ALFABETO – MICHELE SANTULLI. Val Comino: l’arte nei secoli ha il volto della Ciociaria

michele-santulliMichele Santulli, anziano e sapiente antiquario di Arpino, ha lavorato anni alla ricerca dei fatti, dei nomi, dei volti: “È un immenso vaso di Pandora, una inestricabile ragnatela di profili umani, di donzelle chiamate alla posa”.

Lei dice e prova che Gallinaro forgia una classe di modelle per Artisti.

La fame li sospinge a Roma, e qui trovano –mentre girovagano con il piffero e l’organetto – i primi reclutatori. Si passano la voce, si chiamano l’un l’altro, si incontrano a Fontana di Trevi e aspettano che qualcuno li ingaggi e li metta alla posa. C’è, dietro la Fontana, il vicolo dei Modelli, il ritrovo”.

Ma perché la Ciociaria?

Perché ha i figli più belli. Lo so, la Ciociaria non sembra neanche un punto geografico, è un accessorio, una dependance di Roma, terra di cafoni e al massimo di caciocavalli. Altro che siluette.

E invece lei è riuscito a dare nome e cognome, identità, luogo di nascita.

Le ragazze ciociare sono meravigliose. Le cito il grande Rodin che di loro diceva: ‘merveillusement belle, belle comme una Venus, comme Apollon… elle était un enchantement des yeux’. Siamo a Parigi e la Ciociaria, tra il 1860 e i primi del Novecento, fa vedere le sue gambe e i suoi seni, e le mani e i piedi. Sciama tra le viuzze di Montparnasse e nella zona di Mouffetard.

Per chi posano?

Rosalina Pesce, da Gallinaro, è la Semeusedi Oscar Roty, Agostina Segatori di Subiaco è L’Italiennedi Van Gogh, Carmela Cairo di Gallinaro è la Carmelina di Matisse, Michelangelo de Rosa di Atina è il corpo che copre Il panciotto rosso di Cezanne.

È un’infatuazione per la Ciociaria.

Prima Roma, poi Parigi, infine Londra. La beltà si espande, è riconosciuta, raccontata, tramandata.

È incredibile che si sappia così poco. Qual è il quadrilatero della bellezza?

La Val Comino e i suoi dodici Comuni conficcati quasi nell’Abruzzo.

È il centro di gravità della beltà.

Gallinaro è il fulcro, poi Arpino, Picinisco, Subiaco, Atina.

Una meraviglia.

The living embodiment of a classic beauty. La personificazione vivente della bellezza classica, scrivono gli inglesi di Alessandro de Marco da Picinisco, provincia di Frosinone.

Ma i ciociari lo sanno?

È il mio più grande cruccio: abitare dentro una bolla di inconsapevoli. La Ciociaria è come se avesse ottenuto una compensazione naturale. La terra offriva pietre e non pane, però donava al mondo, al l’arte, una bellezza non comparabile.

Donava. Usa l’imperfetto.

Questa attività è durata fino agli inizi della Prima guerra mondiale.Continue reading

ALFABETO – TERESA CARUSO: “Il guaio non è solo il sisma, ma i soldi che arrivano dopo”

tersa-carusoAAA Avviso pubblico per Amatrice e dintorni. I guai seri, quelli grossi, ancora non sono in vista. Oggi sembra che il dolore ricevuto dalla morte e dalla distruzione non abbia eguali. Eppure quando il lutto si attenuerà e l’emozione inizierà a svanire, quello sarà il momento di stare all’erta. Perché il pericolo più grande nascerà appena si farà il conto dei danni, dei soldi da richiedere. I soldi, il gran fiume dei finanziamenti pubblici che sta per defluire verso il Reatino, rischiano di essere gli effetti collaterali e negativi del terremoto.

La ricerca etnografica più approfondita è stata realizzata dall’Osservatorio sul dopo sisma della Fondazione Mida in collaborazione con l’Università di Bergamo. È durata otto mesi e ha indagato a fondo le relazioni e la condizione civile di un paese, Caposele, in provincia di Avellino, completamente ricostruito dopo la distruzione avvenuta nel 1980 a seguito del terremoto dell’Irpinia.

