Giuliano Milia, l’avvocato folgorato sulla via del mattone

PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE inviati a Pescara

Dietro l’acqua, sopra l’acqua, sotto l’acqua. Il mare di Pescara è di cemento. È piattaforma di costruzioni, luogo di negoziazioni, ampliamenti e riconversioni. È il centro di gravità permanente degli interessi dei maggiorenti. Uno tra tutti: Giuliano Milia.

AVVOCATO, anzi principe del foro di Pescara, legale di altissime doti tecniche, ha un amore inconfessabile per il mattone. Nove società familiari, scrive la Squadra mobile in un rapporto, e il meglio delle relazioni. Fortunatissimo perché tra le altre cose, Pescara ha un valore aggiunto giudiziario di tutto rispetto. Chi la guida, anzi la domina, cioè Luciano D’Alfonso, è quasi annegato nelle carte processuali, e i suoi processi, 25 capi d’imputazione azzerati grazie alla scienza di Milia, il suo avvocato, li porta in processione come se fossero santini: “Oramai ho l’immunità giudiziaria”. E l’avvocato nel tempo libero si dà da fare. L’Ikea ha costruito su suoi terreni, ottimo affare. E c’era la sua penna, il suo fiuto, nel centro commerciale Megalò 3, e sempre lui, cioè la sua famiglia, nel più grande progetto di risistemazione del waterfront. Area esondabile e rischiosa, dice la legge. Invece no. Cavillo dopo cavillo, il parco pubblico immaginato nell’area dismessa ex Edison diviene luogo d’alberghi, poi di uffici, infine – forse – di case. Deroga su deroga su deroga. E sempre in nome del diritto. L’avvocato Milia è quello del comma 271, un emendamento approntato dal Parlamento che, casualmente, sottrae alla pianificazione urbanistica di Pescara quell’area. Corsi, ricorsi. Tar, Consiglio di Stato.

DOVE C’È MILIA o c’è un uomo inguaiato, un perseguitato dalla giustizia a cui preme la salvezza dell’anima, oppure un buon affare. E Milia difende i potenti, ora il sindaco di Pescara, quando D’Alfonso lo era, ora quello di Chieti, ora il capostipite della più grande industria, naturalmente di costruzioni, che abbia l’Abruzzo, quella di Carlo Toto.

Pescara è città carnivora e gaudente: con i soldi ci va a letto tanto da essere stata segnalata qualche anno fa come la regina degli assegni a vuoto. Esibizionista, vitale, ottimista, anche fanfarona, capricciosa, furbetta, pasticciona. Un’atea devota. Ex grande contea del Pd, oggi ammaccata dalla resurrezione berlusconiana e della forza propulsiva grillina, propone a Matteo Renzi la candidatura del suo nobile padre D’Alfonso. Candidatura che ha una condizione e un limite, come il governatore ha specificato con gli amici: “Vado a Roma solo se mi fanno fare il ministro o il vice”. D’Alfonso, il vice unto del Signore.

Da: Il Fatto Quotidiano, 25 gennaio 2018    

Mister autostrada, Carlo Toto: “Sogno il tunnel Roma-Pescara: 6 miliardi e offro tutto io”

PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE inviati a Pescara

Carlo Toto è il talpone scavatore d’Italia. Si dice che sia in possesso dell’unica perforatrice in grado di inghiottire la roccia come si fa con un bignè al mattino al bar. Piantato come una quercia contadina, è la sentinella d’Abruzzo: chi vuole andarci per terra deve passare da lui e pagare. Ha infatti in concessione l’autostrada dei Parchi ed è appaltatore (Toto Costruzioni) di grandi opere. Era anche aviatore fino a quando la sua AirOne non è stata ceduta ad Alitalia.

Per venire da lei qui a Chieti abbiamo dovuto pagare 21,70 euro di pedaggio. Per tornare a Roma altrettanti ce ne vorranno. Aumento delle tariffe del 12,89 per cento. Lei è esoso come nessuno.

Faccio la figura del cattivo, di chi non si sazia mai. Devo ringraziare il governo per questo bel regalo. Io ho vinto una concessione, nella quale c’era scritto cosa avrei fatto io e cosa lo Stato. Nero su bianco l’aumento annuale previsto. Invece sa che è successo? Che per tre anni il contratto non è stato rispettato. Sono dovuto andare dal giudice per avere ragione. E ora tutti vengono a chiedere conto a me?

Lei pensa che non sia il minimo chiedere conto di questo eccesso?

