Meno male che Silvio c’è: guardare i rifiuti della Campania e rimpiangere Berlusconi

Bonifica. Non è più una parola ma una diavoleria, un modo per dire che non esiste soluzione ma solo finzione, apparenza, mistificazione. Togliamo per un momento di mezzo le inchieste giornalistiche e anche quelle penali. Parliamo solo di competenza, di serietà, di fatti, insomma. Parlarne fa bene perché mai come in queste elezioni i duellanti sul ring contrappongono non l’onore, per di più perduto o irrintracciabile su tutt’e due i fronticontrapposti, ma la capacità di fare, in qualche modo di costruire, di realizzare, anche al peggio, persino forzando le regole e l’etica pubblica. Sono trent’anni che Bagnoli aspetta di essere bonificata, trent’anni e più di 600 milioni di euro inceneriti, divenuti essi stessi polveri sottili.

E trent’anni che la Campania aspetta un impianto per lo smaltimento di rifiuti tossici o speciali, l’unico modo per non prendersi in giro e spiegare che se in un anno si producono tre milioni di tonnellate di rifiuti tossici bisognerà poi anche smaltirli in sicurezza. E al netto di quel che produciamo c’è la vergogna del nostro passato. Sei milioni e seicentomila tonnellate di merda pericolosa, disposta dentro monumentali teli neri, all’aria aperta, sopra la terra di Giugliano che dava da mangiare: albicocche e mandarini, pomodori e ortaggi. Quattro produzioni annue per una natura che in nessun luogo d’Italia era così generosa con chi provvedeva a curarla. Quanti milioni di euro spesi, e chi lo sa più?, e quali competenze il governo nazionale e locale, anche quest’ultimo dello sceriffo De Luca, hanno mostrato? Finora, al netto del ladrocinio secolare, l’un per cento delle ecoballe sono state sollevate dal terreno e smaltite, forse nascoste chissà dove. E sono trent’anni che questa regione, al pari di molte altre, attende una bonifica etica negli ospedali, un poco più di umanità, di pulizia e di medici che facciano solo i medici.

Trent’anni di balle e tre casi accomunati dal fetore della malapolitica. Fa male dirlo, ma è obbligatorio ricordare oggi un fatto: senza l’inceneritore di Acerra, l’unica, disperata ma utile bocca che mangia i rifiuti e li brucia, realizzata dal governo Berlusconi, cosa sarebbe oggi di Napoli e della Campania? Ecco, siamo arrivati a questo punto: ricordare Berlusconi.

da: ilfattoquotidiano.it

In cella mai. Tanto vale eliminare i reati

Siamo tutti allarmati, riempiamo pagine per illustrare la nostra vita che scorre nel pericolo quotidiano. Allarme sicurezza ogni giorno e da tutte i canali. L’ansia sale e il vento elettorale spira così forte perché la questione divenga ossessione collettiva. Ora se è vero che i reati sono statisticamente diminuiti, è indiscutibile che molti di essi non trovano sanzione. Sono quei delitti comuni, classificati come micro ma che offendono in misura macro, a indispettirci. Il truffatore di strada, il ladro, il violento, l’inzozzatore seriale, il barbaro alla guida. Spesso non capiamo perché, seppur colti in flagranza, non possano essere consegnati al carcere. O ci chiediamo perché quel tizio con quella mole di precedenti penali sulle spalle fosse a piede libero.

Il problema è che le carceri sono piene, non è bastata l’ultima riforma che aveva già alleggerito la pressione facendo uscire dalle celle, o mai entrare, un buon numero di condannati. Sono di nuovo tornati a circa ottomila i detenuti in sovrannumero. Dunque che si fa? Viene innalzato da tre a quattro anni il tetto della condanna che permetterà a chi la subisce di evitare la cella. Si potrebbe tagliare la testa al toro ed eliminare i reati.

da: ilfattoquotidiano.it

Mancini contro Naccarato. Cosenza e i candidati scambisti “Embè? È un gesto di coerenza”

Cosenza è la città dei Bruzi, l’Atene della Calabria per la sua Accademia. Si arrampica su di un pendio dal quale domina la valle del Crati. E proprio a Cosenza va in onda il più straordinario match politico. Centrodestra e centrosinistra hanno schierato nel collegio uninominale, pur di rendersi reciprocamente la pariglia, candidati scambisti, in qualche modo scambiati, naturalmente e perfettamente ubiqui. Giacomo Mancini (Pd), di nobile famiglia socialista, ha fatto garrire la bandiera riformista di qua e di là. Il suo solido competitore, Paolo Naccarato, raccoglie invece per Forza Italia la fiaccola democristiana con la quale si è fatto luce, nel recente passato, di qua e di là. Quel che segue è il confronto verbale tra i due contendenti, pacato e responsabile, con isolati e trascurabili acuti.

