Enormi afflizioni si leggono per la nomina di Dino Giarrusso, giornalista, ex Iena, a un improbabile comitato di controllo dei taroccamenti dei concorsi universitari. Se c’è un fatto acclarato, documentato e definitivo è che all’università il concorso misura la conoscenza col Prof, il sapere viene declinato nella relazione, buona o cattiva, che il Prof custodisce con gli altri membri della commissione esaminatrice, e il talento, in definitiva, resta un optional. Decine e decine di inchieste e anche di arresti, l’indicazione di baroni e baronie non hanno intaccato di un millimetro il principio di realtà. Come era, è. Un’offesa incalcolabile alla giustizia e al principio di uguaglianza di fronte alla quale nulla è stato fatto. Nulla. Semplicemente perché nulla sembrerebbe possibile fare.
Ora io chiedo: è scandalosa la nomina a uno scranno che non esiste, per un incarico che non esiste, come pure il proponente, il sottosegretario dell’Istruzione, ha dovuto ammettere quando ha illustrato il senso del mandato? Giarrusso, credo, leggerà gli esposti che ritraggono situazioni truffaldine e che arrivano copiosi agli uffici ministeriali. Dopo di che? Li manderà in Procura credo.Ma non è Giarrusso che giudicherà i candidati a un posto di ricercatore, non sarà lui a decidere le qualità scientifiche dell’uno invece che dell’altro. E semmai la critica, doverosa e inoppugnabile, sarebbe stata un’altra: la scelta di un giornalista che ha fatto parte di una trasmissione popolare d’inchiesta (con alcune vistose sbandate, c’è da aggiungere) resta propaganda, rispetto al problema irresolubile di ripulire l’Università, per quel che si può, dalle clientele. Urlare allo scandalo dell’incompetenza al potere, anzi dell’inconsistenza al potere, ironizzare, fare del sarcasmo contro questa pseudo nomina è la prova regina che la luna è là che aspetta il tempo in cui noi decideremo finalmente di guardarla, perché non ne può più neanche lei di vedere indicato solo e sempre il dito.