Bianco che più bianco non si può

mastrolindoSABRINA PINDO

A Napoli il problema rifiuti è risolto. Pulita, limpida, la città partenopea è tornata in forma smagliante. Niente più maleodoranti sacchetti di plastica abbandonati per la strada. Dell’orribile munnezza accatastata ai margini della città nemmeno il ricordo.
Sicuri? Sicuri, sicuri? Ma certo! Lo ha detto anche il tg e ce l’ha pure mostrato. Le telecamere diligenti delle reti private sono corse a controllare, a dimostrare, a far vedere la Verità. Coscienza a posto quindi, andiamo pure al mare tranquilli.
In questa calda giornata estiva penso a quanti vivono vicino alle discariche, all’odore che sentono svegliandosi al mattino. In questa torrida domenica mi viene in mente che, se per caso non fosse come ci hanno detto i tg, se assurdamente la munnezza fosse ancora buttata là nei quartieri periferici, la gente di Napoli starebbe morendo per la puzza, sarebbe preoccupata per la propria salute. Già, uno scenario agghiacciante, anche a fine luglio. Mi permetto di segnalarvi queste fotografie scattate il 17 luglio, giovedì scorso. Rinfrescano l’animo.

Curzi: “Voltagabbana io? C’è un accordo con Staderini”

curziLa verità è curva come un tornante. Era parso, ritenendola invece dritta e piana, che Alessandro Curzi, comunista galantuomo, avesse fatto in Rai il salto della quaglia e ridato vita al corpo inanimato di Agostino Saccà.
“Mi hanno chiamato in tanti: ma che cazzo hai combinato?”
Un gran bel pezzo di comunista.
“Sei passato tra i nani e le ballerine”.
Pur di rimanere inchiodato a questa maledetta poltrona di consigliere Rai.
“Gli amici non hanno capito”.
La poltrona.
“La presidenza”.
La verità ha gli angoli.
“Riepiloghiamo. Anzi, rifacciamo tutto il percorso”.
Iniziamo da casa sua, la sera prima del voto.
“Mi metto a letto e non prendo sonno. So bene che andiamo a una soluzione annunciata: quattro di noi a favore della rimozione di Saccà, cinque contro. Vincono loro”.Continue reading

Bambino Rom muore, Viareggio paga i funerali

FLAVIA PICCINNI

L’ora, come un vasto fiume, trascina ogni cosa,
Il popolo dei mortali e la razza delle rose.
Renè Maran

Zobar ama l’acqua e ha due anni e mezzo. È un bambino rom, ha origini rumene ed è cresciuto a Viareggio. Anche lunedì pomeriggio era vicino Viareggio. A Massarosa, per la precisione. Era con i suoi genitori e il cuginetto a giocare nella piscina dell’azienda agricola “La Ficaia”. Lo immagino mentre si schizza con il cugino, nuota nella piccola piscina con i braccioli azzurri e bianchi, si stringe in vita il costumino verde.
Lo immagino mentre è contento, ma la cronaca mi dà torto. Perché Zobar da quella piscina non ci è mai uscito.
La ricostruzione dice che Zobar è andato insieme ai genitori a trovare i nonni, ospiti della struttura gestita da don Bruno Frediani, fondatore del Ceis, il Centro italiano di solidarietà. La ricostruzione dice che il piccolo, all’insaputa di tutti, è entrato nella piscina insieme a un cuginetto di quattro anni, nonostante l’impianto fosse chiuso e che insieme, i due, si siano tuffati da uno scivolo. La ricostruzione, la cronaca, le urla di paura, ansia, conferma spiegano poi come siano andate le cose: il più grande dei due è stato salvato da un addetto alla manutenzione, mentre il più piccolo è rimasto nascosto sotto un materassino e, quando è stato scoperto, i soccorsi si sono rivelati inutili. Ancora una volta lo spazio fra l’immaginazione e la realtà.Continue reading