Mancini: Mi state manganellando perché sono candidato nel Pd al Parlamento ma primo dei non eletti in Regione con Forza Italia. Dimenticando però due cose: la linearità del mio percorso e il fatto, incredibile, che il mio competitore ha fatto l’andirivieni che davvero fa paura.

Naccarato: Questo non permetto a nessuno di dirlo. Proprio no. Sono sempre stato l’interprete autentico della fede democratico cristiana. E quella fede mi ha fatto sostenere, a prescindere, tutti i governi del Paese. Chi fa politica, e qui ci vuole la P maiuscola, antepone l’Italia al proprio destino.

Mancini: Ma lui ha fatto l’accordo anche con la Lega alle scorse elezioni, si è inventato una lista, mi pare 3L, per passare con il centrodestra dopo che era stato sottosegretario nel governo Prodi.

Naccarato: Effettivamente ho creato, ed è stata un’invenzione straordinaria, la Lista 3L permettendo la volta scorsa a Salvini di fare le candidature da Roma in giù. Però, come benissimo si può verificare, io nel gruppo leghista del Senato ho fatto sosta per un giorno soltanto. Poi subito al Gal, col quale ho concluso il mandato parlamentare.Continue reading

Il ciclofattorino camuffato in tv per conservare il lavoro. Buongiorno Medioevo

Finora in tv si mascherava o camuffava la voce solo il pentito di mafia o chi – svelandosi – poteva andare incontro a un pericolo imminente e gravissimo per la propria incolumità. Ma i tempi cambiano e anche i pericoli, ugualmente seri, subiscono un downgrade. Qualche giorno fa Agorà, il programma mattutino di Raitre, ha convinto a parlare un ciclofattorino offrendogli di sistemare una maschera sul viso e modulare la sua voce come un vecchio indiano dell’Ohio. Il ciclofattorino non farebbe un lavoro granché pericoloso: deve portare in bici la pizza, oppure altre pietanze o anche oggetti che ordiniamo da casa. Le buche in strada dovrebbero costituire il principale fattore di rischio, togliendo dagli eventi perniciosi il sugo di pomodoro. Il pericolo oggi, come quella maschera drammaticamente ci dice, è conservare il lavoro, anche il più modesto com’è questo, anche se pagato solo quattro euro l’ora, anche se si è senza contratto, anche se si lavora a chiamata. Mai protestare, men che mai spiegare agli altri come ti trattano. In silenzio, sempre. O, per i più coraggiosi, con una maschera da bandito.

Buongiorno Medioevo.

da: ilfattoquotidiano.it

Fino a prova contraria

Fino a prova contraria il business dei rifiuti avvelenati non si è mai interrotto. E, fino a prova contraria, mai si è interrotto il flusso dei capitali pubblici per finanziare la bonifica delle aree avvelenate. Fino a prova contraria la politica si è impegnata a rendere sicura e pulita la vita di chi vi abita. Fino a prova contraria si sono sperperati centinaia di milioni di euro per bonifiche inventate, ultima quella di Bagnoli. Fino a prova contraria le inchieste sono ancora tutte aperte, nessun processo si è concluso, nessun colpevole. E, fino a prova contraria, i partiti ricordano la Costituzione che dice: fino a sentenza definitiva si è innocenti. Quindi, fino a prova contraria, un inquisito gode di tutti i diritti, anche quello di candidarsi e noi, che fino a prova contraria dobbiamo essere convintamente garantisti, di farlo eleggere. Perciò, fino a prova contraria, i video che tra qualche ora mostreranno la vergogna di rappresentanti delle istituzioni che chiedono mazzette e imprenditori criminali che si offrono di pagarle pur di aggiudicarsi il tesoro dello smaltimento dei rifiuti, naturalmente avvelenando le terre già abbondantemente avvelenate, altro non sono che una prova di giornalismo giustizialista.

