Renzi, il Sud e i cacicchi: i voti che non puzzano mai

pittella-delucaLa Campania è stata appaltata a Vincenzo De Luca, la Basilicata offerta in gestione ai fratelli Pittella, la Calabria a un consorzio di imprese individuali. La Sicilia invece è un franchising (fatturato interessante), come pure la Puglia che ha, però, più problemi di liquidità.

Per la holding renziana il Sud non è altro che un vitalizio. Una rendita permanente, un incasso sicuro in termini di voti, una cambiale a doppia cifra sempre onorata alla sua scadenza.

IL MEZZOGIORNO non è più un territorio ma una provvista, è denaro contante, perché i voti sono come i soldi, si contano e si spendono. In cambio la società capogruppo laggiù non mette piede né becco, non vede, e se vede non mette a fuoco, non sente, e anche quando ascolta si tura le orecchie, e nemmeno vede. Cieca, signora mia!

Non che i leader che l’hanno preceduto abbiano fatto meglio, ma con Renzi si arriva allo Zenit. Adesso che la Campania sporca le primarie al Pd, proprio mentre il Pd era intento a sporcare i Cinque Stelle con le vicende immorali di Quarto – cioè sempre con un po’ di Campania –, ci ricordiamo che il presidente del Consiglio alle scorse primarie era riuscito a ottenere nella città governata dall’attuale presidente della Regione, cioè Salerno, il 97 per cento dei consensi in città e il 71,3 per cento dei consensi in provincia.Continue reading

ALFABETO: SALVATORE SCALZO. Rischiavo di vincere a Catanzaro. Così il Pd mi ha rottamato

salvatore scalzo
salvatore scalzo

Oggi che Salvatore Scalzo, 32 anni, è a Bruxelles e non a Catanzaro, nell’ufficio della Commissione europea e non nel municipio, a fare il funzionario e non il sindaco della città, possiamo misurare la distanza dell’apparenza dalla realtà. Di come trituriamo i giovani, li sbeffeggiamo e infine li cacciamo dalle nostre case. Di quanta ipocrisia sappiamo vantare quando inneggiamo al ritorno dei cervelli fuggiti all’estero. La storia di Salvatore è emblematica: convocato, spremuto ben bene e poi espulso dal potere.

Chi ti chiama e quando.

È il 2011. Ho appena vinto una selezione a Bruxelles e il Pd mi chiede se voglio provare a battermi contro il centrodestra, a difendere i colori del partito e della sinistra. Lo chiedono a me perché il partito è commissariato, morto sotto le lenzuola della clientela e della malapolitica.

Lo chiedono a te perché la sconfitta è certa.

Essenzialmente è così. Altrimenti perché ricordarsi di me che ho solo 27 anni e sono solo un animatore di un’associazione che spinge per il recupero della legalità?

Tu accetti.

Penso che valga la pena perdere ma combattere, ripulire il volto sporco del mio partito e affrontare a viso aperto, gagliardamente e avventurosamente, una coalizione di centrodestra che lega il ceto maggiorente e affluente all’agio dell’interesse di casta.

È una gara senza speranza.

Ne sono consapevole. Ma facciamo baccano nelle piazze, nelle strade, nelle case. Dobbiamo rendere tumultuosa la nostra presenza e provocare in una piccola città della clientela e della sofferenza civile come Catanzaro uno choc.

La cura riesce?

Si può dire di sì. Ripuliamo il partito dalle sporcizie e le liste dei candidati dai fantuttoni, dai tromboni, dai promotori della sclerosi politica. Mettiamo idee in campo, forza nello spingerle verso la città e affrontiamo la sconfitta. È certa ma dev’essere degna del nostro coraggio, dei sacrifici e delle passioni che raduniamo nelle piazze.

Perdete.

Perdiamo. Il mio partito parte da una soglia del 10 per cento. È divenuto un’entità marginale, soporifera, inutile a ogni cosa. Lo portiamo al 17 per cento. Io raggiungo il 33 per cento dei consensi. Sono 16 punti di distacco, sono il candidato che in Italia ottiene il maggior consenso nel voto disgiunto.