Teresa Caruso ha firmato la ricerca. Quando è andata laggiù?

Nel trentennale del sisma. Quando cioè la ricostruzione era più che completata, il dolore sedimentato, e quel terremoto oramai un ricordo.

E cosa ha trovato?

Anzitutto un perenne rimbalzo tra presente e passato. Ogni domanda che rivolgevo riceveva una risposta a elastico. Le considerazioni sul presente e sul futuro, la nuova vita, la nuova casa, rimandavano a quella terribile sera, ai morti, alle pietre.

Ad Amatrice c’è tutto un fermento per fare il prima possibile e ricostruire il paese dov’era e com’era.

Il dov’era e com’era è un refrain che corre tra tutte le popolazioni colpite. È il primo impegno che credo non verrà soddisfatto. È poco più che un sentimento, un proponimento che cozzerà con la realtà dell’adeguamento abitativo.

Adeguamento abitativo?

La normativa per la ricostruzione contiene, come è giusto e ragionevole, un limite entro il quale il finanziamento coprirà totalmente la nuova casa. Si fisserà un tetto e si dirà: una famiglia di quattro persone dovrà vedersi ricostruita un’abitazione – faccio un esempio – di almeno 90 metri quadrati. Ci sarà chi ne aveva di più, e quel surplus rispetto al limite andrà a far parte di ciò che si chiama “accollo spesa”. Devi impegnare le tue risorse per ritrovare l’ampiezza dell’abitazione che possedevi. Però ci sarà chi aveva di meno e dovrà ottenere spazio pubblico per vedere soddisfatto il proprio diritto.

Le case si restringeranno o si amplieranno. Cosicché le cubature precedenti non rispecchieranno la nuova modulazione.

Esatto. Un gonfiamento e uno sgonfiamento. Strade più corte o più lunghe, mediamente più larghe. Zone di nuova edificazione. Chi lascerà il paese e chi resisterà. Soldi che andranno altrove e i soldi saranno purtroppo il cuneo che dividerà le famiglie, renderà nemico chi per una vita ha preso il caffè insieme.

La sua ricerca dice questo?Continue reading

ALFABETO – PIERLUIGI CAPPELLO: “Il sisma è una livella. Per un po’ hai l’idea che si sia tutti uguali”

pierluigi cappelloNoi terremotati siamo così tanti che potremmo edificare una Patria e avere una bandiera, una lingua comune. Con Pierluigi Cappello, il poeta della gentilezza, lo scrittore friulano che più ha dato all’Italia con la sua penna e la sua lirica, abbiamo un terremoto in comune. Lui, quando il 6 maggio 1976 il Friuli tremò, aveva nove anni. Io diciannove il 23 novembre 1980, il giorno del boato che distrusse le aree interne di Campania e Basilicata.

Quel rombo mi ha trafitto il petto a Chiusaforte, nella gola di monti che danno la schiena all’Austria. Stavo leggendo Tex, erano le nove di sera. Attraversai correndo la porta di casa a piedi scalzi e la corsa si arrestò quando le mie narici si intasarono dell’odore acre della pietra macinata e la polvere causata dalle frane mi chiuse la vista.

Quel tuono ti accompagna tutta la vita.

Schivai del tutto inconsapevolmente le tegole che cadevano dal cielo e sembravano mi inseguissero. Il terremoto sceglie le sue prede e lascia che ci sia chi ne faccia poi cronaca e conto. È una faglia che scompone in due l’esistenza. Io rivivo nitidamente il prima e il dopo del sisma. Sono due vite, non una sola.

Io sobbalzo ancora a ogni tremolio, eppure sono 36 gli anni trascorsi.

La frustata non è solo geologica ma anche biologica. Ti entra dentro il vuoto della terra che si apre e tenta di inghiottirti. Quel senso di vuoto ti affligge e ti fa ricordare il dolore, il buio, le lacrime.

Tu eri più piccolo di me, ma i giorni che seguirono alla scossa sono stati i più densi, pieni di energia, di vita. Vedevo gente nuova, conoscevo dialetti mai ascoltati prima, e un mucchio di doni. Mi pareva tutto magnifico.