Secondo me questa prova contraria, che è come l’Araba fenice (“che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa”), è la più monumentale ipocrisia nella quale abbiamo cacciato la nostra dignità e la nostra civiltà, e dalla quale non usciremo più.

da: ilfattoquotidiano.it

Il fatturato dell’onestà

Esiste solo ciò che appare. E quel che appare, per una fetta oramai ragguardevole di italiani, è che in tanti, troppi, utilizzano le funzioni pubbliche a fini privati e pochi rifiutano questo sistema. Perciò il valore primordiale dell’onestà, che in questo caso assume il significato di disinteresse al proprio successo economico, assume un valore assoluto e supera, nel giudizio di merito, quello altrettanto rilevante della competenza. I cinquestelle fatturano politicamente l’esubero della richiesta di onestà, anzi la trasformano in una rendita parassitaria avendo al cospetto un sistema di partiti che non solo non trova necessario contrastarli su questo terreno ma li lascia monopolisti assoluti di tale offerta. Cosicché l’incompetenza, acclarata o meno, la confusione di ruoli, l’iniquità della selezione della classe dirigente, l’accrocchio con cui si sono composte le liste elettorali, il velleitarismo col quale si affrontano problemi molto più che complicati, perdono – nel confronto costi-benefici – il valore che pure dovrebbero avere. Avendo il sistema tradizionale dei partiti rinunciato, in forme invero variabili, alla reputazione, lasciato colpevolmente cadere ogni credito di far bene per il bene di tutti, la scelta, banale e approssimata ma sincera e perfino comprensibile, ritorna al suo stadio primitivo: l’onestà. E chi la sfodera, esibendola attraverso anche forme minime com’è quella della restituzione di parte dell’indennità parlamentare, trova un compenso, in moneta elettorale, molto più alto di quel che gli altri competitori si attenderebbero. Per questo, io penso, il clamore suscitato dai furbetti del bonifico non avrà riscontro nelle urne. Loro, i cinquestelle, se rubano, rubano a se stessi. Gli altri no. E questo assunto, per colpa degli altri, diviene totem.

da: ilfattoquotidiano.it

I Cinquestelle e l’intramontabile Totò: è la somma che fa il totale

Questa rubrica arriva fuori orario perché, volendo scrivere dei bonifici a cinquestelle, mi sono detto: meglio aspettare un po’, vuoi vedere che quel milione di euro che manca al totale lievita ancora? A quest’ora il milione è superato di 400mila euro perché sul conto per le piccole imprese alimentato – come sostenuto – esclusivamente dai parlamentari, il totale versato (23 milioni di euro sui 23,5 milioni di euro dichiarati) comprenderebbe anche 900mila euro donati da consiglieri regionali del movimento e perfino da ex deputati e senatori espulsi.

La questione è chiara e la trascrivo come l’ho letta da un amico di Facebook. Se revochi in dubbio la moralità altrui è prevedibile e perfino sensato che gli altri ti rendano la pariglia. Perciò: dopo averci sbomballato per anni con la restituzione delle indennità a favore della microimpresa, per favore amici grillini tenetevi le contestazioni e fate autocritica. Non vale l’argomento: quanta caciara per un piccolo errore. La caciara l’avete seminata da soli. È ora di crescere.

da: ilfattoquotidiano.it

Aiutiamoli a casa loro

L’Occidente è invaso. Aiutiamoli a casa loro. Delinquono. Rimandiamoli a casa loro. Sbarcano. Restituiamoli ai loro Paesi d’origine. Infatti stiamo aumentando gli aiuti ma li affidiamo a governi corrotti che continuano ad affamare gli affamati ma ci permettono anche di far fruttare gli investimenti (petrolio, oro, gas, terre vergini, etc.) che altrimenti non ci sarebbero concessi. Risultato: l’Occidente farà profitti ma continuerà ad essere invaso. E un giorno, visto che chi ha fame non si decide a morire in casa sua, arriveremo alla soluzione finale: spararli noi, magari per legittima difesa, che è pure una giusta causa.