Poi cosa succede? Continue reading

Il colore dei soldi: sui costi della politica minacce tra PD

RENZI USA I VECCHI BILANCI PER FAR PAURA ALLA MINORANZA. MA TACE SULLE CENE
L’idea di Renzi per contrastare l’opposizione interna, e quindi annegarla nella vergogna, sarebbe quella di rendere pubbliche le spese della segreteria Bersani e di quella Epifani. L’idea di Matteo genera, come figlioletti in grembo, due altre verità. La prima: che i bilanci pubblicati sono effettivamente carta straccia, specchio per le allodole, ammesso che le allodole ci caschino. Sono cifre buone a imbonire. Perché le voci di cui si compendia il bilancio del Partito democratico (e di tutti gli altri partiti) tutelano la segretezza delle singole percentuali che i dirigenti attivano per le proprio competenze. Gli euro – si presume molti oltre il lecito – che sono andati a questo e a quello. Sul cattivo odore dei soldi domani Francesco Bonifazi, il tesoriere del nuovo corso renziano, potrebbe attardarsi un pochino di più, sottolineando nella relazione che sembra farà all’assemblea nazionale, le destinazioni d’uso per voci superiori a centomila euro. Non arriverà dunque al singolo destinatario ma lo accarezzerà crudelmente, farà trasparire quel di più che potrebbe uscir fuori, se solo si dovesse decidere di elencare il numero dei peccati e la quantità dei peccatori.Continue reading

La domanda dei Democratici: “Ma siamo più coglioni degli altri?”

IL PARTITO TRAMORTITO E LE LACRIME DI COCCODRILLO SULLE LARGHE INTESE

Si arriva al nodo dei nodi e Francesco Sanna, sardo d’azione per via del carattere votato al fare qui e ora pone sul tappeto la domanda centrale: “Siamo più coglioni di quegli altri? Siamo noi i più coglioni di tutti?”. È una bella questione che vale un viaggio dentro palazzo Madama. Infilato nel vicolo della paura il volto di Nicola Latorre, splendido dalemiano dalle larghe vedute, benché sicuro e convinto della linea lievissimamente teme che la furbizia, quando raggiunge un suo apice grossolano e presuntuoso, si trasformi in una devianza dell’intelligenza e che il sapore di questa avventura prenda presto il senso della fregatura. “Avverto nella pancia qualcosa, rimugino e ripenso. Hai voglia tu se non lo faccio! Ma ha senso prendersi paura? La verità è che è saltata la democrazia, è in crisi il concetto di rappresentanza, il vincolo ideologico, l’appartenenza. Dobbiamo saperlo e interrogarci prima che sia troppo tardi”. Continue reading

Grillo & Ingroia, simul stabunt simul cadent

Sono uno storico elettore di sinistra. Scelgo di volta in volta a chi dare il mio voto, e mi è successo spesso di dovermene pentire. Alcune volte ho fatto fronte al timore di sbagliare revocando il mio voto e astenendomi. Non ho consigli da dare, solo un pensiero da esporre. Questa è una brutta campagna elettorale, ipotecata dall’annunciato (finora è l’ipotesi più probabile) governicchio Pd-Monti. Il Pd mi è parso sempre un partito gnè-gnè: dentro la sua pancia esistono persone rispettabili e altre assai meno, idee condivisibili e prudenze inaccettabili. Riformisti e radicali, democristiani e comunisti. L’uno e il suo opposto. Il calderone di personalità così tanto diverse provoca immobilismo e non riforme.
Io sono per la radicalità delle idee, per la loro chiarezza, per la nettezza della posizione in campo. Fosse per me, faccio un esempio, proporrei che il finanziamento pubblico andasse solo alle scuole pubbliche. Vorrei i nostri ospedali salvaguardati e non le cliniche private; vorrei più Stato e non di meno. Fosse per me, lascerei vivere le Province e abolirei le Regioni, vero letamaio legislativo. Accorciare la filiera istituzionale significa eliminare d’un botto almeno un terzo delle cinquecentomila poltrone a cui corrispondono altrettanti bancomat perpetui. La spesa pubblica si disbosca solo se le funzioni di governo vengono semplificate e riassunte. Questo è il mio pensiero. La prospettiva invece è il continuismo: un centrosinistra allargato a Monti. Tutto già visto. Pietanza indigesta. Allora tento di inquadrare le alternative.Continue reading

I voti a Crisafulli City: “Mica puzzavano quando servivano…”

