Lettere, diari e memorie: la vita segreta degli italiani

la-vita-e-un-sognoÈ in libreria, per Il Saggiatore, “La vita è un sogno”, un’opera corale, che racconta l’anima più autentica dell’Italia attraverso i 7500 testi tra diari, memorie autobiografiche ed epistolari di gente comune (dal Settecento al XXI secolo), del l’Archivio di Pieve Santo Stefano. Ne pubblichiamo alcuni stralci.  Sono pietre preziose queste lettere di italiani che scrivono e segnano la storia con i propri occhi. Occhi pieni di lacrime: di gioia come di terrore. Scrive la moglie al marito che non dà più notizie. Scrive dal fronte il marito alla moglie annunciando che è l’ultima volta che lo farà. La morte è vicina, lei può risposarsi. È come una grande cassaforte della memoria collettiva, una tela che compone gli anni amari e quelli felici, le gesta memorabili e i dettagli minuti della vita quotidiana. È l’Italia della guerra e del fascismo, dell’emigrazione e del miracolo economico. Nella forma unica e splendida del diario personale, privato, intimo, l’Italia raccontata da chi l’ha vissuta.

Perché non scrivi? Caro marito, mi è impossibile aspettare più altre senza scrivervi, troppo lungo sono già i miei timori e le mie inquietudini. Compisce oggi che vi scrivo, nove settimane che non ho più delle vostre notizie ed io con questa mia forma tre lettere di cui aspetto risposta. Che mai sarà? Me lo domando tutte le ore tutte le minute che passano; siete ammalato? La vostra vita è forse in pericolo? Ho ché, vi ho offeso si grandemente? Non merito nessun vostro scritto?

Caterina Janutolo, 1894  

L’ultimo bacio Mia cara moglie, quando ti giungerà questo libriccino, io sarò bello estinto io capisco quale effetto ti farà ma io ò pensato di far così in modo che tu non stia qualche mese senza sapere ciò che mi e accaduto, se tu credi di rimaritarti per me non trovo cosa in contrario però una raccomandazione ti faccio quella di tenere di conto della nostra piccina che ò amato teneramente e di trovare un uomo che sappia amarti come ti ò amato io che quando sposai te ti giurai fedeltà e ti sono stato fedele questo desidero che tu possa trovarti felice, e trovare un cuore degno del tuo.

Giuseppe Manetti, 1917  

La vita nuova Per prima cosa il Direttore volle vedere le mani. Gliele porsi, le guardò con l’attenzione del chiromante e poi: “Tu con queste mani durerai otto giorni. Sono mani da donna. Troppo delicate. Qui ci vogliono uomini e non dei damerini. Sei ben piantato, non c’è che dire. Ma un vero minatore si vede subito”. Gli dissi che il mio contratto contemplava una voce che parlava chiaro e che potevo anche cambiare mina: “Sì signor mio. Lei m’ha rotto le palle con le mani. Mani che del resto han rotto tanti musi malgrado l’apparenza fragile”.

Raul Rossetti, 1932

Mussolini Esco da casa alle 8. La portinaia è ferma con un ciclista che viene da p.le Loreto dove dice di aver visto il corpo di Mussolini e di altri diciassette fascisti. I morti sono collocati là dove vennero fucilati i quindici patrioti. (…) Interrogo il ciclista per sentire se proprio ha visto lui, oppure se l’ha sentito raccontare da altri. Mi precisa che ha visto coi propri occhi e che accanto al suo corpo c’è quello di Claretta Petacci anzi, la testa di Mussolini è posata sul petto mezzo scoperto della donna come di un cuscino.

Dino Villani, 1945

Se la mafia uccide papà Ero particolarmente felice quella sera. Aveva appena scoperto il dono per Natale (…) Quando mamma e papà ci misero a letto e ci diedero il bacio della buonanotte, aspettai che uscissero dalla stanza e confidai a Pinuccio quello che avevo scoperto: per me il cappottino rosso, gli dissi, per te il baschetto blu. Dormivo e già sognavo, quando spari improvvisi mi fecero trasalire: mi ritrovai seduta in mezzo al letto nella stanza buia (…) Era lei, la mamma che aveva riconosciuto nei lamenti provenienti dalla strada, la voce di papà e gli chiedeva “Cola, Cola, chi ti ficiru?”. “Mimì, mi spararu!”.

Antonina Azoti, 1946

Rubare per vivere Fino all’età di 2 anni sono stato al buio perché mia madre si era infilata in vagina i ferri della maglia per abortire e non avermi ma tutto questo non è servito a niente e a questo punto mia madre ha preso una decisione non ha fatto più niente per perdere la creatura che aveva in grembo e per assicurare la mia nascita e un pasto decoroso per tutta la famiglia scelse di fare la scarpara (in gergo sarebbe la ladra di portafogli).

Claudio Foschini, 1949

L’attentato brigatista Scendendo le scale, rileggo gli slogan ricomparsi dopo la recente imbiancatura, “Giustizia proletaria”, “Sparare ai docenti”… L’atrio si è svuotato. (…) Le strade sono quasi deserte. È mentre svolto per entrare nel cortile di casa che, improvvisamente me li trovo davanti. Sbucano da dietro i pilastri del portico, e sono in tre. Vedo i passamontagna azzurri e neri calati fin sopra le spalle, i martelli e le chiavi inglesi in alto, e il balzo con cui mi sono addosso. “Ecco dove e come” penso in un instante mentre cado. Batto sull’asfalto col ginocchio e il gomito ma non ho il tempo di avvertire l’urto. Una grandine di colpi sulle spalle, sulla testa, come sassate, lampi bianchi azzurri negli occhi, e schianti come di mortaretti che esplodono dentro.

Guido Petter, 1979

Italia-Germania 3-1 Voglio raccontare l’effetto che mi ha fatto questa bella vittoria dell’Italia che ha vinto la coppa mondiale ieri sera alle 19. (…) La nostra squadra è stata favolosa in questi campionati, un grande regalo a sorpresa ci ha dato (…) i nostri giocatori più piccoli e brutti nei confronti dei belli fusti degli avversari ma i nostri tanto intelligenti e pieni di stuzi che lì paralizzavano.

Luisa T., 1982  

Da: Il Fatto Quotidiano, 17 dicembre 2016  

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