da: ilfattoquotidiano.it

TOUR ACUSTICO: Da Genova a Palermo, tutta l’Italia in un giro di note

Dove andiamo stasera? Al River Bar in via Forche 1/C a San Martino in Rio, vicino Correggio, una quindicina di chilometri da Reggio Emilia, o al Piccolo Bar in viale Resistenza? Certe notti o sei sveglio o non sarai sveglio mai/ci vediamo da Mario prima o poi. Era il 1995 e Ligabue ci portò nella sua nebbia, in questo bivio di case, filari di pioppi e i suoi due amati bar. Ci vediamo da Mario prima o poi.

GEOMUSICA, melotoponomastica o come vi pare. Ascoltare le canzoni con la cartina geografica in mano (o con google maps ) è curioso e istruttivo. L’Italia delle canzoni, un libro di Italo Mastrolia (edizioni Graphofeel) ci fa viaggiare tra l’alto e il basso del successo. Canzoni note e sfigate, intense o petalose, minuscole o immortali, tutte comunque che partono o arrivano in un punto esatto. Proprio lì ad Andretta, nell’Irpinia d’Oriente, dove Vincio Capossela ha famiglia. Sono gli anni della grande emigrazione (ogni passo manda un bacio/gia le piacio, già le piacio/si chiama Angela sta a Torino/piace pure a mio cugino). Geolocalizzare. Chi siamo noi e dove andiamo noi/a mezzanotte in pieno inverno ad Alessandria, ed è Paolo Conte. “Novara no”, di Banda Bassotti quindi Milano. Cimit ero Monumentale, non c’è Dio e non c’è male, solo vaga oscurità. Questi sono i Baustelle. E “Porta Romana” di Giorgio Gaber? Porta Romana bella, Porta Romana. “Luci a San Siro”, più in periferia. Ricordi il gioco dentro la nebbia?/tu ti nascondi e se ti trovi io ti amo là cantava Roberto Vecchioni alla sua prima grande fidanzata, Adriana, sua vicina di casa. Seguire le note o la segnaletica ed essere in via Broletto con Sergio Endrigo, o nella via Gluck di Celentano e Corso Buenos Aires con Lucio Dalla. Letteratura musicale infinita, canzoni alti e canzoni basse, e dischi su dischi: “Il cielo di Milano”, “Il duomo di Milano”, “La neve su Milano”, “Lettera da Milano”, “Lontano è Milano”, “Milano bene”, “Milano innamorata”, “Milano Milano”. Basta più. A Stradella con Paolo Conte: È grigia la strada ed è grigia la luce/e Broni, Casteggio/ Voghera son grigie anche loro/c’è solo un semaforo rosso quassù/nel cuore, nel cuor di Stradella. E il cuoco di Salò di Francesco De Gregori o il lago di Como di Van De Sfroos: Brezza di Nesso, erba di Boffalora/sabbia di Fuentes e un tuono di Colmenacco/Vola, vola…vola fino a Tresenda/vola in Valcavargna e al Pian del Tivano.Continue reading

Siccità, l’acqua non c’è più ma la politica non ne parla

Provate a non bere. Solo per mezza giornata. O provate a non lavarvi per due giorni interi. Questo inverno ha piovuto la metà di quel che attendevamo e se tutto dovesse andare per il verso sbagliato l’emergenza siccità inizierà molto prima dell’estate. A Palermo già hanno iniziato a prevedere il razionamento. L’acqua è l’oro blu. L’acqua è la nostra vita. E’ come l’aria. Dovremmo riparare in fretta la nostra rete idrica che è un colabrodo, e costruire invasi per non disperdere quel po’ di pioggia che cade, e imparare a consumare meglio, a ridurre ogni spreco.

L’acqua sarebbe il tema politico per eccellenza. La questione aperta che divide il sud dal nord del mondo, l’elemento naturale della vita che porta ricchezza o conduce alla povertà. Avete sentito in tutti questi giorni non una soluzione possibile, ma una sillaba, una parola, un soffio di attenzione sul problema più grande della nostra civiltà dai partiti che si contendono il governo del Paese?

da: ilfattoquotidiano.it