VOLTAGABBANA E CATTIVE COMPAGNIE. NELLA TERRA DOVE LE PREFERENZE CONTINUANO A PESARE C’È LA CORSA AD ACCAPARRARSI IL BOTTINO DEI RAS LOCALI


L’unica certezza è che la buvette di palazzo d’Orleans, complice una denuncia grillina sui piaceri di gola della casta a prezzi da discount, ha triplicato i costi del menu provocando la furia dei dipendenti regionali e un collasso della cassata siciliana. La cassata va comunque forte nel resto dell’isola e nell’impasto zuccheroso di esclusi e ripescati, trasformisti recidivi e fratelli coltelli si rinnova il sapore dei voltagabbana e il loro moto perpetuo circolare che termina esattamente nel punto in cui è iniziato. Se i voti non si contano ma si pesano (Bersani dixit) conviene passare per Enna, e qui siamo al centro della pesa, e mettere sulla bilancia i chilogrammi di potere e clientele, opere e omissioni del signor Mirello Crisafulli, gigantesca figura di comunista pragmatico, riformista, equivicino ai buoni e ai cattivi. Proprio oggi è stato rinviato a giudizio per truffa e falso nella gestione del consorzio dei rifiuti della città. Profetica la sua esclusione dalle liste, decretata alcuni giorni fa dai garanti del partito. “I miei voti ora puzzano, ma ieri no. Bersani ha goduto del mio appoggio e quelle schede erano buone”. La logica non fa difetto a Mirello, e la rabbia – esplosa in una drammatica riunione di corrente all’indomani della defenestrazione – è più misurata dell’immaginabile: “Io comunque farò votare Pd”. Sarà vero? “Mmmm, difficile crederlo – commenta Luciano Parisi, coordinatore regionale dell’Assopetroli – Sono di Enna e so come vanno le cose. Tutti in città guardavano a lui per un aiuto, un favore, un guaio. Voteranno in libertà, e quando dico libertà penso che un po’ di simpatie si sposteranno da qui a lì”.Continue reading

Non c’è più tempo per le primarie Pd: deputati in festa

SOLO UN MESE PER LE CONSULTAZIONI POPOLARI CHE DOVREBBERO SELEZIONARE I CANDIDATI
Finita la seduta, il Transatlantico ieri sera non si è svuotato come succede sempre all’ora di cena. Questa volta il ristorante ha atteso che i parlamentari del Partito democratico si saziassero con i conciliaboli sulle prossime ricandidature: “Tu sì? E io pure”. Questa volta si festeggia e nell’aria non ci sono trombati né proscritti. Tutti promossi, sembra. Ieri alla Camera c’era anche Bersani, il leader vittorioso, e finalmente si sono potute scambiare due chiacchiere con lui. Clima sereno, temi allegri, futuro (corna facendo) assai roseo. Se le previsioni dicono la verità tutti e 204 i deputati troveranno la poltrona al loro posto. Numero che con le rinunce attese (almeno venti) e gli ulteriori voti promessi dai sondaggi fanno salire alla mastodontica cifra di 340 i seggi che il Pd potrà ottenere.Continue reading

Il dettaglio

lenteingrandimentoFermiamoci a questo dettaglio, un frame della sequenza barbarica dell’assassinio di Luigi Tommasino, consigliere comunale di Castellammare di Stabia.
Il dettaglio: l’uomo faceva politica senza sapere perché e per come. Il dirigente del Pd – avesse potuto – avrebbe votato Berlusconi.
Del suo impegno pubblico non c’è alcuna traccia.
I cronisti non ricordano un suo intervento, una parola, una presa di posizione. Non ricordano un interesse, una passione pubblica, qualcosa che legasse l’uomo all’ufficio.
E infatti non c’era nessuna relazione. Solo il fatto, rilevantissimo, di essere fratello di un ex assessore all’urbanistica lo ha condotto in consiglio comunale e anche alla guida del partito della Margherita in città.
Castellammare è una popolosa e difficile città del sud. Ricca di sogni e di morti ammazzati.
La politica l’ha ridotta a un brandello di carne, piallata dall’indifferenza e dall’incuria.
Lo spirito pubblico era custodito da persone come Tommasino, inabili al pensiero, invalidi nell’esercizio delle funzioni.
Luigi stava lì in nome e per conto.
Mediocre senza colpa, dirigente senza giudizio, amministratore senza idee.
Morto ammazzato, come la sua città.