status, già così diverso dalla condizione generale, non lo soddisfi.

Forse perché il potere non basta mai, non è una misura assoluta.

Ma la deturpazione civile è terribile! Quale fiducia puoi più avere nei partiti, con quale animo ti disponi all’impegno nella gestione della cosa pubblica? Quale interesse e passione conduci in cabina elettorale?

Lei che dice?

Io dico che non voterò. Non ci riesco proprio in queste condizioni.

Da: Il Fatto Quotidiano, 4 marzo 2017

Antonio Pizzinato: “Miei cari Max e Bersani, è tardi per uscire dal Pd”

antonio-pizzinatoEra il primo della fila ora – disciplinato – accetta di stare in coda. È stato segretario generale della Cgil, ora è membro del direttivo del suo circolo. Ha avuto potere, oggi è un felice nullatenente. Chi è abituato a immaginare la politica solo come comando vada a lezione da Antonio Pizzinato. Ottantacinque anni tra qualche mese. È stato garzone, poi operaio, quindi sindacalista. È stato segretario generale della Cgil, poi deputato e senatore. Oggi militante semplice.

Pizzinato, vogliamo ricordare quando la indicarono come successore di Luciano Lama?

Era il 1986. Ringraziai i compagni ma chiesi comprensione. Non ero preparato a quell’incarico e lo dissi: mi serve un po’ di tempo per formarmi meglio. Sa, un salto di quel genere. I compagni rifiutarono. Mi dissero che avrei dovuto accettare senza se e senza ma. E così feci.

A rileggere ora le sue preoccupazioni viene da sorridere.

E perché mai? Quel che manca alla sinistra è l’umiltà e la concretezza. Il potere per il comando è una traiettoria di vita che non ci appartiene. Anche per questo ho rifiutato di iscrivermi nel Pd. Non mi convinceva. Ho preso la tessera della Sinistra italiana.

Ma umiltà può anche significare modestia, assenza di talento.

Per fare politica ci vuole passione e poi talento. Se il talento manca nelle dosi giuste bisogna ricorrere a un impegno meticoloso. Bisogna prepararsi, leggere e studiare.

Quando era operaio della Borletti condusse una battaglia, che vinse, per la scuola serale.

Così si cambia la società. Noi volevamo imparare, eravamo a corto di studi e volevamo sopperire. Perciò facemmo una battaglia perché le aziende agevolassero il nostro compito e ottenemmo una piccola ma decisiva riduzione dell’orario di lavoro e il finanziamento dei corsi.

Oggi sarebbe incredibile, forse impossibile.

Partiamo dalla realtà, vediamo cosa dice alla sinistra questo dato. Solo nella mia Lombardia ci sono 343 sezioni aperte e attive dell’Anpi. E il 40 per cento degli iscritti ha un’età inferiore ai cinquant’anni. Non essendo un’associazione di reduci in procinto di essere tumulati, chiedo: esiste un altro partito o movimento che possa eguagliare queste cifre? E qual è il motivo di questo entusiasmo verso i partigiani? Rispondo: è la Costituzione. Hanno combattuto per dare all’Italia una carta di diritti che sollevasse l’ultimo dalla sua condizione. La stella polare è l’articolo 3: “…è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale e via dicendo…”.

Bastava che la sinistra la tenesse a mente.

Esatto. Prendere alla lettera il dettato costituzionale significa fare una rivoluzione nel costume, nei rapporti di forza sociali. Rimuovere gli ostacoli è un obiettivo tecnicamente rivoluzionario. Invece questi pensano solo a raggiungere il comando nel più breve tempo possibile.

Non apprezza la scelta di Bersani e D’Alema di lasciare il Pd?Continue reading