Non c’è più tempo per le primarie Pd: deputati in festa

SOLO UN MESE PER LE CONSULTAZIONI POPOLARI CHE DOVREBBERO SELEZIONARE I CANDIDATI
Finita la seduta, il Transatlantico ieri sera non si è svuotato come succede sempre all’ora di cena. Questa volta il ristorante ha atteso che i parlamentari del Partito democratico si saziassero con i conciliaboli sulle prossime ricandidature: “Tu sì? E io pure”. Questa volta si festeggia e nell’aria non ci sono trombati né proscritti. Tutti promossi, sembra. Ieri alla Camera c’era anche Bersani, il leader vittorioso, e finalmente si sono potute scambiare due chiacchiere con lui. Clima sereno, temi allegri, futuro (corna facendo) assai roseo. Se le previsioni dicono la verità tutti e 204 i deputati troveranno la poltrona al loro posto. Numero che con le rinunce attese (almeno venti) e gli ulteriori voti promessi dai sondaggi fanno salire alla mastodontica cifra di 340 i seggi che il Pd potrà ottenere.
BELLO BELLISSIMO. La questione, se si può dire, è l’amalgama dei vecchi con i nuovi. Perchè è annunciato da tempo il bis delle primarie. Lo squadrone di Bersani si comporrà attraverso il ritorno ai gazebo che hanno fatto bene a lui e al partito? “Faremo le primarie. Punto”, ha detto il suo vice Enrico Letta. E qui, ecco, il primo colpo di tosse. Se solo si potessero fare andrebbero fatte. Come una processione, la madonnina del voto entra ed esce dalla chiesa di Bersani. Tutti aspettano le urne, ma nessuno si muove. Tutti le vogliono ma nessuno le indice, tutti ne parlano ma niente si organizza. Secondo i bene informati la pancia di Nico Stumpo, il pingue responsabile dell’organizzazione (naturalmente di prossima candidatura) non sussulta. Il disciplinato funzionario non dispone della necessaria grinta, di quella determinazione di cui ha dato prova quando ha dovuto guidare la macchina che ha condotto al trionfo il segretario. Finora gli unici a muoversi sono stati Pippo Civati e Salvatore Vassallo. Hanno sottoscritto un appello e anche allegato un testo che organizza il sistema di voto, e persino indicata la data possibile: 13 gennaio. Millecinquecento firme finora, e non un soffio di attenzione, un cambio di registro. Niente. Ieri in Transatlantico, deputato fintamente triste: “C’è poco tempo e nessuno dei big briga per farli. La Bindi assolutamente sfavorevole all’ipotesi. Ha i suoi da piazzare. Franceschini negativissimo, Fioroni pure”.

AGGIUNGIAMO che anche nell’esercito di Matteo Renzi le brigate iniziano a contarsi e dividersi: c’è chi vuole rifare i gazebo e chi no, attende placido che il 40 per cento dello sfidante sia il tetto sotto cui ripararsi e ambire al lieto evento elettorale. Infatti l’annunciazione slitta di giorno in giorno, e sembra frutto di una sapiente regia: far slittare i tempi della decisione, portarli oltre il limite possibile. Buttare la palla in tribuna, tergiversare. La candela è accesa, ma si sta consumando. Basta aspettare solo un po’ e poi di nuovo sarà buio. Si è detto che è impossibile organizzare primarie vere, al massimo consultazioni tra gli iscritti. Poi, nel cre-scendo delle complicazioni, che le primarie dei parlamentari sono complicate, i collegi troppo vasti, le compensazioni tra voti ottenuti ed elettori troppo virtuali. L’aria che tira è questa qua. Eppure Bersani a gennaio scorso l’aveva garantito: primarie e basta. Primarie per tutti. Aveva accolto senza farla votare una mozione di Pippo Civati, un pesciolino tra pescecani, e comunicato il verdetto: no problem.
A GENNAIO del 2012 avevano chiaro che al massimo per la primavera del 2013 si sarebbe votato. E potevano abbinare alle primarie di novembre anche la selezione del candidato di collegio: doppia croce, sul leader e sul parlamentare. Non si è fatto. Ora, sorgono altri problemi: c’è Natale e Capodanno e l’Epifania. Ci sono meno di 60 giorni di campagna elettorale, tempo striminzito di per sè. E quindi ritorniamo all’annunciazione: si faranno, ma è più probabile di no. Detto che i gazebo hanno fatto solo del bene al partito democratico e al suo leader, bisogna anche riferire che in politica ciò che appare non è la realtà. La distanza che separa le parole dai fatti è cospicua. Ricordate la legge elettorale? Scandalosissima, al punto che Rosy Bindi disse: “I candidati del Pd si dovranno impegnare a modificare la legge elettorale fino a dichiarare che non si candideranno con quella attuale”. Nessuno l’ha fatto, nemmeno la Bindi. Come sempre, tutto si tiene.


da: Il Fatto Quotidiano, 12 dicembre 2012

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