A me toccarono così tanti giocattoli che non riuscivo nemmeno a farli funzionare. Noi eravamo abituati a giocare con la fionda, bambini di una montagna povera e lontana. Anch’io ho poca memoria di lacrime. Però assistetti al pianto di mio padre che al mattino dopo la scossa si recò a far visita alla casa che aveva ristrutturato con le sue mani per tutta una vita. La trovò distrutta: prima urlò, poi pianse. Lui non sapeva che c’ero anch’io. Lo vidi piegato, con in mano una boccia di grappa. Si ubriacò per la disperazione.Continue reading

ALFABETO – FERNANDA GIGLIOTTI: “Rovisto nei sacchetti. Un primo cittadino deve fare pulizia”

fernanda-gigliottiFenomenologia della monnezza.

“Da quando sono stata eletta nel giugno scorso indago quotidianamente l’immondizia sversata illegalmente. Sparsa tra i rovi, dispiegata come merce deliziosa nei prati oppure destinata ad ingolfare le cunette, ammucchiata talvolta persino con ordine ossessivo nei luoghi in cui è severamente sporcaccioni in privato e perbenisti in pubblico, rilevo la loro condotta barbarica, realizzo reportage fotografici che parzialmente vietato. Apro i sacchetti, uno per uno. Ritrovo i tratti distintivi di alcuni abitanti della mia comunità, riconosco i miei concittadini pubblico su Fb in modo che i barbari possano riconoscersi. Poi passo il testimone all’ufficio verbali, perché nulla resti impunito”.

Se di Fernanda Gigliotti non ce ne fosse una sola, per fortuna dei calabresi e per sfortuna dell’Italia, ma almeno altre due o tre (ministra, sindaca o deputata) il nostro Paese sarebbe sicuramente più civile e più giusto.

Nocera Terinese, che conta cinquemila abitanti, è allo stremo civile. Qui non c’è più nulla che la disperazione, tutto quel che si poteva massacrare è stato massacrato, e ogni luogo abusato, e di ogni diritto fatto clientela. Le condizioni per far vincere una come me, con un municipio in dissesto e non un euro da poter spendere o un impiegato da assumere, c’erano tutte, ah ah.

Il suo paese segna il territorio a nord di Lamezia Terme, la costa tirrenica sporcata dagli abusi edilizi, dalla sporcizia, dalla inettitudine amministrativa, dallo spreco, dalla malversazione.

A me ha colpito lo sporco, in senso proprio e figurato. Il municipio era zozzo, nessuno che pulisse nulla. Ho iniziato io a prendere la scopa in mano. Gli Lsu, i cosiddetti lavoratori socialmente utili, sono divenuti segretari, quindi non ramazzano più (ammesso che l’abbiano mai fatto). Gli impiegati li ho trovati immobili, alcuni si odiano al punto da non parlarsi mai. Nemmeno buongiorno. Ma può un’amministrazione pubblica essere preda della più crudele delle pratiche: l’ignavia?

E quindi la sua battaglia per il pulito. In senso proprio e figurato.

È una guerra per la civiltà degli usi e dei costumi che combatto grazie al fatto che sarò sindaco solo per un mandato. Cinque anni bastano e avanzano. Nemmeno uno in più. Ho il mio lavoro da avvocato, i miei cani, la mia terra.

Bellissima idea quella di fare il sindaco per un solo mandato. Se tutti la prendessero ad esempio…Continue reading

ALFABETO – CARMELA COLANTUONO: “Il mio pascolo libero. Le nostre mucche insegnano la felicità”

carmela-colantuonoLe più anziane sono Primavera, Regina, Baronessa, Mattiola, Biancospina. Ma Principessa è sempre stata avanti alle altre per la sua autonomia, il carattere forte, l’assoluta indipendenza di giudizio. È successo che senza attendere l’ultimo giorno di luna piena di maggio e mettersi con le altre amiche in cammino per la rituale transumanza, Principessa abbia lasciato in anticipo la piana pugliese e già arroventata dal sole di San Marco in Lamis per raggiungere le montagne molisane di Frosolone. Al fresco finalmente. Oltre duecento chilometri, quattro giorni di viaggio, senza sbagliare di un metro l’arrivo. “Le nostre mucche sono fantastiche. Sanno cosa fare, sanno dove andare, sanno avere giudizio”

Carmela Colantuono è nata tra le mucche ma non conosce l’odore di una stalla.