Bivacco sì, no, forse

bivaccoMARCO MORELLO

A Roma bivacco no, lo dice l’ordinanza sperimentale del sindaco Alemanno che vieta cibo e canti per strada. O meglio, non è che li vieti in assoluto, ma dietro il filtro della cartina al tornasole del buonsenso. Bivacco proprio no, non scherziamo, tanto chi vuoi che con questo caldo vada oltre una bottiglietta d’acqua ghiacciata. O, al massimo, oltre un gelato alla frutta. Bivacco forse, perché i turisti sanno sovvertire ogni pronostico e ingurgitare di tutto nei momenti più impensabili, comprese le caldarroste alle tre del pomeriggio e una pizza alla salsiccia appena sfornata un’ora più tardi. E allora bivacco sì, decisamente sì. Un po’ ovunque nel centro della capitale, tra vigili indifferenti, bocche piene, briciole, schiamazzi e cartacce.
A cominciare da piazza di Spagna, anzi un po’ più indietro, da piazza Mignanelli. Sotto la colonna dell’Immacolata è tutto un masticare panini del vicino fast food e tirar su liquidi annacquati con cannucce trasparenti e una evidente soddisfazione. Intorno alla Barcaccia, invece, i capannelli paiono leggermente più chic, ma non c’è ragione di stupirsi: trovandosi a un passo dall’imbocco di via dei Condotti bisogna adeguarsi. Muffin e pasticcini diventano allora gli articoli più gettonati, insieme con coppette e coni capaci di sfidare le leggi di gravità.Continue reading

La testa e la pancia

incidentesalernoMANUELA CAVALIERI

Sono quasi le ventidue di una piacevole domenica di luglio. I negozi sono aperti fino a tardi e le strade dello shopping notturno sono animate e rumorose. Anche Salvatore e Veronica passeggiano lungo le vie del centro. Sognano di sposarsi, di metter su famiglia. Lui, geometra di Castel San Giorgio, ha trentacinque anni, lei, commessa, ne ha ventotto.
D’un tratto un boato. Urla acute risuonano in via dei Principati.
Una Bmw lanciata a folle velocità investe i due e si schianta nella vetrina di un negozio. A bordo tre uomini ubriachi. Sono di nazionalità rumena.
Salvatore muore sul colpo, Veronica, in ospedale, lotta tra la vita e la morte.
I ragazzi in auto, appena, riescono a riprendersi dall’impatto, tentano disperati la fuga.
Ma la folla è inferocita. Due vengono bloccati, uno riesce a scappare. Mihalgica Bodac, il ragazzino di ventidue anni alla guida è arrestato con l’accusa di omicidio volontario e omissione di soccorso come i suoi compagni.
La polizia salva i rumeni da un gruppo di facinorosi in preda alla rabbia del momento. La scena si ripete anche all’ospedale. Le forze dell’ordine sono costrette a farli uscire dal retro per evitare il linciaggio.
La città vive giorni di grandi tensioni. Contraddizioni profonde attanagliano gli animi. Non si parla d’altro. La comunità rumena è ancora una volta sotto i riflettori. Parole forti impregnano l’aria e pretendono di legittimarsi in nome della tragedia. Intervistato dai media locali il noto antropologo Paolo Apolito denuncia il pericolo che ci si ritrovi ancora una volta a ragionare con la pancia e non con la testa.
Salerno è di fronte ad una sfida. Si può cedere alle seduzioni di una xenofobia sottile e pericolosa; oppure si può scegliere di leggere gli avvenimenti attraverso le lenti della razionalità. Testa e pancia. Quale delle due avrà la meglio?

