Industrie di carta, ma soldi veri…

Una legge famigerata, la 488, una rete di amici (il politico, l’industriale, il consulente commercialista). Triangolazione perfetta e risultato chiavi in mano: ogni dieci euro che lo Stato italiano stanzia per finanziarie attività produttive, sei euro vengono perduti. Frullati da mani amiche, deviati su conti bancari misteriosi, triangolati e alla fine inghiottiti nel pozzo senza fondo di imprenditori rapaci, banchieri distratti, consulenti collusi. La politica, quando non è partecipe, devia l’occhio altrove.
Non sa, e se sa non risponde. A fondo perduto è il titolo di un severo, raccapricciante reportage che Milena Gabanelli ha esposto su Report, Raitre. Milioni come noccioline, capannoni pagati dallo Stato e arrugginiti, imprenditori calati dal profondo nord e scomparsi. Sembrano storie fantastiche di bravi romanzieri.
Vai in Calabria, e non sai cosa ti perdi. Venti miliardi per agevolare un’impresa, l’Isotta Fraschini. Costruire automobili. In quattro anni dal capannone è sbucata solo una macchina di legno. I soldi inghiottiti, quattro ferraglie prototipali adagiate in un capannone vuoto e deserto. Scendono dalla padania leghista e votata al lavoro, gli imprenditori che si fanno ricchi grazie agli aiuti di Stato. Ventidue milioni di euro per un’azienda che doveva riciclare metallo. E’ stato un bresciano a fare richiesta. Il “pacco”, come quelli illustrati per gioco in tv da Flavio Insinna, risulta, nella stragrande maggioranza di casi confezionato dalla sapiente dedizione di valenti commercialisti, famigerati consulenti, che inviano a Roma, al ministero dell’Attività produttive, felicissime e concludenti considerazioni: top management all’altezza, mercato in crescita, occupazione garantita. Roma, in effetti, ci crede. E ci casca. Ci ha sempre creduto tanto che i quattro ministri succedutisi (Enrico Letta, Antonio Marzano, Claudio Scajola e Pierluigi Bersani) hanno firmato assegni pari a quasi un miliardo di euro. Di questi, secondo le valutazioni degli inquirenti (Guardia di Finanza e Magistratura) e le stesse idee che se ne è fatta la commissione Antimafia, seicento milioni di euro sono stati bruciati: gestiti da incapaci, o da imprenditori inadempienti o anche, e soprattutto, inghiottiti da un circuito truffaldino perfettamente organizzato, sostanzialmente colluso con la classe dirigente. Se ne è accorto Bersani che la legge 488 è un colabrodo, un aiuto a chi spreca e non a chi investe. Troppo tardi, si direbbe. E troppo tardi, bisogna aggiungere, il direttore generale del ministero, intervistato da Report, si accorge che le banche, che avrebbero un ruolo di vigilanza attiva nell’erogazione dei fondi, non si comportano sempre da partners leali dello Stato. Le industrie sono di carta ma troppo spesso finanziate con soldi veri. Danno e beffa corrono sullo stesso binario. Nel capannone vuoto, l’imprenditore (leghista?) esorta l’operaio fantasma: “Non rubare, piuttosto chiedi!” “Il tuo disordine danneggia tutti”. La telecamera di Report indugia disperata sui cartelli posti alle pareti di una delle mille truffe di cui è costellato il sud. Calabria, dunque. Crotone e Gioia Tauro. Ma anche Sicilia, anche Trapani. Dove lo Stato elargisce soldi per realizzare cantine, in un mercato già saturo di etichette. E a proposito di etichette: quella della tenuta Chiarelli, titolare la moglie dell’ex governatore Cuffaro, adagiata vicino a una bottiglia di un’altra azienda, naturalmente anch’essa produttrice di vino griffato, dal titolo felicissimo: “Baciamolemani”. E baciamole queste mani. Baciamole e salutiamo il nuovo modello di sviluppo. Tutti all’opera, tutti gran sommelier, fini intenditori. Con i soldi dello Stato. Anche il senatore Calogero Mannino, naturalmente, ne ha approfittato. A Pantelleria la sua famiglia possiede una bella cantina, finanziata (c’è da dirlo?) con i fondi dello Stato. Ah che buon passito!

(da Repubblica.it del 31 marzo 2008)

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