Matteo Renzi. Bigliettini, porte chiuse e tanti: “Che fa?”

Sono le dieci del mattino e forse Matteo Renzi non si dimette più. Si dimette? chiede la cassiera alla buvette. Forse sì, forse no. Cielo azzurro, giornata calda, il Senato è il luogo della felicità ritrovata. Accarezza la manovra finanziaria, che il governo gli butta addosso intimando di votarla immediatamente, senza battere ciglio. Sarà l’impressione ma certo i sorrisi si sprecano. Persino Razzi ha ripreso colorito e sta illustrando a un microfono in modo piuttosto serio la propria idea di soluzione della crisi. Ci sono i polsini d’oro di Denis Verdini, uno di quelli che nemmeno col carro attrezzi – viste le turbolenze giudiziarie – vorrà farsi sfrattare da Palazzo Madama, e c’è lei, Maria Elena Boschi. Giunge verso mezzodì in un vestito total black, molto tenebroso e calibrato, per la sua ultima apparizione da ministra: chiederà la fiducia e via. L’ostile Mario Mauro esprime con un baciamano l’addio, alla collega ministra Giannini non toccano uguali riguardi.

I MORITURI ritornati in vita girovagano senza meta ma con serenità perché pure quelli del Pd hanno patìto lo stress renziano. Prendete Angelica Saggese, giovane e volitiva. Ha dovuto fare campagna per il suo suicidio politico. Era una senza speranza. La dea bendata, la cabala e infine il popolo italiano l’hanno restituita alla vita e al seggio. E vogliamo dire due paroline sul volto radioso di Scilipoti? “È come un nuovo inizio”, intona. Si apre o si chiude la legislatura? Alle due del pomeriggio proseguono le consultazioni foniche per appurare le condizioni psicofisiche del presidente del Consiglio. Davanti a un piatto di riso e lenticchie la comunicazione di due senatori pugliesi (area Fitto): “Si dimette e basta”. Alle tre del pomeriggio, quando il Senato ha già salutato la manovra approvandola con 173 Sì, le notizie sullo stato d’animo del premier sono più sconfortanti. Sembra che abbia cacciato la corte fuori dalla sua stanza. “Non mi fido di nessuno più” avrebbe detto. Indaga dentro di sé. “Che fa?” chiede il sottosegretario Vito De Filippo. “Forse lascia anche la politica”. Intorno alle cinque sbuca su Facebook un suo bigliettino d’addio, come fanno gli innamorati delusi o quelli che intendono buttarsi dalla finestra: “Ciao a tutti, Matteo”.

“L’AVETE FATTO scappare voi del Fatto”, dice Rossella Amici, signora settantenne che capeggia la protesta attempata e desolata davanti al Nazareno. “Ora l’Italia senza di lui come fa?”. Un’altra Rossella si fa avanti: “Sono qui per dirgli forte il mio sostegno (purtroppo però mio marito è grillino e non è venuto naturalmente)”. Le signore, qualche maschio anche sopra i settanta, una signorina con cagnolino a guinzaglio. Il gruppo, dal quale i cronisti si attendono qualche monetina stile Craxi al Raphael o in subordine almeno delle parolacce assestate contro gli esponenti della sinistra dem, resiste nelle sue funzioni per qualche decina di minuti. Fischia con discontinuità, infine si slabbra. Allora riprendono le consultazioni foniche. E Renzi dov’è? Nel suo studio: farà un comunicato stringato e senza dibattito. Dirà che si dimette. “Va a Rignano, ci lascia?”, domanda allarmato un membro del gruppo Facebook della protesta. Cioè lascia la politica, saluta tutti e dice ciao? “Ma che stai a di’”, lo corregge un amico.

Da: Il Fatto Quotidiano, 8 dicembre 2016

La composta assenza della first lady Agnese

C’è una ragione perché ricordiamo il suo cognome oltre il nome di battesimo. E il motivo è che Agnese Landini è riuscita a conservare la propria identità nonostante un compagno così straripante ed eccessivo. È parsa premurosa verso di lui, egocentrico e perciò abituato alla solitudine dei narcisi, ma mai adorante. Non è una dote qualunque ed è giusto riconoscerglielo oggi. Agnese Landini ha resistito, non è esondata sui giornali, per fortuna non ha aperto le porte di casa alle tv. Non si è messa in posa ai fornelli, non ha cambiato giacca per andare a scuola. È riuscita a contenersi persino quando avrebbe avuto motivo per mandare a quel paese i fanatici che le contestavano il contratto di docente a tempo indeterminato. Come se lo status di moglie del premier avesse dovuto presupporre un di più di precarietà. Infine: non ha sorriso oltre misura, non si è commossa più del dovuto. È stata accanto al suo compagno per gli obblighi del cerimoniale. È sparita dal suo fianco quando ha scelto che fosse meglio sparire. Ed è ricomparsa quando lui ha chiesto una mano e lei ha valutato di dargliela. Chapeau.

da: Il Fatto Quotidiano, 8 dicembre 2016