Mister autostrada, Carlo Toto: “Sogno il tunnel Roma-Pescara: 6 miliardi e offro tutto io”

PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE inviati a Pescara

Carlo Toto è il talpone scavatore d’Italia. Si dice che sia in possesso dell’unica perforatrice in grado di inghiottire la roccia come si fa con un bignè al mattino al bar. Piantato come una quercia contadina, è la sentinella d’Abruzzo: chi vuole andarci per terra deve passare da lui e pagare. Ha infatti in concessione l’autostrada dei Parchi ed è appaltatore (Toto Costruzioni) di grandi opere. Era anche aviatore fino a quando la sua AirOne non è stata ceduta ad Alitalia.

Per venire da lei qui a Chieti abbiamo dovuto pagare 21,70 euro di pedaggio. Per tornare a Roma altrettanti ce ne vorranno. Aumento delle tariffe del 12,89 per cento. Lei è esoso come nessuno.

Faccio la figura del cattivo, di chi non si sazia mai. Devo ringraziare il governo per questo bel regalo. Io ho vinto una concessione, nella quale c’era scritto cosa avrei fatto io e cosa lo Stato. Nero su bianco l’aumento annuale previsto. Invece sa che è successo? Che per tre anni il contratto non è stato rispettato. Sono dovuto andare dal giudice per avere ragione. E ora tutti vengono a chiedere conto a me?

Lei pensa che non sia il minimo chiedere conto di questo eccesso?

Per ogni 10 euro che l’autostrada incassa come pedaggio, più di 5 vanno allo Stato, meno di 5 a me. Ma io devo far fronte con quella cifra a tutti gli investimenti.

Lei non si sazia mai. Ha avuto l’autostrada…

Mica l’ho avuta gratis. Ho vinto una gara pubblica, scusi se è poco.

Ora gli aumenti e domani vorrebbe bucare l’Abruzzo: un grande tunnel da Roma a Pescara.

Ventisei chilometri di gallerie e 6 miliardi di euro di investimento. Ha dimenticato di dire che i soldi li metto io.

Il corrispettivo è allungare la concessione fino ai suoi nipoti. Toto per sempre.

Guardi che quest’autostrada se ne cade a pezzi, col terremoto i ponti sono tutti infragiliti come fuscelli al vento, il cemento è farina, il ferro è ruggine. Lo sa il governo, lo sa il ministro Delrio.

Che finora le ha detto no.

Gli abbiamo portato il piano, è sbiancato, ha spiegato che lui preferisce l’ipotesi minimalista. Riparare quel po’che si può. Ma il cemento nuovo sul cemento vecchio è come saliva sulla ferita. Pulisce ma non disinfetta. Fra dieci anni staremo di nuovo a rattoppare. Piloni tarlati e soldi sprecati.

Delrio non le farà bucare l’Abruzzo e lei è incavolato nero.

Il progetto è qua, è stupendo. Accorciare di un’ora la distanza tra Pescara e Roma significa dare nuova vita a tutta la Regione.

Non si capisce mai bene chi decida in Abruzzo: se gli abruzzesi oppure Toto.

Non ho nessun timore di dire che ho un ottimo rapporto col presidente D’Alfonso.

Voi due, culo e camicia.

Siamo amici, ci frequentiamo e ci stimiamo.

Lo sovvenziona?

Tangenti mai a nessuno. Per due anni abbiamo dato un contributo a tutti i partiti, poi abbiamo smesso perché un atto di generosità certificata e pubblica ci faceva passare per finanziatori ora di questo ora di quello. Ho detto basta.

Come mai non ha pensato di comprare un giornale? Uno come lei senza un foglio sul quale indicare i buoni e i cattivi?

Stavo per acquistare il Centro, quando l’Espresso l’ha messo in vendita. Mi era venuta voglia, poi per fortuna ho desistito.

Lei ha gli amici che contano e dei giornali se ne fotte.

Ho capito che è faticoso farti capire. Dire il proprio pensiero quando nessuno ti ascolta non è un felice passatempo, ma un promemoria con se stessi.

La politica s’è messa in mezzo.

La politica fa la politica, ma il lavoro è il lavoro.

La politica chiede un aiutino: quattrini oppure, in genere, la sistemazione di un bisognoso.

Un raccomandato che non sa fare nulla posso tenerlo un anno in azienda, non di più.

Ha rifilato ad Alitalia la sua AirOne. Che felicità!

Il bidone l’hanno fatto a me. AirOne era un gioiello e se avessi dato retta agli americani l’avrei venduta a loro. Invece ci ho pure perso.

L’hanno fregata?

Mi hanno preso al laccio come un bambino. Il cattivo, facciamo conto, è sempre Giovanni.

Bazoli.

Vero, Bazoli si chiama Giovanni.

Da: Il Fatto Quotidiano, 25 gennaio 2018   

Share Button