Noi le lasciamo allo stato brado. Alleviamo da cinque generazioni e non abbiamo mai avuto necessità di una stalla, di una corda, di un tetto. Loro stanno in estate al fresco sulla montagna di Frosolone, queste rocce molisane piene di vento e di erba.

Quante sono?

Quattrocento mucche adulte e un centinaio di vitelli. In cinquecento al pascolo libero. E nessuna che si perde, si allontana, s’incapriccia. Nessuna che abbia bisogno di qualcosa di più del campanaccio. Al mattino ci facciamo trovare al punto di incontro, dove gli animali si fanno prendere il latte.

Immagino che le andiate a trovare anche al pomeriggio.

Certamente. I miei fratelli conoscono ciascuna, e loro sanno chi siamo. Hanno ottima memoria, grande autonomia e senso di responsabilità. L’autonomia. Ciascuna ha un gusto particolare e cerca l’erba migliore. Si allontana ma poi ritorna. Vivono un benessere che le loro colleghe rinchiuse in stalla non conoscono.

Sono beate.

Non hanno malesseri: salute di ferro, vita lunghissima. Le nostre mucche oltrepassano la soglia dei sedici anni. Alcune di quelle tenute in stalla collassano dopo il primo parto. E vogliamo parlare del latte?

Parliamo del latte.

Iniezioni di antibiotici e anabolizzanti sulle bestie da stalla, assolutamente nulla quelle che hanno la fortuna di stare con noi.

Il vostro latte sarà magnifico.Continue reading

ALFABETO – MASSIMO BRAY: “La conoscenza va certificata, non c’è digitale che tenga”

massimo-brayStaff oppure team. È lo staff che sorveglia, il team che censura, l’ufficio stampa che risponde. Non ci sono nomi ma ombre. Di Facebook si conosce il proprietario, il giovane milionario Zuckenberg. Il giovanotto gestisce la vita, le passioni, i segreti e le idee di un miliardo e settecento milioni di persone. Un grande continente. La libertà di ciascuno è sorvegliata e i suoi limiti decisi dallo staff o dal benedetto team. Chi siano, e soprattutto dove siedano, quali i loro curricula, è mistero della fede digitale. Di qualche giorno fa l’avventura del regista Daniele Vicari che ha chiesto conto per una settimana e più della censura subìta per aver manifestato il suo (documentato) pensiero sulla mattanza poliziesca al G8 di Genova. Ha dovuto imbucare la sua protesta alla cieca, confidando che qualcuno la leggesse e giudicasse. Qualcuno, chissà chi e chissà dove.

Massimo Bray, da poco presidente del Salone del libro di Torino, è direttore generale della Treccani, prima ancora è stato ministro della Cultura nel governo Letta. La Treccani è stata la pietra angolare del sapere, lo status symbol dell’elite, il segno, con i suoi diversi chili d’inchiostro posizionati al centro della biblioteca di casa, dell’affrancamento dall’ignoranza.

Cominciamo dall’attualità: la direzione del Salone del Libro, una bella gatta da pelare…

Preferisco non parlarne ancora, sono appena stato nominato e c’è solo da lavorare.

Allora parliamo di Treccani, che sta a Facebook come la terra sta alla luna.

Sono sempre più convinto che questi ultimi due decenni abbiano segnato l’umanità assai più che in tutti i secoli addietro. C’è da spaventarsi? Io dico di no.

Eppure al tempo della conoscenza istantanea e orizzontale la nostra libertà è devoluta a un’entità distante, nascosta, liquida, inconsistente.