Il regime dei pascià

L’Italia è il paese dove si è sempre verificato questo fenomeno curioso: gli uomini politici, arrivando al potere, hanno immediatamente rinnegato le idee e i programmi d’azione propugnati da semplici cittadini. […]
Perché questo fenomeno? È solo esso dovuto alla mancanza di carattere e di energia morale dei singoli?
Anche a ciò, indubbiamente. Ma esiste anche un perché politico: i ministri non sono mandati e sorretti al potere da partiti responsabili delle deviazioni individuali di fronte agli elettori, alla nazione. In Italia non esistono partiti di governo organizzati nazionalmente, e ciò significa che in Italia non esiste una borghesia nazionale che abbia interessi uguali e diffusi: esistono consorterie, cricche, clientele locali che esplicano un’attività conservatrice non dell’interesse generale borghese (che allora nascerebbero i partiti nazionali borghesi), ma di interessi particolari di clientele locali affaristiche.
I ministri, se vogliono governare, o meglio se vogliono rimanere per un certo tempo al potere, bisogna s’adattino a queste condizioni: essi non sono responsabili dinanzi a un partito che voglia difendere il suo prestigio e quindi li controlli e li obblighi a dimettersi se deviano; non hanno responsabilità di sorta, rispondono del loro operato a forze occulte, insindacabili, che tengono poco al prestigio e tengono invece molto ai privilegi parassitari.
Il regime italiano non è parlamentare, ma, come è stato ben definito, regime dei pascià, con molte ipocrisie e molti discorsi democratici.

 

Antonio Gramsci, Il regime dei pascià, Sotto la Mole, “L’Avanti” 28 luglio 1918

Quelli veramente bravi

greenday“It don’t take a genius to be an idiot” (Non ci vuole un genio per essere un idiota)
The Foxboro Hot Tubes

SERENELLA MATTERA

Quelli veramente bravi non hanno bisogno di raccomandazioni. Quelli veramente bravi non hanno bisogno di imbrogliare. Quelli veramente bravi una volta raggiunto il successo non se lo spendono in orologi e champagne. Quelli veramente bravi, sono così bravi che possono anche smettere di essere se stessi e ripiombare immancabilmente nel successo.
Nessuna delle affermazioni che precedono è inconfutabile. Vere in teoria, si scontrano con le infinite variabili della vita, dei sistemi e delle persone che li affollano.
Ma ogni tanto spunta una storia come quella dei Foxboro Hot Tubs. Un gruppo garage rock americano, che si è presentato l’8 dicembre 2007 su internet con tre canzoni. In pochi giorni la loro pagina su Myspace ha iniziato ad essere frequentata. I loro pezzi ad essere scaricati. Il passaparola e le radio di rock alternativo hanno fatto il resto. Ma in parallelo circolavano sempre più insistenti certe voci: “Sono i Green Day”, “Chi canta non può essere che Billie Joe Armstrong”, “La strofa ‘Non ci vuole un genio per essere un idiota’ è un chiaro riferimento ad American Idiot”.
E infatti alla fine il gruppo punk rock, più di 60 milioni di dischi venduti, ha ammesso: “Abbiamo suonato dal vivo con un registratore a otto piste”, ma “la sola somiglianza tra i Green Day e i Foxboro Hot Tubs è che siamo la stessa band”. Condannati, in ogni caso, al successo.

Caveri: “Omosessuale io? Ma se sono un gran figaiolo”

ceveriSe la calunnia è un venticello, Luciano Caveri, ex presidente della Valle d´Aosta, si è ritrovato al centro di una folata che gli ha scapigliato i capelli e fatto perdere il buonumore.
«Pettegolume di provincia, schifezze, dicerie da bar».
Caveri omosessuale.
«Varie lettere anonime spedite ai sindaci e ai consiglieri regionali con questo rilievo. Ho denunciato colui che si ritiene sia l´autore, l´ex presidente dell´azienda di soggiorno».
Alla vigilia dell´udienza ha deciso di asseverare pubblicamente la sua eterosessualità.
«Una diceria può far male. Una voce che corre da un tavolino di bar all´altro è una compagnia cattiva. Dico questo facendo salvo il rispetto che porto a chi sente di essere diverso. Ho combattuto una vita per la tutela delle minoranze. Figuriamoci se da me può mai venire anche un alito di riprovazione».
Di lei si sa che apprezza le donne.
«E diciamolo. E spieghiamolo!».
Lo sanno tutti. E´ giusto dire le cose come stanno.
«Sono un gran figaiolo. Non vorrei però urtare la suscettibilità di mia moglie. Ho moglie e figli a cui tengo molto».Continue reading

