Rom

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MANUELA CAVALIERI

Vi presento Ana. Chiede l’elemosina al parcheggio più frequentato di Salerno. Per pochi centesimi ti aiuta a ritirare il biglietto dalla macchinetta per la sosta a tempo. Ha lunghi capelli neri e un piccolo dente d’oro, forse un regalo di nozze. Sempre lì. La solita litania. Una preghiera ripetuta all’infinito: “Bella, tu dai qualcosa, la Madonna ti benedice. C’ho bambino piccolo”. La voce è melliflua, una nenia. Ana ha quattordici anni. Il piccolo che ha in braccio è suo figlio. Cencioso, un sorriso splendido. Salerno è torrida, l’afa rende insopportabile l’odore che esala dai due corpi. Un misto di sporcizia e sudore. Mi chiedo cosa ne pensi della schedatura dei rom. “Hai paura?” Lei non sa neppure di cosa io stia parlando. Poi, mi guarda e dice inclinando la testa: “Italiani no tanto bravi!”. Niente rabbia, solo rassegnazione. Ana sarà schedata, ma nessuno l’accompagnerà a scuola, nessuno la porterà dal medico, nessuno le cercherà una casa decente. Qualche settimana fa il sindaco Vincenzo De Luca, in un’intervista rilasciata a Sky Tg24, dichiarò che sui Rom “Non è possibile fare poesia”, piuttosto bisognerebbe ammettere che “la maggior parte di loro delinque”. Intanto il bimbo continua a sorridermi.
E penso che forse la poesia potrebbe essere l’ultima speranza di salvezza.

Gilurí
Ti ho inventata,
tra la notte e l’alba
ti ho creata.
Sei la poesia più bella
perché parli dal profondo del cuore.
Cosa farsene di una poesia?
la si dona al mondo.
Va’ oltre! Piccola poesia,
inebria il cuore di altri
come hai fatto col mio;
sussurra le parole più dolci,
sorridi a coloro che soffrono.
Vai! Reca ai figli
le parole dei padri
e scolpisci nel tempo
l’esistenza zingara!

Santino Spinelli