Facebook è grande quanto un continente. I social coinvolgono miliardi di persone in un flusso indiscriminato di notizie. La cosa che mi inquieta è la loro assenza di validazione. Giovanni Gentile si sforzava sempre di spiegare che la Treccani per formare la classe dirigente aveva bisogno del contributo dei migliori intellettuali: fossero antifascisti, ebrei, musulmani. Il fascista Gentile apriva il suo mondo antico al sapere molto di più di quanto si faccia oggi.Continue reading

ALFABETO – GASPARE GIACALONE. Il sindaco di Petrosino (Tp): “È semplice, il cittadino non ti rispetta se sei il primo a infrangere la legge”

 gaspare-giacaloneLe dritte, i furbi scovati, gli onesti premiati, la legalità restaurata, la civiltà recuperata. Gaspare Giacalone, 45 anni, ex funzionario della Banca europea degli investimenti, ha scelto quattro anni fa di lasciare Londra e far ritorno al suo paese. Da sindaco. Quel che ieri era Petrosino, dieci chilometri di spiaggia dietro Marsala, nel cuore di una terra ad alta vocazione mafiosa, oggi non è più. Le risultanze del suo impegno pubblico sono un prontuario utile di chi crede che cambiare si può, e un ammonimento a chi invece pensa o sogna che la vita debba scorrere sempre nel solito malanno.

Sindaco, dalla Sicilia lei illustri le azioni tipiche per ridare dignità alla politica.

La prima cosa da fare è un’attività didascalica, persuasiva delle buone azioni. I miei concittadini non avevano l’abitudine di pagare le tasse locali e le tariffe per i servizi. La percentuale di fedeltà non superava il 15%. Con i miei assessori ci siamo detti: annunciamo i controlli, ma facciamoli partire sui tributi evasi o meno dei consiglieri comunali. Chi chiede agli altri di pagare deve dimostrare anzitutto che lui i quattrini li caccia.

Dare l’esempio.

Dare l’esempio è fondamentale in una terra abituata a osservare chi, chiamato a far rispettare la legge, la contrastava o la calpestava.

Gli amministrati hanno capito subito che qualcosa cambiava?

Piano piano hanno capito che noi pagavamo e anche loro dovevano farlo. Ma pagare per cosa? Il problema è dare servizi concreti, visibili.

E quindi?

Quindi se prima camminando per la spiaggia incontrava mini discariche, se la raccolta della nettezza urbana era un evento disordinato e caotico, ora è un servizio efficiente, amichevole, disponibile. Oggi la differenziata è ai livelli più alti dell’isola e mentre la Sicilia soccombe ai rifiuti in una crisi mai vista, la mia comunità trova le strade pulite, le aiuole al posto di bidet scordati in strada o in spiaggia.

Gli evasori sono diminuiti?

Abbiamo raggiunto l’8 0%. Per i cocciuti e i renitenti abbiamo fatto partire le ingiunzioni di pagamento. Si è creato un clima collaborativo: chi ora paga pretende che anche il suo vicino lo faccia. Viene da noi e denuncia.

Secondo titolo del prontuario del perfetto amministratore.

Nel solco dell’esempio, promuovere azioni che abbiano immediata rilevanza collettiva. Ci siamo tolti ogni benefit: auto, spese di rappresentanza, tutto il superfluo. Il risparmio è servito alla realizzazione di un parco giochi. Azioni brevi ma dal grande impatto. Chi ti ha eletto riconosce la tua buona azione e anche il tuo sacrificio e accetta di sopportarne l’onere civile che gli si chiede in cambio.

In una terra sedotta dall’abusivismo, i suoi concittadini cosa hanno fatto?

Hanno prima voluto vedere cosa noi avremmo fatto. Abbiamo redatto una grande enciclopedia degli abusi, identificando gli autori e spiegando loro cosa poteva essere sanato e cosa no. I grandi abusi o le opere che contribuivano alla malinconica convinzione che al potente tutto è permesso sono stati combattuti con una energia particolare, nel solco della didattica civile.

Esempio.

Edificio costruito a cinque metri dal mare, formalmente con tutti i crismi della legalità. L’incuria degli anni lo aveva mandato in rovina e la rovina costitutiva pericolo pubblico imminente e reale. Il proprietario – uomo potente di Marsala, già sindaco della città – resiste ai solleciti, alle ingiunzioni, alle ordinanze. La contesa va in giudizio, il giudice ci dà ragione. È un venerdì di luglio. Alle otto di sera l’avvocato mi comunica il risultato, alle cinque del mattino del lunedì successivo il manufatto è stato abbattuto. Nella stessa giornata sono stati portati via i detriti, nei mesi seguenti la spiaggia è stata restituita integra alla cittadinanza.

