Prevale un furore leninista e il comico non fa più ridere

Beppe Grillo dovrebbe fare un grande respiro e pensare che, dopotutto, lui è un comico. Ha fatto molto più di quel che poteva, ma resta un comico, non un leader, nemmeno un capo. Un ispiratore, un suggeritore, un grande e fortunato movimentatore di idee. Di più non sa fare e si vede. Un leader non è un poliziotto e la sua autorevolezza non si sostiene con le sanzioni. Ha creato un movimento non un carcere. E i suoi militanti non sono secondini del pensiero, indagatori delle altrui intelligenze, esploratori delle vergogne comuni. I militanti sono per lo più brave persone che hanno voglia di fare qualcosa per l’Italia. Promuova i migliori, non i più fedeli.
NEL GRANDE calderone si nascondono infiltrati, i soliti furbetti di un Paese che in fin dei conti ha eletto la furbizia come virtù, ma sono effetti collaterali del successo. Contenerli è possibile, sopprimerli è fatica inutile. Secondo consiglio non richiesto: ritorni a sorridere. A rendere lieve l’aria, e un po’ gioioso un movimento che sta divenendo funereo. Ritrovi lo spirito dell’avventura e se non riesce a far tagliare i riccioli da mondo Gaia a Casaleggio almeno gli chieda di prendersi due settimane di sabbatico. Chiami i dieci migliori a gestire insieme, magari non dalla sala da pranzo della casa di Genova, il movimento. E pensi che se propugna la democrazia diretta e orizzontale non può furbescamente evitarla quando si tratta di selezionare le candidature. Faccia ammenda, dica che forse ha ecceduto. È ancora in tempo per recuperare una connessione col suo popolo che oggi sembra interrotta. Ci sarà più confusione senza Casaleggio e i suoi algoritmi? Meglio il disordine che l’ordine spettrale delle esecuzioni on line. Meglio infiltrati che abbattuti dal furore tardo leninista dell’obbedienza cieca. A Grillo consiglio poi di non prendere sul serio i sondaggi: sono gonfiati e presto lo capirà. Non si faccia conquistare dal terrore di dover governare l’Italia: lui è fuori, garantito. Non è Cavour, e se ne faccia una ragione.

da: Il Fatto Quotidiano, 13 dicembre 2012

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