Per ogni 10 euro che l’autostrada incassa come pedaggio, più di 5 vanno allo Stato, meno di 5 a me. Ma io devo far fronte con quella cifra a tutti gli investimenti.

Lei non si sazia mai. Ha avuto l’autostrada…

Mica l’ho avuta gratis. Ho vinto una gara pubblica, scusi se è poco.Continue reading

Pescara da bere, tra minigonne e disoccupazione al 18 per cento

PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE inviati a Pescara

Non riescono a stare in casa d’estate, i pescaresi. “E non riescono a uscire in inverno”, racconta Veronica Gaspari, splendida e spiritosa. Lavora al caffè di piazza Muzii, Veronica, e giusto da oggi – come ogni giovedì – sfodera la minigonna che le fa da uniforme fino alla notte di domenica quando alla restante parte di settimana faranno seguito i pantaloni.

Come lei, tutte. E tutte belle, tutte come lei che sta giusta, che comanda e che – sentenzia Giuditta De Angelis, volitiva dj – “fa morale e classifica”.

Ecco Pescara che all’ora dell’aperitivo sembra ben più che vestita a festa, pronta per un party esclusivo tanto è così da bere, da conversazione e da dolce vita. “Tutto è accessibile a tutti: droga, cene e notti, con le persone che girano…”, scherza Andrea cui piace seminare zizzania, ma giusto per quel minimo di carattere con cui la città si rende Bengodi per attrarre tutti.

Pochi, a Pescara, sono di Pescara. Elena Vita, avvocato civilista, per fare un esempio, con Amalia Schiazza e Silvana Silvano – sue colleghe, attive al Tribunale di Chieti, tutte e tre belle, brave ed elegantissime – ecco: non lo sono.

E così Cosimo e ancora un altro Cosimo, rispettivamente dj e agente assicurativo: sono pugliesi, residenti ormai nella città dove restano tutti. Come Olga che insegna a tutti la giusta pronuncia dei venerati nomi della letteratura: Bulgakov, Tolstoj e Dostoevskij. È russa. Arrivata a Pescara, Olga è rimasta.

“Tutti i calciatori, gli atleti e i professionisti che capitano a Pescara”, dice Elena, “prendono poi residenza”. E restano. Chissà se David Parenzo, ormai di casa a Pescara, ci resterà.

Solo Giuditta, nella comitiva, è pescarese. Giuditta ha memoria di un’altra Pescara: “Ci fu una rassegna di arte contemporanea, Fuori uso; per la prima volta, ex fabbriche ed ex colonie divennero spazi espositivi”. Lesta di giudizi, Giuditta sentenzia: “Adesso non c’è nulla, vita culturale, zero”. Elena, Amalia e Silvana ridono. Giuditta, con loro: “A me la gente nuova mi cambia”. Ma al modo crudele delle donne quando se ne stanno tra loro, le ragazze ridono: “Siamo sempre gli stessi, qui; ecco il guaio”.

 

Da: Il Fatto Quotidiano, 25 gennaio 2018  

PESCARA – Miami sull’Adriatico. Godere con D’Annunzio su un mare di cemento

PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE inviati a Pescara

La vorace Pescara si chiama Pescara e non Castellammare Adriatico – il comune più grosso con cui nel 1926 fa un’unica cittadina – per Gabriele d’Annunzio, il poeta. Il nuovo centro doveva chiamarsi Aterno ma per la santa pace del Capo del Governo, incalzato dal Vate, succede che il piccolo s’ingoia il grande.

A sorvolarla, come a bordo dell’idrovolante Alcyone, ecco il brulicare di un unico sfogo: Pescara è un magnete a forma di triangolo – visto dall’alto – con una rientranza che fa poi da aggancio e trascina a sé Montesilvano, Silvi Marina, Città Sant’Angelo, Spoltore, San Giovanni Teatino, Francavilla e pure Chieti. Senza dimenticare i 60 mila sfollati del terremoto arrivati dall’entroterra. Numeri che danno la somma al totale.

SONO OTTO COMUNI di ben tre province (Chieti, Pescara e Teramo), chiamati ad adunarsi ai margini di piazza Salotto, lo slargo elegante dove Ettore Spalletti, scultore tra i più acclamati, si gode la visione della festa di laurea di un giovane zingaro giunto al rinfresco in groppa al suo cavallo bardato di tutto punto.

Pescara è ’nu film. Ricorda Maurizio Ballone, avvocato. Continue reading