I cittadini sono stati bravi scolari?

Altro che! La metà dei proprietari di immobili totalmente o parzialmente abusivi hanno provveduto spontaneamente a rientrare nelle regole abbattendo quel che c’era da abbattere o sanando quel che poteva essere sanato.

Cambiare si può!

Si può. Non devi fare proclami, non devi sbandierare una legalità di carta. La mia auto di servizio è un bene confiscato a un mafioso. Sulle sue fiancate c’è scritto Petrosino è contro la mafia. Quell’adesivo, senza questi fatti, sarebbe stato ridicolo, ipocrita.

In cosa ha fallito invece?

Nell’idea collettiva che il cambiamento sia legato alla mia sola presenza. Ci sono e si cambia, ritorno a Londra e qui si torna all’inciviltà. Non essere riuscito a promuovere davvero una nuova classe dirigente, non aver fatto capire che l’opera è per tutti ed è di tutti, che si cambia solo se lo decidiamo tutti. E si cambia per sempre.

Lei vota?

Sono di sinistra ma non ho un partito. Credo nel civismo, nei movimenti locali, credo ai fatti, ai comportamenti.

Da: Il Fatto Quotidiano, 30 luglio 2016

ALFABETO – DAVIDE RANALLI. Il sindaco di Lugo di Romagna: “Con la cultura si mangia e si affronta la crisi senza spaventare”

davide-ranalliLugo di Romagna è piatta come un biliardo, dentro la bassa che la tiene tra Faenza, Argenta e Ravenna. Si difende con tenacia dalle zanzare, che di questi tempi assaltano affamate, ma nulla può con il suo sindaco Davide Ranalli.

“Amministrare una comunità significa ingegnarsi per elevare la qualità del pensiero, sostenere i buoni sentimenti, alimentare la mente. Triplicare i fondi per la cultura, come la mia giunta ha deliberato, è un atto di sostegno al corpo e all’a nima”. Davide, ben piantato in terra, barba curata, ha 31 anni, da tre è sindaco, da 15 militante e dirigente locale prima dei Democratici di sinistra e poi del Pd. E da 16 anni ama follemente la lirica, ma così tanto che è riuscito a convincere i concittadini ad andare a teatro.

“Lugo è uno dei luoghi sacri di Rossini, il mio preferito. E il teatro di Lugo con gli investimenti che abbiamo deciso riesce ad avere concerti tutto l’anno”.

Con la cultura si mangia?

Certo che sì. Si mangia e si beve. Lugo è divenuto meta dei tanti appassionati di musica classica, crocevia di concertisti, organizzatori, melomani. Alberghi, ristoranti, bar hanno clienti che prima non potevano immaginare.

Quanto ha messo sul piatto?

Ho proceduto a una breve ma intensa spending review. Non ho naturalmente toccato il welfare, e tutte le attività che il Comune compie per tenere alto un livello di sostegno all’impresa e alla famiglia. Lugo ha vissuto la crisi come tutti, ma ha gambe forti e braccia robuste.

E dunque?

E dunque ho messo sulla lirica 800 mila euro, il massimo del massimo possibile per il mio bilancio.

E i suoi elettori?

Contenti. Sapevano a cosa andavano incontro eleggendomi.

Tutti a teatro.Continue reading

ALFABETO – DOMENICO DE MASI: “L’Italia è diventata una Repubblica fondata sugli asini”

domenico-de-masiSe l’Italia è una Repubblica tendenzialmente fondata sugli asini c’è un perché. E l’asineria, i meridionali la chiamano con sentimento “ciucciaggine”, è madre legittima della raccomandazione, ritornata in cattedra con le vicende della famiglia Alfano, il ministro dell’Interno. Domenico De Masi è sociologo di razza e studioso appassionato del nostro vizio capitale.

De Masi, siamo un popolo di raccomandati perché siamo asini?

Se non hai altro metodo per valutare il curriculum suo da quello mio, resta la raccomandazione come unico punto dirimente.

Lei parla di asini di massa al tempo di Internet in cui il sapere è orizzontale, la conoscenza è istantanea.

