Pescara da bere, tra minigonne e disoccupazione al 18 per cento

PIETRANGELO BUTTAFUOCO E ANTONELLO CAPORALE inviati a Pescara

Non riescono a stare in casa d’estate, i pescaresi. “E non riescono a uscire in inverno”, racconta Veronica Gaspari, splendida e spiritosa. Lavora al caffè di piazza Muzii, Veronica, e giusto da oggi – come ogni giovedì – sfodera la minigonna che le fa da uniforme fino alla notte di domenica quando alla restante parte di settimana faranno seguito i pantaloni.

Come lei, tutte. E tutte belle, tutte come lei che sta giusta, che comanda e che – sentenzia Giuditta De Angelis, volitiva dj – “fa morale e classifica”.

Ecco Pescara che all’ora dell’aperitivo sembra ben più che vestita a festa, pronta per un party esclusivo tanto è così da bere, da conversazione e da dolce vita. “Tutto è accessibile a tutti: droga, cene e notti, con le persone che girano…”, scherza Andrea cui piace seminare zizzania, ma giusto per quel minimo di carattere con cui la città si rende Bengodi per attrarre tutti.

Pochi, a Pescara, sono di Pescara. Elena Vita, avvocato civilista, per fare un esempio, con Amalia Schiazza e Silvana Silvano – sue colleghe, attive al Tribunale di Chieti, tutte e tre belle, brave ed elegantissime – ecco: non lo sono.

E così Cosimo e ancora un altro Cosimo, rispettivamente dj e agente assicurativo: sono pugliesi, residenti ormai nella città dove restano tutti. Come Olga che insegna a tutti la giusta pronuncia dei venerati nomi della letteratura: Bulgakov, Tolstoj e Dostoevskij. È russa. Arrivata a Pescara, Olga è rimasta.

“Tutti i calciatori, gli atleti e i professionisti che capitano a Pescara”, dice Elena, “prendono poi residenza”. E restano. Chissà se David Parenzo, ormai di casa a Pescara, ci resterà.

Solo Giuditta, nella comitiva, è pescarese. Giuditta ha memoria di un’altra Pescara: “Ci fu una rassegna di arte contemporanea, Fuori uso; per la prima volta, ex fabbriche ed ex colonie divennero spazi espositivi”. Lesta di giudizi, Giuditta sentenzia: “Adesso non c’è nulla, vita culturale, zero”. Elena, Amalia e Silvana ridono. Giuditta, con loro: “A me la gente nuova mi cambia”. Ma al modo crudele delle donne quando se ne stanno tra loro, le ragazze ridono: “Siamo sempre gli stessi, qui; ecco il guaio”.

 

Da: Il Fatto Quotidiano, 25 gennaio 2018  

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