La grande purga: prefetto e prete, nessuno resiste all’ira dei Boschi

PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE

Il Questore, il Prefetto, il comandante dei Carabinieri e perfino il parroco. Tutti mandati via nella stessa coincidenza astrale che non cade quando Gelli va a raggiungere il suo Oriente Eterno piuttosto subito dopo quello schiavardar d’insegne. Frana Etruria e i correntisti, risucchiati nella voragine dei buchi di bilancio, s’adunano nei pullman alla volta di Laterina, la frazione aretina dove abita, opera e fa presepe la famiglia Boschi. Eccoli: Maria Elena, a suo tempo ministro delle Riforme, poi Pier Luigi, papà e membro del Cda di Etruria nominato 75 giorni dopo la nomina della figlia nel governo di Matteo Renzi, e poi ancora Pier Francesco, fratello, già arruolato nell’istituto di credito. Succede che alla protesta delle “vittime del salva banche”, il 28 febbraio 2016, un autobus con a bordo i manifestanti va a fermarsi sotto casa Boschi e l’autista, senza avere consapevolezza, lì si ferma e fa scendere i passeggeri. Sono attrezzati tutti di cartelli, megafoni e fischietti e tutto capita mentre la Boschi madre, ovvero la signora Stefania Agresti – è l’elemento alpha di cotanta schiatta –torna dalla spesa con tanto di sporte in mano. Quel che vede è insopportabile. Con un’occhiataccia gela l’agente di guardia fermo sul marciapiede, quindi prende per l’uscio e chiama al telefono la figlia: “A momenti ci entrano in casa”. La povera ragazza, nel suo ufficio a Largo Chigi, a Roma, raccoglie lo sfogo della mamma e – ben caricata – attraversa la piazza, sale a Palazzo, spalanca la porta della stanza e sibila a Matteo Renzi, il premier: “Ci stanno entrando in casa”. Cala il silenzio, Matteo –in camicia –fa come per indossare il giubbino di Fonzie, e cioè riprende le carte su cui sta lavorando e la liquida: “Sei ministro, sì?; chiamati Angelino Alfano e discuti con lui la questione”. La porta si chiude: il ministro delle Riforme alza il telefono e se la vede con Alfano. La telefonata annuncia il carosello. Il prefetto, il questore, il comandante dei Carabinieri, il parroco all’inizio dell’autunno del 2016 – uno dietro l’altro – lasciano la città.

Da: Il Fatto Quotidiano, 28 dicembre 2017

Share Button