Io parlo? Metto i numeri sul tavolo. Negli Stati Uniti 94 studenti su 100 che completano il ciclo scolastico proseguono per l’università. In Germania sono 78 su 100. In Italia siamo inchiodati al 36 per cento. E di questa minoranza 22 si fermano alla triennale e 14 proseguono per la laurea magistrale.

Ma perché?

Perché la cultura è disprezzata. Al ministero dell’Università serviva un genio e hanno messo la Gelmini, ora nemmeno ricordo il nome della attuale titolare. E l’idea beceramente produttivistica ha fatto sì che nel Nord-Est i padri spingessero i figli a entrare immediatamente in officina. Tanto il lavoro c’è e si guadagna anche di più.

L’università ha infatti perso valore.

Ma la cultura serve per vivere, Dio santo! Non solo per mangiare. E l’università la facciamo con i piedi. Puoi laurearti negli anni curriculari, o anche farne il doppio o il triplo e nessuno ti chiede nulla, ti dice nulla. Il costo delle tasse universitarie è talmente basso che sembra un parcheggio di oziosi imbelli. Come si fa a non capire che il livello della cultura generale è direttamente proporzionale al livello della partecipazione democratica?

Più sei colto più ti appassioni alla politica.

Washington ha il 49 per cento dei suoi cittadini che sono laureati. Alle elezioni la soglia dei votanti è del 70 per cento. Yuma, e siamo sempre negli Usa, ha l’11 per cento dei suoi cittadini laureati. I votanti si fermano al 30 per cento. Se sei colto hai minori possibilità di essere razzista, di essere violento. Anche la criminalità subisce la dura relazione con la cultura.

Ma se non c’è cultura esiste la raccomandazione.

La vicenda Alfano è spettacolare ma non turba. È dentro lo spirito nazionale, sicuramente è un gene della società meridionale. D’altronde è logico che se non hai altra possibilità di selezionare…

Essendo tutti asini.

L’asineria è la mamma felice della raccomandazione.Continue reading

ALFABETO – SALVATORE SILVANO NIGRO: “Utilizzano l’inglese per lasciare il popolo ignorante e imbelle”

salvatore-nigroSalvatore Silvano Nigro è un grande militante della lingua italiana. E ha avuto modo, grazie al suo talento, di spiegarla ai suoi studenti parigini della Sorbona, a quelli della New York University, poi dell’Indiana University, infine della Normale di Pisa. Il professore è un settantenne catanese di irriducibile corazza, di fantastici e interminabili studi e di una tenacia impareggiabile. “A settembre dovrò lasciare l’università (ora è allo Iulm di Milano, ndr) perché secondo la legge italiana a settant’anni sei inservibile. Andrò al Politecnico di Zurigo, gli svizzeri non hanno di queste suggestioni”.

Il Ventunesimo secolo sembra così infelice, così potentemente ammaccato e disastrato nell’etica e nell’economia che fa venire in mente il Seicento, il secolo della corruzione.

È il tempo in cui Giordano Bruno viene bruciato vivo, Tommaso Campanella incarcerato, Galileo umiliato. C’è un perché se Alessandro Manzoni scrive i suoi Promessi Sposi retrodatandoli di duecento anni. Lui, uomo dell’Ottocento, fa vivere Renzo dentro il lugubre Seicento.

Cosa c’era allora che si ripete oggi?

Il primo elemento enormemente suggestivo è la sovrabbondanza di leggi. Allora erano almeno mille normative che mutavano di senso, scritte in un miscuglio linguistico: un po’spagnolo, un po’latino. L’iperproduzione come fattore di confusione, di inebetimento.

Oggi sono centuplicate le leggi insieme al vizio di non rispettarle.

Vizio? È un proposito incoraggiato, una prospettiva deliberata. L’utilizzo ossessivo dell’inglese e la scrittura ignorante dell’italiano producono il risultato che l’italiano è l’unica lingua straniera che non si studia in Italia. Esistono forme parossistiche di inglesismi – e badi che le parla un tizio che ha avuto la mamma madrelingua inglese e che fino a dieci anni altro non sapeva e non parlava che inglese –che costringe poveri cristi a vedersi obbligati a domandare alla fermata dell’autobus cosa diavolo significhi questo o quello.

È un modo per disorientare?Continue reading