iPhone per tutti, o quasi

SABRINA PINDO

Luca ha 21 anni, abita a Verona, è universitario, non ha un centesimo in tasca che non venga dal portafogli di papà. Indossa sneakers alla moda, jeans effetto strappato slavato sdrucito, camicia aperta fino al terzo bottone, catenina al collo e un gran sorriso in faccia. E’ contento Luca, aspetta da ore, ma è contento. Tra poco stringerà tra le sue mani l’oggetto del desiderio, quel concentrato di multimedialità e comunicazione sarà finalmente suo. Qualche minuto ancora e potrà comprare il fantastico iphone. Prezzo: 500 euro. Nessun problema, con mastercard (di papà, ovviamente).
Sarà il caldo di questi giorni a dare alla testa perchè la gente faccia la fila fuori dai negozi per comprare un cellulare… ultrasonico che fa anche il caffè, per carità, ma è sempre un cellulare! E al costo di un mese di affitto!
Comunque Luca non è pazzo e non è nemmeno il solo ad avere il sorriso sulle labbra: a Milano c’è Gianluca, a Torino c’è Alberto, a Firenze c’è Giulia e a Roma c’è Marco. Francesco fa la coda a Napoli e Stefania a Palermo. Inizio a pensare di essere l’unica a cui non l’hanno raccontata giusta: fino all’altro giorno non eravamo sull’orlo di un precipizio con l’inflazione altissima e i prezzi degli alimenti che non smettevano di salire? E ora? Puff! E’ sparita la crisi dei consumi? Ma vaaa… la crisi c’è, è sempre lì, ma non riguarda certo l’iphone! Certo che no, ma che sciocca!!! Poi giri per la città e vedi il manifesto di una banca con due tizi vestiti da spiaggia iperfelici di aver chiesto credito per poter andare in vacanza… ma siamo impazziti? Se non hai i soldi, semplicemente, in vacanza non ci vai. Punto. Al limite prendi la tenda (25 euro, con o senza mastercard) e te ne vai in campeggio. No??Continue reading

Fair trade

fairtradeFRANCESCA SAVINO

È una piccola storia, fatta di definizioni. L’assessore comunale al commercio di Trieste la chiama riqualificazione. I quindici venditori ambulanti senegalesi che hanno perso il posto per le loro bancarelle in piazza Ponterosso ritengono che sfratto sia una definizione più accurata. Sono bastate comunque poche lettere a cambiare le carte e scompaginare il mercato: dal primo luglio da rionale si è trasformato in settoriale e non c’è più spazio per tutti. Adesso, in vendita ci sono solo prodotti biologici: frutta e fiori, piante e verdure, miele e vino, pesce e olio. Tutto quello che lì, da anni, vendevano gli italiani. Via le quindici bancarelle su cui c’erano borse, occhiali, vestiti e cinture, gestite dagli altri ambulanti autorizzati, tutti nati in Senegal. Possono spostarsi su altre piazze o cambiare prodotti secondo l’amministrazione comunale. Pazienza per la clientela costruita in dieci anni, si fa sempre in tempo a ricominciare. Mentre i cittadini e i venditori triestini e friulani rimasti a ridosso del Canal grande solidarizzano, quasi tutti, con gli sfrattati, il Comune difende la riqualificazione. E chiama faziosa la propaganda politica di chi si è schierato al fianco dei senegalesi. Qualcuno (centinaia di persone, in realtà) su iniziativa dell’associazione Razzismo stop, a sostegno del vecchio mercato e del miscuglio di prodotti ci ha messo invece la sua firma. Senza ulteriori definizioni.