Sesso, soldi e sangue. Delle tre esse che i maestri di giornalismo del Novecento indicavano come fattore propulsivo per ogni avventura editoriale, almeno due –sesso e soldi– sono le questioni che tengono inchiodata la Chiesa alla sua coscienza periclitante, alla verità ufficiale esausta e precaria, alla miseria di parte del suo clero, ai veleni dei suoi corvi.
Vito Mancuso è il teologo italiano che con più nettezza e severità osserva e indaga la realtà cattolica.
La salvezza della Chiesa passa dalle donne, dalla energia che esse custodiscono e non sono messe in condizione di liberare, e dall’abolizione del voto di castità, che oramai è insostenibile. Si pensava che Papa Francesco potesse salvare la Chiesa. Era attesa la palingenesi e grande fu l’ammirazione per il sovvertimento anche simbolico: anzitutto la scelta di chiamarsi Francesco, il rifiuto di indossare i paramenti papali, di dormire nel vistoso appartamento a lui destinato, di viaggiare nelle berline da capo di Stato. L’attesa si è gonfiata di speranza, la speranza è stavita poi dalla suggestione. Infine, il principio di realtà è prevalso.
Abbiamo lasciato Ratzinger con i corvi che volteggiavano, troviamo Bergoglio avvelenato dalle accuse di monsignor Viganò. Uno scandalo eterno.
Eravamo abituati a un Papa che non aveva necessità di precisazioni, mezze ammissioni e mezze marce indietro. Ora, 5 anni dopo, l’effetto rinculo. Francesco non mostra più di avere la forza di liberare la Chiesa dal suo male: una gerarchia egocentrica e dalla potenza straripante, un clero che sta seppellendo la sua missione tra mille porcherie.
Il Papa non piace più?
Si fa incerta la sua voce, gli anni passano e anche il suo volto è meno luminoso. La missione resta quella, il cammino perde attrito.
Anche Francesco cadrà?
La Curia non dimentica che questo Papa ha esercitato il suo magistero attaccando il clericalismo. Dovessi scommettere, direi che sì: un anti Francesco è prevedibile nel prossimo futuro.
Anche la sua figura resterà irretita da questo clima così scuro, così infido?
Non uno, non due, non tre casi. Ma in centinaia, anzi in migliaia si contano gli abusi ai danni dei minori. A questo quadro fatto di perversioni si aggiunge una realtà non meno terribile e conosciuta: quanti preti hanno amanti stabili? Quanti poi lasciano il sacerdozio per una vita di coppia? Quanti, dunque, vivono nel peccato?
Il voto di castità è perciò insostenibile.
È il principio di realtà che impone alla Chiesa di vivere il nuovo tempo decretando la rottura.
Forse inquieta il timore di un nuovo scisma.
Nel 1965, quando si annunciò il principio della libertà religiosa, la Chiesa subì l’abbandono dei lefebvriani. Ma se ci si incammina insieme, coinvolgendo il popolo della Chiesa, il prezzo sarà meno salato della stasi attuale.
Chiesa senza popolo.
In Occidente oramai è così. Nella mia Bologna ci ritroviamo in messa in 25 alla domenica dentro mura maestose. Io chiedo: e tra dieci anni chi ci metterà più piede? La fede si trasmette soprattutto in famiglia. Ma le nuove famiglie non conoscono la Chiesa, non la riconoscono più.
Il vescovo di Philadelphia ha chiesto di non fare il Sinodo sui giovani.
Cosa diciamo loro? Non siamo più credibili. La Chiesa è come uno yogurt scaduto. È fuori dal tempo. Ricordo le straordinarie parole del cardinal Martini: la Chiesa è indietro almeno di duecento anni. Era la verità. Resta la verità.
Con un problema in più: nemmeno il Papa che si chiama Francesco, che rifiuta ogni privilegio, che parla al popolo, riesce a non farsi sporcare dallo scandalo. Ricorda la fase declinante di Ratzinger?
Quello era un papato aristocratico. Benedetto XVI non cercava l’applauso popolare, non se ne curava, non gli interessava proprio. E quando capì di non avere le forze per proseguire lasciò. Francesco invece è stato chiamato a dire la verità, anche la più cruda seguendo l’insegnamento di Gesù. Egli non vide la folla attorno a sé piano piano assottigliarsi man mano che le sue parole si facevano più dure? Non chiese ai suoi apostoli: anche voi volete andare? E Pietro rispose: Signore, da chi andremo?
Sembra che la verità invece si allontani dal cammino di Francesco, si faccia addirittura ostile.
Diciamocelo, perché il peccato più grande è l’ipocrisia. Le porcherie nel ventre malato della Chiesa le conoscevano tutti. Così vasta e cronicizzata la malattia che nessuno può chiamarsi fuori. Le cose cattive vengono sempre a galla, e a farne le spese sono i tanti parroci bravi, operosi, impegnati a trasmettere la fede e a svelare il mistero di Dio. Perché la Chiesa ha la missione della preghiera, della riflessione, di avanzare nel mistero.
da: Il Fatto Quotidiano, 4 settembre 2018